Condizioni disumane per i braccianti agricoli trattati come “scimmie” dai caporali e costretti a vivere in alloggi fatiscenti. «Siamo davanti ad una nuova schiavitù che si manifesta ai nostri occhi, un panorama che, seppur di interessi a contrasto, in realtà manifesta una saldatura, un bilanciamento il padrone ha bisogno di risparmiare sui costi, non pagare le visite mediche previste ecc, ma, allo stesso tempo, i lavoratori e dunque i braccianti ritengono i caporali, paradossalmente, dei benefattori». Lo ha detto stamani in conferenza stampa, il comandante del gruppo della Guardia di Finanza di Sibari, il tenente colonnello Valerio Bovenga. «In effetti - aggiunge il Ten. Col. Bovenga - esiste un legame fortissimo con i caporali nonostante le condizioni di vita che i braccianti si trovano a vivere, perché gli stessi versano in uno stato di bisogno come cita l’articolo 603 bis del codice penale. Loro godono di una somma mensile, il Gip parla di una catena di vantaggi che è emersa dalle indagini». E poi aggiunge: «L’imprenditore, così facendo, esercita una sorta di concorrenza sleale sul mercato approfittando di costi bassi che gli consentono di vendere i prodotti ad un prezzo molto concorrenziale e fare affari». L’attività odierna costituisce l’epilogo di una indagine durata un anno. Le indagini, inoltre, hanno svelato una caratteristica dei braccianti: «Chi si occupava della raccolta di agrumi, come ad esempio nella sibaritide, veniva pagato quasi 3 euro al giorno, 80 centesimi a cassetta dunque pochi centesimi al kg di raccolto - aggiunge Bovenga - In Basilicata, invece, per la raccolta delle fragole, venivano preferite le donne, alle quali veniva dato un compenso di 17-18 euro dai quali detrarre il compenso per il caporale e le spese di viaggio». Dalle indagini poi è emersa un’altra caratteristica inerente alla metodologia di assunzione nel settore agricolo: «Ciò che fa la differenza sono le cosiddette giornate da segnare a nome dei braccianti, a fronte delle quali avveniva una vera e propria trattativa delle giornate da riconoscere» E, come se non bastasse «i caporali godevano dell’aiuto unanime da parte degli altri caporali nella scelta del gasolio per uso agricolo affinché questi potessero per massimizzare il profitto». Lo sfruttamento avveniva principalmente in Basilicata, i caporali sono residenti in Calabria, «Per i braccianti dell’est Europa - incalza Nastasi - la paga giornaliera si aggirava intorno ai 28 euro dalla quale detrarre i costi del trasporto e dell’alloggio. Per i braccianti provenienti dall’Africa e Pakistan la paga era ancora più bassa e variata in base alle cassette raccolte, per ogni cassetta era previsto il pagamento di 80 centesimi».
di Francesca Russo