di MATTEO LAURIA La corsa alla poltrona continua.
Nessuno arretra, né ha voglia di farlo. Capo chinato verso il basso e spediti verso il luogo del potere. E sì, perché è così che è vissuto il Palazzo di Città, altrimenti non si spiega un tale accanimento verso un luogo squattrinato.
L’importante è esercitare un potere, decidere per gli altri: un concorso, una lottizzazione, una riconversione. D’altronde, queste situazioni spesso si traducono in “affari”. Il numero dei candidati a sindaco e soggetti che ambiscono a tale obiettivo al momento oscilla tra gli otto e i dieci, e manca poco più di qualche mese al deposito delle liste. Intanto si può considerare archiviata la pratica Caliò. Il magistrato, dopo la deliberazione del direttivo Pd, ha deciso definitivamente di mettersi da parte. Difficile a dirsi o ammetterlo, ma quel che sta accadendo in città non ha precedenti storici, né potrebbe averli se non altro perché la città non è mai caduta così in basso in termini di prestigio, di autorevolezza, e di abbattimento di servizi.
Occorre una mobilitazione di massa, una rivoluzione, una ribellione. E non certo uno scontro tra otto, dieci, dodici candidati contrapposti.
Sarà una lotta fratricida all’ultimo sangue, senza esclusione di colpi, che darà vita a logiche di vero imbarbarimento civile e democratico. E qualche segnale sta già venendo fuori. Tutto questo in danno a una città che ha, al contrario, bisogno di unità. Occorre intraprendere la strada della responsabilità sociale. Erano e sono due le strade da intraprendere: un
governo di salute pubblica o, in alternativa, uno sciopero elettorale disertando l’urna quale urlo di protesta contro uno Stato che non si accorge della tragedia che sta mettendo in atto, dai cui effetti emerge come dato esclusivo un processo di grave desertificazione delle nostre comunità
. Roma è lontana, a Catanzaro e Reggio l’allarme arriva ma è come se tutto scivolasse addosso. Nessuna presa di posizione, neanche di tipo illusorio. Qualche dichiarazione estemporanea, poi tutto si ferma nella palude dell’ignavia. A fronte di tutto ciò,
i partiti e i movimenti hanno il dovere di fermarsi! E invece cosa fanno? Esattamente il contrario: si scontrano. Ognuno pensa di avere la ricetta in mano per risolvere gli annosi problemi da richiedere determinate caratteristiche che ciascun candidato preso singolarmente né ha né può avere. La chiusura del Tribunale di Rossano, la beffa sull’ospedale nuovo, il declassamento di uffici e servizi, le disattenzioni sul piano dei trasporti, le mancate risposte di Enel sul futuro della centrale danno l’idea chiara e precisa che
chi Governa è totalmente disinteressato al territorio. A fronte di ciò, è necessario un sussulto di orgoglio e di dignità da parte delle popolazioni joniche. Un dato è certo: se la testardaggine dovesse proseguire, non si farà altro che alimentare il
partito degli astensionisti. Gli elettori sono stanchi non solo dei risultati non raggiunti ma anche della litigiosità in atto tra i vari esponenti in campo. E lo sciopero elettorale consentirebbe di ottenere ben due risultati: il primo è la risonanza su scala nazionale di una città che diserta le urne in costanza di un atteggiamento dello Stato ai limiti della consumazione di reati penali (vedi caso Tribunale); il secondo è che votando in autunno l’intera classe politica avrebbe il tempo di riordinare le idee e porre un freno al sistema giunglesco in atto. Oggi è in itinere una carneficina. Sono saltate le regole, tutte. Ma anche i valori, tra cui l’amicizia. Brutta bestia la politica.
La recrudescenza culturale si tocca con mano: minacce, parole fuori posto, volgarità, ricatti sono gli aspetti finora registrati. E quanto più si avvicineranno le elezioni, tanto più si alimenterà il clima di veleni. E non è ancora iniziato il tempo delle lettere anonime come solitamente accade nelle città che perdono la bussola della ragione. Il numero sconsiderato dei candidati a sindaco, inoltre, come già ribadito in altre occasioni, rischia di determinare un problema di instabilità di governo nell’azione amministrativa. Potrebbe saltare infatti il premio di maggioranza, determinando di fatto uno squilibrio nei rapporti di forza, il famoso fenomeno dell’anatra zoppa (esecutivo di segno diverso dalla maggioranza consiliare). Molti dei candidati a sindaco sono consapevoli di gettarsi nella mischia solo per raggiungere uno scranno in consiglio comunale. Verrebbe da lanciare una proposta
ai componenti delle liste che sostengono i candidati: chiedere le dimissioni del proprio candidato a sindaco nella qualità di consigliere se dovesse scattare il seggio. C’è da essere più che sicuri che, anche questo, non accadrebbe.