COMUNICATO STAMPA Viene da chiedersi se chi in queste ore sta attaccando il
tesseramento del PD (chi dice occorra eliminarlo, chi afferma che un'emorragia nel numero dei tesserati sia un'evenienza positiva perché "ha pulito il Partito dal controllo dei piccoli notabili locali") abbia mai avuto una tessera in tasca, un simbolo di quello che i Latini chiamavano "Idem sentire de Repubblica", visione simile delle cose del mondo e della direzione cui imprimere la politica. Chissà. Chissà se intorno ai diciott'anni, calati in un berlusconismo imperante non ancora sul viale del tramonto ma in pieno climax ascendente, costoro si sono interrogati come tanti giovani della mia generazione riguardo alla responsabilità che quella tessera comportava nell'orientare il proprio 'percorso politico' - parte che lo si voglia o no preponderante di ogni percorso umano - verso un ideale. I partiti cambiano, si alleggerisce il peso del "voto per appartenenza" come lo chiamava Alessandro Pizzorno, i crinali si abbassano e gli sconfinamenti da un partito all'altro si fanno più semplici, perché diventano più labili gli steccati ideologici ed i partiti finiscono per somigliarsi sempre di più, capaci anche di compromessi che quasi mai si ispirano a quell'alta politica di mediazione cara ai risorgimentali o a giuristi come Hans Kelsen. Ma avere una tessera, nel PD o in un altro soggetto partitico, ha ancora almeno due valori: uno strumentale e uno intrinseco. Quello strumentale concerne l'apertura dei luoghi di discussione, il volontariato politico e sociale e il finanziamento. Chi tiene aperti i circoli del territorio? Spesso chi non conosce facebook e i blog, ma affiggeva ogni mattina l'Unità in bacheca ed oggi si sente orfano, coloro cui si illuminano gli occhi e sono capaci di emozionarsi e persino ancora di indignarsi giacché intendono la politica come stare insieme. Gli iscritti. Chi organizza le primarie? Gli iscritti, poi partecipano anche gli altri, ma gli iscritti sono tra i primi a metterci la faccia quando le cose vanno male (spesso) e quando le cose vanno bene (più di rado). Chi organizza cene e dibattiti ed invita le realtà sociali, il mondo del lavoro, i sindacati? Gli iscritti, che intendono aprirsi ai militanti, agli attivisti, agli interessati. Che vivacizzano il panorama sociale e relazionale dei territori compiendo un vero e proprio servizio sociale per le proprie comunità, per gli anziani, per chi vuole capirci di più, per chi ha bisogno di una politica fondata su gesti e scambi concreti e non solo su un like su un social network. Chi organizza le feste di autofinanziamento nel momento in cui la politica si è arresa all'antipolitica e ha eliminato il finanziamento pubblico (o quel che ne restava) con il rischio che si finanzi di più il più ricco e il più forte e chi, invece, è ricco solo di molte idee stia a guardare? Le campagne elettorali le sostengono gli iscritti, i piccoli amministratori locali capaci di mettersi la loro bella casacca e andare a servire ai tavoli o a lavare i piatti, sperando che le cose vadano meglio e - quasi sempre - tirando le orecchie agli esponenti nazionali costringendoli a confrontarsi con le realtà più periferiche del paese di cui appena si percepiscono gli echi in certe torri eburnee dei palazzi romani. Tutto questo rappresenta un patrimonio. Un patrimonio da valorizzare, allargando, coinvolgendo nuove leve, nuove generazioni, patti intergenerazionali tra percorsi politici in fase avanzata e vivai di percorsi politici da formare per prendere in mano responsabilmente le sorti del paese e dei suoi tanti, tantissimi paesi. Occorre tenere a mente anche canali più "leggeri" che coinvolgano i simpatizzanti: l'apertura delle primarie corre in questa direzione, l'idea di cambiare il nome delle "sezioni" in "circoli" va nel senso di maggiore coinvolgimento nella discussione pubblica su cui si fondano le liberaldemocrazie almeno sin da John Stuart Mill. Bene. Ma come diceva qualcuno: "senza la base scordatevi le altezze". La base ha un valore strumentale irrinunciabile e un valore intrinseco di condivisione di obiettivi e condivisione di senso verso cui indirizzare l'azione politica del soggetto politico che di questa base conglomera le passioni e gli interessi di cittadini liberi e responsabili che vogliono influenzare la politica "alta". Servono le tessere, da vivificare perché non siano simboli vuoti. Serve anche una costante apertura che non indottrini un simpatizzante al solo varcare la soglia di una casa del popolo. Partito organizzato o partito leggero. In una democrazia matura le due sfere non si escludono a vicenda ma sono sinergiche e si integrano. Troviamo con urgenza un equilibrio ma che non ci salti in mente - sarebbe un vulnus per una politica liberaldemocratica che si rispetti - di escludere l'una o l'altra.
Mattia Baglieri - Consulente progetti internazionali, comunicazione e studioso di teoria politica