Vaccarizzo, Corrado: «La fusione per le popolazioni dell’Arberia potrebbe essere un progetto di rinascita»
«L’idea di fondere Corigliano e Rossano è stata, a distanza di quattro anni, un fallimento perché manca una comune identità storica, politica e socio-culturale come invece c’è nelle comunità dell’Arberia»
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VACCARIZZO ALBANESE - «L’idea di fondere le città di Corigliano e Rossano, nella convinzione di dare a quel territorio un futuro migliore è stata, a distanza di quattro anni, un fallimento. E ciò è dimostrato dal cambiamento, in peggio rispetto alle aspettative, che le due città hanno avuto dopo l’unione. Infatti, le idee e la progettualità per un futuro migliore sono scomparse, mentre sono aumentati i problemi e la voglia di rinascita si è trasformata in rassegnazione. Un cambiamento che ha spinto la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica cittadina a pensare a un serio ritorno all’autonomia dei due comuni, perché, non fosse altro per realismo, ha capito che nessuna fusione tra comuni e comunità può avere successo se alla base di tale scelta non c’è la volontà di costruire un’identità “comune” delle popolazioni che si fondono, che, nel caso delle popolazioni del territorio di Corigliano e Rossano, hanno continuato con la loro vocazione a sentirsi prima di tutto coriglianesi e rossanesi».
È quanto scrive in una nota stampa Angelo Corrado, consigliere comunale di Vaccarizzo Albanese che così continua: «Ma, a volte, un grande errore della politica può dare una speranza, o meglio, un’opportunità a popolazioni che, invece, potrebbero fondersi, con tutti i vantaggi che una tale scelta comporterebbe, perché una comune identità storica, politica e socio-culturale, ce l’hanno. Come le popolazioni dell’Arberia, che per le loro caratteristiche potrebbe trasformare una semplice unione politico-amministrativa, di cui si parla da tempo, in un grande progetto di rinascita, soprattutto culturale, perché se in una unione politica sono in gioco rapporti di potere, interessi sociali e personali, programmi di governo e finanziamenti pubblici, in un progetto culturale a queste tre dimensioni si aggiungerebbe una visione comune sui criteri di vita e di pensiero, sulle tradizioni, sulla cultura, sulla lingua, su un modello di società e sul suo destino, sull’economia, sulla nozione di umanità, storia e fede che sta al centro del progetto».
«Certo, - spiega - anche una fusione del genere rischierebbe di fallire se le popolazioni dell’Arberia si facessero condizionare da quell’atteggiamento mentale senza senso che è il campanilismo. Un ostacolo che si potrebbe superare se una volta tanto una classe dirigente locale finalmente ambiziosa e lungimirante trovasse argomenti veri e interessanti su cui basare un confronto politico, il più ampio possibile, degno di questo nome».
«Ecco perché sarebbe il caso di provarci, di cominciare a discuterne, magari scommettendo su due argomenti, chiari, facilmente spiegabili alla popolazione e non contraddittori, che la comune identità arbereshe potrebbe favorire, e cioè la cultura e le tradizioni (che altrimenti rischiano di scomparire) e l’economia (da rilanciare con un piano strategico delle attività produttive). Due argomenti utili a far capire all’opinione pubblica che questo territorio riuscirà a risorgere solo con l’aiuto di una classe dirigente (politici compresi) che sappia investirsi del problema, ricordandosi per una volta delle sue prerogative e responsabilità» conclude.