Carceri Calabria, Scutellà (M5S): «Carenza agenti allarmante»
Gli agenti della penitenziaria sono esposti quotidianamente a turni massacranti, spesso vittime di violenza da parte dei detenuti. «Servono assunzioni perché il sistema è al collasso»
CALABRIA - «Nelle mie visite presso le carceri ho potuto constatare il sacrificio delle donne e degli uomini della polizia penitenziaria costretti a turni massacranti e spesso vittime di violenze da parte dei detenuti. Durante i governi Conte abbiamo portato 4.000 assunzioni nella Polizia Penitenziaria, questo Governo cosa aspetta ad intervenire? La fase della propaganda è finita».
È quanto dichiara in una nota Elisa Scutellà, deputata del Movimento 5 Stelle, aggiungendo che «la relazione del Garante dei diritti delle persone detenute della regione Calabria ha certificato a fine 2023 che l'assenza di un numero sufficiente di Polizia penitenziaria genera una serie di effetti che recano danno all'intero sistema».
«I numeri della carenza di polizia penitenziaria sono eloquenti ed allarmanti: -94 Catanzaro, -70 Vibo Valentia, -40 Palmi, -39 Rossano, -31 Reggio Calabria Arghillà, -29 Paola, -29 Castrovillari, -27 Cosenza, -24 Reggio San Pietro, -17 Crotone, -13 Locri, -7 Laureana di Borrello»
«Attualmente, secondo i dati del Ministero della giustizia, nei 189 istituti di pena italiani - continua - mancano all'appello più di 4.000 Agenti penitenziari, per i sindacati di categoria in realtà ne mancherebbero molti di più per assicurare quanto previsto dalla legge n. 395 del 1990, ovvero, l'esecuzione delle misure privative di libertà personale; garantire l'ordine interno e la sicurezza degli istituiti di prevenzione e di pena».
«Inoltre, nel 2023 sono stati quasi 2.000 i casi di violenza contro gli Agenti penitenziari ed è in forte aumento il numero di suicidi della categoria. Il ministro Nordio invece di pensare a smantellare la Spazzacorrotti cosa aspetta a dare risposte concrete ad una categoria di tutori della sicurezza esposti quotidianamente a carichi di lavoro straordinari che, nelle carceri, diventano ordinari» conclude Scutellà.