di LUCA LATELLA e LENIN MONTESANTO Qual è il menu della democrazia locale? Ridurre i costi della politica è una cosa, aprire un dibattito su quanto ci costa la burocrazia, un’altra. Non saremo certo noi a sfuggire alla questione antica dei rischi che, semplificando, il governo esclusivo dell’economia può determinare sulla sostanza stessa della partecipazione e della rappresentanza democratiche. Eppure, passando dal confronto nelle aule universitarie piuttosto che dai talkshow del Bel Paese, al complicato rapporto quotidiano che ogni cittadino, soprattutto se imprenditore, deve intrattenere con la tentacolare macchina pubblica, centrale e periferica, la musica cambia. Eccome! Ed è esattamente a questo momento della discussione che ha senso porsi qualche domanda in più su quanto e su come vengono spesi i nostri soldi destinati a far camminare l’elefantiaco sistema italiano. A Roma come a Catanzaro e nel nostro territorio. Perché è proprio a questo punto che si apre il tristissimo capitolo dei servizi al cittadino-utente e della loro qualità.
E perché è qui che ci si imbatte nel libro nero dell’avventura quotidiana di chi, a tutti i livelli e per qualsiasi esigenza o diritto, si vede costretto a combattere con quello che da Hobbes in poi chiamiamo Leviatano. Un mostro necessario – ci saremmo forse ancora detti qualche ventennio fa, per nulla abituati alla comparazione internazionale impostaci dal crollo del Muro di Berlino. Un male finalmente non più incurabile – siamo sicuramente disposti a riconoscere oggi, guardandoci attorno e confrontandoci, anche a causa della crisi, con esperienze diverse, al di là delle Alpi. E capendo finalmente che qualcosa su cui intervenire forse c’è. A partire dall’elementare verifica, nel pubblico (così come in qualsiasi impresa), degli obiettivi e dei risultati, dei costi e dei benefici.
Entriamo dunque nel cuore del problema: l’incidenza complessiva sui bilanci degli enti pubblici del costo del personale, soprattutto dei livelli apicali e se raffrontata alla qualità dei servizi resi ed effettivamente fruiti. Da un qualsiasi ministero al piccolissimo comune della Sila Greca. D’altronde, che il pubblico, comuni, ospedali, scuole, tribunali etc, soprattutto qui nel sud militarmente colonizzato per obbligarlo all’Unità, sia stato considerato ed usato, in modo particolare dagli anni’ 70, come ammortizzatore sociale e sostanza stupefacente contro lo spirito imprenditoriale, è un dato ormai storico acquisito, anche se non raccontato ancora con indispensabili chiarezza e consapevolezza alle nuove generazioni dai loro genitori o nonni. Se, oggi, soprattutto dalla Calabria si ritorna ad emigrare con gli stessi numeri di qualche epoca fa, ciò deriva anche dall’essersi accontentati ed illusi di ingrossare ed ingrassare a dismisura uffici, scuole, musei ed ospedali, giusto per fare un esempio, a scapito di servizi e qualità, a vantaggio del welfare state (?). Ma a danno di tutti. Sarebbe inutile ed anche paranoico continuare a negarlo. Soprattutto oggi che non ci sono più scorciatoie. La liquidità è a zero. Nelle casse comunali a volte non arriva neppure più quanto serve a pagare gli stipendi ad eserciti senza generali! Ed allora per quanti hanno deciso di non fuggire da questa terra, non resta che sperare almeno, come uscita di sicurezza, nella trasparenza imposta dalle norme degli ultimi anni (purtroppo ancora non del tutto rispettate) su tutto ciò che è spesa pubblica. E, ancora de democratico. Dando o negando il proprio consenso alla politica, capace o meno di misurare e misurarsi, usando o abusando dei nostri soldi.
AREA URBANA – 6,8 milioni per 177 dipendenti; 6,5 per 204. Ecco il rapporto fra il monte stipendi ed il numero di impiegati a tempo indeterminato dei comuni di Rossano e Corigliano (Lpu/Lsu esclusi).
Nel fare due conti, abbiamo scoperto che il comune di Rossano spende poco più di 6,8 milioni di euro per pagare i suoi 177 dipendenti, quota che incide nel 25% della spesa corrente dell’ente, di poco sopra i 25 milioni di euro, e che costano 186 euro pro capite. In sostanza, un quarto dei soldi spesi annualmente dall’ente guidato da Giuseppe Antoniotti viene impegnato per retribuire i dipendenti.
Più o meno analogo il discorso per Corigliano dove i dipendenti sono 27 in più e si spende poco meno, circa 6,5 milioni. Dal rapporto monte stipendi-spesa corrente scaturisce che l’ente con a capo Giuseppe Geraci impegna il 40% delle uscite correnti, poco meno della metà delle risorse utili alla gestione annuale del Comune: i dipendenti costano 154 euro ad abitante. Ma perché a Rossano si spenda un po’ di più, non è difficile presumerlo: questione di “livelli” e qualifiche funzionali dirigenziali che a Corigliano non ci sono. Ma c’è una sperequazione da considerare. I due comuni sono costretti a doversi scontrare con le ristrettezze economiche e con le anemiche casse comunali pur dovendo considerare una pianta organica sottodimensionata. Ciò significa che gli organici dovrebbero essere ben più congrui rispetto alle esigenze di città come Corigliano e Rossano ma che le amministrazioni non hanno le risorse per retribuire gli eventuali nuovi dipendenti. Ed allora, ecco le sofferenze, i motivi per i quali il cittadino percepisce difficoltà amministrative ed una gestione della cosa pubblica così problematica. In definitiva, sorgono alcune domande: perché questa disparità nei trattamenti se una cittadina media equiparabile a Corigliano o Rossano del centronord ha in pianta organica circa 300 dipendenti? Senza la valorizzazione del prezioso lavoro dei 150 Lsu ed Lpu, in un comune come quello di Rossano, cosa accadrebbe?
IL DEBITO DEI COMUNI – Bilanci armonizzati nella rivoluzione delle finanze comunali. Le amministrazioni pubbliche da qualche tempo stanno compiendo veri e propri salti mortali per adeguarsi e fornire risposte efficienti alla verifiche sui conti pubblici disposte dall’Ue. Barcamenarsi fra bilanci, debiti, crediti non è cosa semplice anche perché, tendenzialmente, i governi cittadini sembrano restii nel fornire cifre e numeri. Quella che, semplicisticamente, potremmo definire la complessiva esposizione debitoria dei comuni (tra debiti fuori bilancio riconosciuti e da riconoscere, anticipazione di cassa, etc) è cosa semi nota, se i conti in tasca, spesso e volentieri, li fanno i consiglieri comunali di opposizione o quando si palleggiano responsabilità pregresse o ereditate dalle precedenti amministrazioni. Cosa nota, a Corigliano, è l’anticipazione di cassa pari a zero (nel piano di rientro dal debito accordato dalla Corte dei Conti per evitare il dissesto finanziario). A 700 mila euro ammontano i debiti fuori bilancio riconosciuti mentre dovrebbero essere circa 2 milioni quelli da riconoscere. I residui attivi (tributi da riscuotere) sono 25,6 milioni; 11 quelli passivi. Sull’altra sponda del Cino, a Rossano, si hanno poco più di un milione di debiti fuori bilancio riconosciuti, 200 mila da riconoscere e circa sette milioni di anticipazioni di cassa. I residui attivi sono 25 milioni di euro circa, 22 i passivi. A Cariati, i debiti certificati dovrebbero aggirarsi intorno ai 2 milioni di euro per quelli fuori bilancio ed altrettanti per quanto riguarda l’anticipazione di cassa; a Trebisacce sono 5,5 milioni i debiti fuori bilancio, 1,7 milioni l’anticipazione di cassa.
TRASPARENZA QUESTA SCONOSCIUTA – «La trasparenza amministrativa costituisce lo strumento più efficace per avvicinare le istituzioni ai cittadini, consentire il controllo sociale sull’operato delle pubbliche amministrazioni e prevenire e contrastare i fenomeni di illegalità e di corruzione. Il principio di trasparenza si concretizza nel concetto di “accessibilità totale” ai dati e alle informazioni. La pubblicità dei dati e delle informazioni è il principale strumento per consentire ai cittadini di esercitare il diritto di controllo sull’andamento e sulla gestione delle funzioni pubbliche». Queste le motivazioni che hanno indotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri ad adottare il Dpcm 20 dicembre 2013 attuativo dell’art.49 c.2 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n.33 recante il “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”. Nozioni, sulla carta, piuttosto chiare. Tuttavia in pochi sembrano accorgersene da queste parti. Perché i siti internet dei comuni di Corigliano, Rossano, Cariati e Trebisacce, non sembrano essere molto “trasparenti”.
SEGRETARIO MIO SEGRETARIO – Da qualche tempo più comuni possono avvalersi dei servizi della stessa figura. Sono equiparati ai dirigenti e, com’è noto, svolgono compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa. Quanto costano? Dipende dal numero di abitanti dei comuni e sempre più spesso svolgono il loro servizio per più enti contemporaneamente: si parte da poco più di 40 mila euro per arrivare anche oltre i 100 mila come accade per i comuni più grandi.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, QUANTO MI COSTI? – Ogni anno in Italia si spendono 161,9 miliardi di euro per pagare i dipendenti pubblici. Poco più del 10% del Prodotto Interno Lordo italiano. Al contrario di quanto si possa pensare, l’Italia non ha più dipendenti pubblici rispetto agli altri grandi Paesi d’Europa. Gli occupati negli enti pubblici italiani sono il 14,8% (3,4 milioni) del totale, il 20% in Francia (5,5 milioni), il 19,2 nel Regno Unito (5,7). Di certo, però, sono distribuiti male, più vecchi e forse meno qualificati. Il che potrebbe influenzare nella funzionalità, nell’efficienza e nell’efficacia del servizio reso ai cittadini-utenti. In Italia solo il 10% dei dipendenti pubblici ha meno di 35 anni contro il 28% della Francia e il 25% dell’UK. Il 55% dei dipendenti pubblici in Italia è donna, il 61% in Francia, il 65% in Uk. Percentuali abbattute drasticamente quando si fa riferimento alle dirigenze o ad incarichi fiduciari. Gli italiani, dicevamo, sono meno qualificati: il 34% ha conseguito una laurea a fronte del 50% e 54% di Francia e Regno Unito ma ritirano una busta paga equivalente ai colleghi d’Oltralpe. La differenza vera, quella che viviamo e subiamo tutti, sta nel servizio reso da una macchina amministrativa che, dal livello più alto a quello più basso, dai ministeri ai piccoli comuni, sembra essere quotidianamente nemica del cittadino e lontanissima dagli standard dei servizi garantiti, soprattutto senza gap territoriali, in tutti gli altri Paesi europei citati.
MISTERO RETRIBUZIONE – Difficile districarsi fra le varie voci che compongono la busta paga di un dipendente pubblico. Giusto a mo’ di legenda, la retribuzione si struttura di una parte fissa, lo stipendio base, di ritenute previdenziali, tasse trattenute all’origine, competenze e indennità accessorie che costano anche centinaia di migliaia di euro ai Comuni.