di LENIN MONTESANTO Sulla questione aperta delle trivellazioni questo territorio rischia di giocarsi definitivamente tutta la sua credibilità. Sempre che, in termini di credibilità rispetto alla capacità di difendersi da quelle che sono state dipinte come nefaste colonizzazioni esterne, vi sia mai stato qualche precedente storico degno di nota.
Siamo chiari sin da subito: se alla manifestazione territoriale no triv promossa per il prossimo sabato 28 marzo dovessero esserci poco più che qualche centinaia di volenterosi interessati da riserva indiana, allora non si dovrà avere alcuna remora nel prendere atto dell’ennesimo fallimento di un’iniziativa territoriale a tutela delle proprie risorse (non solo ambientali), della propria storia e del proprio autonomo sviluppo sostenibile. Non vi sarà più spazio per interpretazioni di comodo o retoriche. Vorrà dire chiaramente e senza infingimenti che istituzioni e popolazioni locali vivono ormai un distacco sempre più forte ed insanabile. Soprattutto sulle grandi questioni. Del resto, se fino ad oggi anche questo triste capitolo delle trivellazioni su tutto l’arco jonico, da Taranto a Crotone, ha sfiorato un minimo il dibattito territoriale e l’opinione pubblica, dal Basso all’Alto jonio passando per l’area urbana, ciò è stato soltanto l’effetto parzialmente indotto dall’attenzione e dall’impegno ben più consistenti di associazioni ed istituzioni della vicina Basilicata e della Puglia. Il no allo stoccaggio delle scorie nucleari e l’epica protesta di Scanzano Jonico di qualche decennio fa risuonano ancora nella memoria collettiva come uno dei più importanti ed efficaci momenti di autodeterminazione meridionale rispetto a scelte spesso calate dall’alto, quanto meno non adeguatamente condivise con le popolazioni locali. Qui da noi, limitrofi dei cugini lucani, qualcosa funziona diversamente. Non predomina lo stesso spirito. È come se gli stessi argomenti, gli stessi rischi, le stesse evidenze ed emergenze non riuscissero a far breccia nelle rappresentanze istituzionali e nelle cittadinanze, associazioni incluse. Preoccupate forse da altro. Resta difficile capirlo. D’altronde, da quando il Sindaco di Amendolara Antonello Ciminelli, sostenendo le ragioni del movimento no triv lucano e pugliese, ha letteralmente aperto e portato la questione anche sul versante calabrese, non si è assistito, ad eccezione delle diverse iniziative assunte dal Comune di Corigliano, a nessuna grande mobilitazione popolare per contrastare le ambizioni delle multinazionali del petrolio, sorrette dalle discutibili scelte del Governo nazionale. In questo clima di disinteresse generale ha avuto un peso non irrilevante il silenzio della stessa Regione Calabria. Come andrà a finire, lo sapremo presto.
Il timore, impossibile da non cogliere, è quello che dietro l’angolo si annidi, anche per la battaglia no triv, la ripetizione di quanto già accaduto con la distruzione progressiva della linea ferroviaria jonica, con l’azzeramento dell’offerta sanitaria territoriale e la chiusura degli ospedali, con la soppressione del Tribunale di Rossano; o, ancora, con la questione bloccata della riconversione della Centrale Enel di Rossano o con lo stallo recente sul progetto di fusione tra i due comuni dell’Area Urbana. Gli argomenti c’erano e ci sono. Pure troppi. Ciò che manca e rischia di mancare ancora una volta sono i cittadini. Nelle strade e nelle piazze. Perché?