NCS, non ci siamo. Non ci siamo proprio...
Sono trascorsi 7 anni e qui nessuno più parla di politiche della fusione. Stasi non è l'aternativa a Stasi ma la vera alternativa, oltre ad occuparsi dell'orto sotto al gafio, fino ad oggi non ha detto una parola su come vede e vorrebbe Co-Ro

Sette anni. Sette anni di polemiche, rigurgiti autonomisti che si sono consumati mentre chi la fusione l'ha voluta e costruita con le unghie e con i denti ad un certo punto ha deciso (forse involontariamente ma sicuramente colpevolmente) di “cedere” gli spazi, conquistati in anni di catechiazzazione e lotte culturali, alle forze antifusioniste. Una partita chiusa, o almeno così sembra, prima dalla Regione, poi dal TAR. Quindici anni di fusione "garantiti". Almeno per ora. Ma al netto delle sentenze e delle beghe legali, resta un fatto cristallino, e maledettamente urgente: questa fusione deve essere governata. E non alla carlona o come qualcosa che “si deve fare”, ma con lungimiranza, con una visione che travalichi il campanile e guardi al futuro di tutti.
C'è bisogno di governare la fusione, dicevamo. E di fare tutto quello che finora è rimasto lettera morta. Perché l'impostazione di chi amministra Corigliano-Rossano oggi è quella tipica di una coppia di separati in casa con bilancio comune. A ognuno il suo: un bagno a testa, una cucina a testa, un ingresso a testa. Praticamente due monolocali sotto lo stesso tetto. Questa è la gestione Stasi. Che può reggere fino a un certo punto, nell'orbita della tolleranza. Perché la tolleranza ha un limite, e oggi quel limite è stato raggiunto e superato.
Prendiamo l'esempio dei PINQUA: 45 milioni di euro, un finanziamento colossale ottenuto sicuramente per capacità amministrative ma che senza l’essenza di una grande città, senza la fusione, non si sarebbe mai materializzato: parliamo di un progetto sparpagliato su tre aree della città. Proprio nell’ottica di una gestione divorzista, appunto. Invece di pensare a una mega opera che avvicinasse davvero le due anime della città, si è preferito non “far torto a nessuno”, puntando su tre aree culturalmente diverse della città per cercare di non scontentare nessuno. E intanto? La cittadella degli uffici e dei servizi (con 45 milioni di euro l’avremmo realizzato il tanto decantato parco periurbano dei servizi, o no?) è sparita dai radar.
E con la cittadella è sparita anche l'attuazione dello Statuto unico con l’attivazione dei sette municipi? Ve li ricordate? Oggi sono un miraggio. Nessuno ne parla eppure sono previsti non solo dalla Statuo ma dalla stessa Legge della Fusione che a distanza di 7 anni rimane inapplicata. E anche in questo caso: tutti zitti!!
Corigliano-Rossano, lo ricordiamo per evitare speculazioni di sorta, si è fusa confortata da una riforma dello Stato che mira a razionalizzare le spese delle Pubbliche Amministrazioni, non si è fusa per accentrare tutto e creare disagi. Ma se una città, dopo sette anni, non è stata capace di varare nemmeno uno stemma e un gonfalone unici, beh, questo la dice lunga sul pantano in cui ci troviamo.
E poi, c’è il vuoto pneumatico dell'alternativa, il vuoto pauroso del “dopo Stasi”. Ad oggi non si intravedono soluzioni se non quelle viste, riviste, proposte e consumate dagli anni 90 ad oggi. Quello a cui i cittadini di questa città hanno già detto di no: non una, bensì, due volte!
Stasi è questo, lo sappiamo e lo giudichiamo. Ma c'è un'altra verità, scomoda quanto necessaria: l'era Stasi, con la sua riconferma di giugno 2024, è finita. Non c'è un dopo Stasi all'orizzonte, e forse non ci sarà. La domanda, allora, non è per domani, nemmeno per oggi, ma era già da porsi ieri: chi sarà l'alternativa all’attuale governo civico?
La risposta, al momento, è un'eco nel vuoto.
Non si vede una classe politica capace di governare la fusione, in realtà non si vede nemmeno una classe politica capace di governare una città (anche non fusa). Si vedono personaggi che occupano spazi, certo, ma senza produrre nulla, a parte polemiche, dossier, esposti di vario genere e natura (cose già viste in un remake anche con ruoli e parti invertite). Cosa hanno sortito in tre decenni? Nulla. La verità è che nell'area antagonista a Stasi, oggi, manca un elemento essenziale: la lungimiranza.
Giovedì sera a Schiavonea, una conferenza stampa dell'opposizione. Stessi temi, stessi argomenti di un mese fa, quando si era riunita l'altra parte dell'opposizione. "Nulla di nuovo a Fort Apache" abbiamo scritto. E sapete perché? Perché in tutta questa discussione, fatta di attacchi e accuse pesanti (dal dissesto finanziario alle commistioni tra sindaco e segretario, dalla spy story sull'autospurgo all'avvocatura civica), non c'è nessuno tra i banchi di quella che dovrebbe essere l'alternativa che abbia parlato di prospettive da città unica.
Nessuno che abbia tracciato una linea di visione comune per la grande Corigliano-Rossano. La vicenda dei municipi? Persa. Lo Statuto? Dimenticato. Addirittura c'è chi in Consiglio - soprattutto tra i banchi dell'Opposizione - parla sistematicamente solo di Rossano o solo di Corigliano; anzi, bisogna ringraziare il cielo se non parlano o si preoccupano solo dell'orto sotto al gafio. Ma poco ci manca! Insomma, si continua a ragionare in quell'ottica di "gestione divorzista".
Siamo a questo, purtroppo. E allora vogliamo capire, una volta per tutte, da che parte sta l'opposizione. Non in quanto tale ma come classe dirigente che si candida ad essere l'alternativa. Ma l'alternativa a cosa e, soprattutto, in che modo? È capace di fornire, al netto delle polemiche contingenti, un'idea comune di città e di territorio? Ma soprattutto, è capace di offrire una visione nuova che non sia recintata agli anni '90? Lo ribadiamo: siamo nell'era del metaverso, non possiamo permetterci di viaggiare in analogico.
È sui temi della fusione che vogliamo vedere tutti all'opera, seriamente. Soprattutto l’opposizione che si candida ad essere alternativa di governo. Vorremmo vederli fare conferenze stampa e incazzarsi per quel tanto che c'è da fare, da Apollinara a Pantano Martucci, da Baraccone a Piana dei Venti in un’ottica di insieme. Non su cose che folgorano il momento ma che non lasciano il segno. La posta in gioco è troppo alta per continuare a balbettare.