La gente muore disperata davanti alla peggiore politica di sempre
Il male assoluto di questa terra è la sua rappresentanza democratica, ancor peggio è quella populista oppositiva: zero idee, visione e proposte. Incapace di concertare sviluppo alza cortine o si perde in silenzi o drammatici complotti
Un padre di famiglia di 50 anni, un expat ritornato nella sua terra con la speranza concreta di un futuro, che si toglie la vita a casa sua - è successo stamattina - perché è rimasto senza lavoro, dovrebbe indurre tutti ad una riflessione più concreta, oggettiva e razionale delle cose.
Questa continuerà a rimanere una terra senza futuro se non ci destiamo dal torpore ma soprattutto se non ci scrolliamo di dosso quella mentalità del sospetto perenne, su tutto, e del No ad ogni costo che ormai vestiamo con troppa disinvoltura.
Alle proposte di sviluppo non si chiude la porta in faccia, su ogni eventuale opportunità si contratta; non si creano muri ideologici, piuttosto si sfruttano tutte le capacità diplomatiche per far sì che un’idea, un progetto, un piano industriale – che sicuramente farà le fortune dell’azienda che lo propone – diventi vero momento di crescita per tutta la comunità.
Purtroppo il popolo jonico, della Sibaritide, è recidivo, “cozzale”, duro come la pietra… e commette sempre e perennemente gli stessi errori. Perché si accorge troppo tardi delle sventure che gli stanno per capitare. Non ha visione e questo perché ha una classe politica, a tutti i livelli e su ogni meridiano e parallelo, che non serve praticamente a nulla: silente, strafottente, incapace di avere una prospettiva, profondamente asservita direttamente o indirettamente al magno potere calabrese (che sia catanzarese o cosentino, poco importa), e da qualche tempo anche populista con i deboli e inefficace con i poteri forti. La peggiore in assoluto da quarant’anni a questa parte.
Basta ricordare quello che è accaduto con la vertenza Enel! L’errore più grande nel dire No alla riconversione a carbone della centrale di Sant’Irene è stato quello di non aprire un tavolo di concertazione con la stessa Enel, con l’obiettivo di trovare una soluzione compatibile con il territorio e non consentire che un colosso industriale così importante andasse via con un atteggiamento di stampo colonialista. Ci furono momenti di alto godimento per il fatto che la holding energetica si fosse assoggettata alle “nostre” rivendicazioni senza pensare che da lì si sarebbe innescato un lungo processo di impoverimento per il tessuto sociale e imprenditoriale del territorio.
Oggi il destino potrebbe ripetersi, proprio come un criceto che gira convulsamente sulla ruota. Baker Hughes è la soluzione migliore per il Porto di Corigliano-Rossano? No. Ma al momento è l’unica che apre uno spiraglio per ritornare a programmare occupazione nella Sibaritide. Purtroppo, anche in questo caso, si sta commettendo l’errore di evitare la concertazione. Perché ad un tavolo concertativo si va con idee, visioni e proposte. Che qui mancano, latitano, non ci sono.
La stessa concertazione e autorevolezza politica che è mancata per tenere alto l’orgoglio di quella che un tempo era la più importante flotta peschereccia del Mediterraneo, seconda solo a quella di Mazzara del Vallo, ma che è andata lentamente a depotenziarsi e declassificarsi. Perché? È stata colpa, per caso, dell’industrializzazione del porto (che non c’è mai stata)? No. È stata colpa di chi in questi decenni avrebbe dovuto sostenere l’economia blu, una delle grandi ricchezze del nostro territorio, e invece come al solito ha girato la testa dell’altra parte ed è sprofondato nel silenzio.
Ecco, allora, che il marcio sta nella rappresentanza politica che da anni produce questo territorio: incapace di imporre la propria autorevolezza e furba nel tentare sempre la via del populismo oppositivo che si perde in drammatici complotti, non produce nulla e genera solo povertà e disperazione.