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Il Golpe da Serrə e’girə

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Quando dici di qualcuno che ha preso "a' Serrə e'Girə" gli stai praticamente dicendo che sta perdendo solo tempo. Ecco, la Calabria del nord-est, la Sibaritide tutta e, quindi, Corigliano-Rossano stanno vivendo – nel pieno – un vero e proprio golpe… il Golpe de A' Serrə e'Girə.

È un’espressione che ricorre spesso nelle forme del gergo popolare ed è stato illuminante, stamani, sapere dalla vivavoce del professore Gennaro Mercogliano, presidente dell’Università Popolare di Rossano, che la serrə e'girə altro non è che un vecchio utensile utilizzato dagli antichi artigiani per modellare e rifinire le loro opere. Un seghetto arco che serviva o a creare il buco al centro o, in altri casi, a smussare angoli e imperfezioni. Molti artigiani li trovavi intenti nella loro bottega tra i vicoli della città con questo arnese in mano quando, per una ragione o per un’altra, dovevano prendere tempo o perché il cliente doveva racimolare i soldi per pagare il lavoro. Quindi, rimanevano intenti alle ultime rifiniture che, ovviamente… non finivano mai. Ha piat’ a' Serrə e'Girə!

Non so se le cose attorno a questo ancestrale arnese siano andate davvero così e – ancor più – se l’origine di questa espressione sia davvero questa. Certo è che l’arte del perder tempo, qui, ha il suono di questa frase e i nostri politici, i nostri rappresentanti istituzionali negli ultimi tempi, ne hanno fatto una regola, una prassi, un modello imprescindibile.

Ed è così che, nel cuore del Golpe de A' Serrə e'Girə, - dove tutti quelli che sono deputati a dare delle risposte doverose a questa grande comunità, puntualmente si defilano - non sappiamo nulla sulle sorti del soppresso tribunale di Rossano (oggi Corigliano-Rossano); non sappiamo più nulla sul futuro della nuova Statale 106 (l’intesa istituzionale tra Regione e Commissario si farà? Boh!); non sappiamo se e quando avremo un treno veloce che transiterà sulla linea jonica (il filo elettrico per il momento può attendere!); non sappiamo nemmeno quando il nuovo ospedale della Sibaritide, che strutturalmente sarà sicuramente completato entro il 2026 (è funzionale alla prossima campagna elettorale regionale), entrerà realmente in funzione; rimanendo a Insiti, non sappiamo – ancora – se e quando partirà la procedura per iniziare a programmare il nuovo centro polivalente e direzionale della città (come stabilisce la legge regionale istitutiva del nuovo comune); ancora, non abbiamo ben capito se – alla fine – la lunetta ferroviaria di Sibari si farà e se i lavori di “adeguamento alla normalità” (chiamarli di ammodernamento sarebbe un’offesa all’intelligenza di tutti) della linea Sibari-Metaponto verranno messi prima o poi in programma.

E ai tanti nuovi Pinocchio della politica nostrana, che stiamo crescendo a discapito della nostra pellaccia, ci sarebbero da porre altri piccoli e grandi interrogativi. 

Ma non sappiamo nemmeno se le promesse nuove politiche per il sociale, quelle che dovrebbero restituire un minimo di dignità ai disabili e alle loro famiglie, saranno prima o poi messe a terra per colmare il gap profondissimo che questo territorio ha con il resto d’Italia e d’Europa.

In questi giorni abbiamo snocciolato numeri e statistiche, quelle che sono inoppugnabili e inopinabili, che riguardano le condizioni della qualità della vita nella Calabria del nord-est. Che continuiamo a definire una landa desolata non a caso; sicuramente non perché siamo tafazzisti ma semplicemente perché il feedback che ci restituisce la realtà che evidentemente non tutti vedono, scorgono, percepiscono è davvero disarmante e preoccupante.

Qui continuano a nascere tanti giovani (meno, molto meno rispetto a dieci anni fa) ma sono tutti ormai con la valigia in mano. Non c’è prospettiva a prescindere da Baker Hughes che sicuramente – per parafrasare il sindaco Stasi – non avrebbe risolto i problemi occupazionali e di sviluppo della città e del territorio ma avrebbe quantomeno innescato un processo nuovo. Come quello che innescò – piaccia o no – l’Enel ad inizio degli anni ’70. E proprio con l’uscita di scena di Enel è finito tutto. Perché abbiamo messo in mano ai nostri rappresentanti istituzionali quella famosa serrə e'girə che ha prodotto solo tante parole e nessun atto concreto.

Abbiamo perso tempo, tanto se ne sta perdendo adesso. Perché il timore che oggi Corigliano-Rossano e la Calabria del nord-est possano finire inconsapevolmente nelle grinfie di una faida elettoralistica è reale e concreto. Il sospetto che qui, a partire dalle grandi opere per finire a quelle più piccole, possa essere innescato un atto di sabotaggio solo con l’intento di danneggiare l’avversario politico di turno è concreto quanto reale. Cosenza corre, velocemente, con patti taciti e pericolosi purché si compia il progetto di realizzazione della Grande città capoluogo che fagociterà tutto. Se non siamo, oggi, capaci di arginare tutto questo, mettendo da parte la faziosità politica che ha trasformato certi nostri rappresentanti in veri e propri ultras di parte, non ne usciremo fuori. Saremo calpestati, smussati e finiremo vittime di questo Golpe silenzioso che vede tutti dentro – destra e sinistra – a danno della collettività.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.