Il grande reset di Stasi su 40 anni di dominio e potere
Le elezioni del 2019 erano state una messa in mora, ora arriva la sentenza dura, inappellabile, definitiva. Non perde la Straface ma il blocco sistemico che ha ridotto all’isolamento politico e strutturale questo territorio
Partiamo dagli sconfitti e partiamo da un dato incontrovertibile: le elezioni non le ha perse Pasqualina Straface. Anzi, alla pasionaria di Forza Italia va dato il merito di averci messo la faccia e di aver scelto di fare l’agnello sacrificale di Roberto Occhiuto e dell’apparato del Centro Destra locale e regionale. A Corigliano-Rossano perde l’Ancien Regime. Cioè, tutto quel blocco sistemico che dal 1993 al 2019 ha governato e spadroneggiato in lungo e in largo nelle due estinte città, creando una cappa di potere e influenzando le scelte di un territorio.
Lo scrivevo qualche settimana fa: se oggi questo territorio è alle prese con la desertificazione demografica, con l’emorragia di giovani; se ancora oggi aneliamo una strada moderna e sicura, se ancora oggi non riusciamo a muoverci con un treno, se ancora oggi non abbiamo una declinazione di sviluppo e soprattutto non abbiamo un’autonomia territoriale, certo, le colpe non si possono attribuire a Stasi e ai suoi ultimi cinque anni di amministrazione della cosa pubblica. Se oggi siamo quello che siamo è per colpa di chi negli ultimi 40 anni ha tenuto in mano il pallino del gioco, ci ha relegati a vivere in una platonica caverna, al buio e nell’isolamento, ma soprattutto non ha saputo avere una visione del futuro.
A Corigliano e Rossano hanno perso – finalmente – le dinastie politiche! Quelle che hanno soffocato le giuste e sacrosante ambizioni di ormai ex giovani, cresciuti all’ombra di un ideale, di una scuola politica forte e che sono stati usati e buttati via. Di quella che fu l’epopea della destra a Rossano, prima, e a Corigliano, poi… non è rimasto nulla. Anzi, è rimasta la rivalsa che, in buona parte, è confluita su Stasi. Per convinzione o per protesta.
L’esame delle urne per il blocco sistemico politico di destra, di centro e di centro sinistra, che a queste elezioni si era messo tutto con la Straface, è impietoso. Perché se cinque anni fa l’elettorato l’aveva solo messo in mora, ora gli ha notificato il definitivo attestato di sfratto. Che non trova appelli da nessuna parte.
Certo, la storia non si cancella. E non si deve cancellare nel sacrale rito della memoria. Perché non tutto può essere buttato via, soprattutto nelle opere. Ma voltare pagina e scrivere una nuova storia, con nuovi protagonisti, pare ormai un’azione obbligata. E questo perché la lunga consiliatura di Stasi di fatto è una vera costituente, non solo della città fusa ma anche – a guardare bene – della nuova classe politica che dovrà governare questo territorio.
Attorno a Stasi, lo dicevamo, non si raccoglie solo il popolo di sinistra (e sbaglia il PD a considerare una suo successo quella che è stata una straripante vittoria di tutti). Il consenso larghissimo che si è costruito attorno ad un giovane rappresentante politico non può che essere letto come il segno di un cambiamento di passo. È partendo dal soggetto Stasi che negli anni a venire si costituiranno le diverse anime politiche della città che, senza dubbio, si ritroveranno un domani l’una contro l’altra. Stasi, inteso come fenomeno, oggi è il quasar, l’esplosione primordiale da cui nascerà la nuova politica coriglianorossanese: di destra o di sinistra, di partito o movimentista, questo non importa. Occorre solo sapere che il grande reset della politica nella terza città della Calabria è ora; iniziato nel 2019 e proseguirà per i prossimi anni.
E questo – ribadisco - lo dicono i dati, i numeri delle urne che non sono soltanto la cartina di tornasole della protesta ma anche di una convinzione di cambiamento. Nelle urne delle comunali, infatti, questa volta non c’è stato solo un plebiscito storico sul sindaco. C’è stato una intenzione unanime di cambiare prospettiva. Non prende voti la Straface e non prendono voti nemmeno i candidati nelle sue liste. Il voto disgiunto c’è stato ma non ha assolutamente influito sull’esito del voto.
Ora resta da analizzare un ultimo aspetto: il ruolo che hanno giocato i grandi sistemi politici nella singolare disputa delle comunali di Corigliano-Rossano. Perché Occhiuto è sceso in campo prepotentemente per far candidare Pasqualina Straface per poi dileguarsi una volta iniziata la campagna elettorale? Perché i grandi big della politica di centro destra che hanno girato mezza Italia non hanno fatto tappa a Corigliano-Rossano? Perché Salvini arriva nella Sibaritide, va sul cantiere della nuova Statale 106 a Trebisacce e non pensa di “allungare” il suo tour nella città calabrese più grande al voto? Perché un viceministro fa tappa in città e non trova un momento di incontro con la candidata a sindaco? Perché il voto del centro destra alle europee, calato nelle amministrative, risulta quasi capovolto nei numeri? Avevano davvero, tutti, così tanta paura di Stasi? No, ma forse è stato lo stesso Stasi a dare una chiave di lettura a questa situazione dai palchi della campagna elettorale: Corigliano-Rossano ha innescato un processo di rigenerazione sociale e culturale inarrestabile. Che proprio i grandi sistemi hanno percepito prima di chiunque altro. Hanno tirato i remi in barca prima che questo tsunami popolare di rivalsa gli facesse più “danni” di quanti non ne abbia già provocati alle loro propaggini sul territorio.
Stravince Flavio e per la prima volta concretizza nelle urne il concetto di fusione mandando in archivio, forse definitivamente, anche quel soffio di secessionismo che scendendo in campo in questa campagna elettorale ha perso la faccia e, in alcuni casi, anche la dignità.