di FRANCO MAURELLA Anche il territorio dell’Alto Jonio, come abbiamo dimostrato nelle pagine precedenti, contribuisce, e non poco, ad ingrossare il Pil delle altre regioni.
Soldi calabresi, oltre 8 milioni di euro, quindi, che partono da qui per non farvi più ritorno, investiti in cervelli, in formazione universitaria e cultura. Perché gli universitari, una volta concluso il ciclo di studi, trovano lavoro – seppur dopo mesi e mesi nei quali continuano ad essere mantenuti dalle famiglie – nelle città del centro e del nord Italia. Possibilità di ritornare alle origini? Pochissime, se non chi decide di puntare sul ritorno alla terra, all’agricoltura 2.0 e tutto ciò che ne deriva. Da tutta l’area, si diceva, sono diverse centinaia gli studenti cosiddetti fuorisede. Come dimostrato nella nostra inchiesta, uno studente universitario calabrese che va a studiare al Nord costa in media mille euro al mese alle famiglie che ne sostengono la permanenza nelle città universitarie. Il costo finale comprende, ovviamente, il vitto, l’alloggio, le spese di varia natura come le utenze o il tempo libero e le tasse universitarie. Dunque, se calcoliamo il numero di studenti che dall’Alto Jonio partono per approdare nelle sedi universitarie di altre regioni, circa 700 (esclusi quelli che scelgono come destinazione l’Università della Calabria), per quei mille euro di media mensili, ecco che anche da qui, in valigia partono all’incirca 8,4 milioni di euro. Non c’è che dire, un bel gruzzoletto. Soldi che questa terra quasi sperpera per andare ad ingrossare il prodotto interno lordo di Lazio, Lombardia o Emilia Romagna che sia, giusto per fare un esempio. Il problema è che questi giovani, come accade un po’ per tutte le realtà calabresi, una volta finiti gli studi, sempre più spesso non fanno rientro a casa perché da queste parti il mondo lavorativo offre ben poco, soprattutto a chi si forma in materie scientifiche. Anche chi studia Giurisprudenza, giusto a mo’ di esempio, ha ben poche possibilità di emergere in un mercato già saturo ed in una professione che, in teoria, accorcia le distanze dalla sede universitaria a casa propria. Non resta, dunque, che tentare di sistemarsi lì dove si è studiato, o almeno tentarci sin quando l’economia familiare regge.
Un bilancio domestico, da queste parti, spesso rimpinguato dai nonni. A Roma, molti calabresi dell’Alto Jonio cosentino hanno “sfruttato” la buonuscita dei nonni e, contraendo anche un mutuo, hanno acquistato un appartamentino per qualche centinaia di migliaia di euro. Un affare se si considera che i figli all’università non pagano l’alloggio e, spesso, la stanza o le stanze in più vengono fittate ricavandoci, di fatto, i soldi per pagare il mutuo. Anche a Firenze si verifica questo fenomeno. Pure i nonni, insomma, sono ancora una risorsa perché molto spesso inviano ai nipoti universitari qualche centinaio d’euro per rendere più comoda una vita di sacrifici.