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Fusioni, la politica spinge per la grande Cosenza mentre a Co-Ro si litiga per le lenticchie

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Le legittime (e – lo diciamo subito - non condivisibili) tesi che in queste settimane stanno portando avanti gli autonomisti, pronti al ritorno in auge delle due estine città di Corigliano calabro e Rossano, fanno leva esclusivamente sul principio di autarchia del campanile: il nome, la storia, le identità, le tradizioni, il dialetto… un concetto iconico, molto popolare e poco culturale. Di fatto non ci sono motivazioni che stabiliscano con criterio scientifico che il “ritorno alle origini” possa partorire un sistema di gestione della cosa pubblica più proficuo e con maggiori benefici per le due comunità. Che, quindi, con il ripristino delle due città si possano migliorare i servizi, si possano avere più opportunità, si possa avere uno sguardo più lungimirante verso il futuro. Atteso che il passato di entrambe le comunità è stato segnato dalla fusione anche nel nome del cambiamento!

Qualcuno tra gli autonomisti paventa che una marcia indietro possa dare più slancio nella corsa verso l’avvenire, dimenticando, però, che alle spalle c’è il dirupo e che Corigliano-Rossano è, di fatto, ancora ferma ai nastri di partenza perché priva – in quasi tutti gli strati sociali – di consapevolezza e idee. Insomma, continuiamo a guardare il ciuccio che ride nel forno, a sventolare lenzuoli al Patire, a litigare su come dividere un piatto di lenticchie e a guardare al dito invece che puntare alla luna. E questo lo stanno capendo bene a Cosenza e nel suo hinterland che, guarda caso, proprio nel momento in cui sullo Jonio la neonata città sembra essere in preda alle spinte autonomiste (ma non è così!), sono ritornati a discutere con forza e veemenza del progetto della Grande Cosenza che contempla l’annessione - più che fusione - di Rende e Castrolibero. Lo fanno per riacquisire quella leadership demografica che negli ultimi 5 anni gli è stata scippata proprio da Corigliano-Rossano. Uno status di grande città che in realtà hanno da tempo, per impostazione culturale e di servizi, ma che oggi non viene consacrata nei numeri. All’esatto opposto del capoluogo ionico che ha i numeri ma, dicevamo, manca di consapevolezza. Certo, è impensabile recuperare in un lustro il gap profondissimo che si è creato in almeno 50 anni tra la Sibaritide e Cosenza, ma bisogna credere convintamente in quello che si è per un cambio di abitudini e di mentalità radicale, soprattutto nelle nuove generazioni.

E bisogna farlo presto.

Perché, intanto, la proposta di legge regionale per la fusione di Cosenza-Rende-Castrolibero è già pronta e nelle prossime settimane potrebbe approdare sui tavoli del Consiglio regionale, sostenuta con forza dalla politica bruzia (anche quella che in apparenza mostra ostilità al progetto), che ha inteso la necessità di rimettere a posto gli equilibri demografici anche a costo di cedere qualche rivendicazione campanilistica. Ne verrebbe fuori una città di 115mila abitanti, con un’utenza giornaliera di almeno il triplo (che già ha), con un comprensorio che ha saputo sfruttare i privilegi derivatigli negli anni dall’essere capoluogo di provincia e che non dovrebbe fare altro che potenziare i servizi. Un apparato istituzionale e amministrativo possente, pronto a fagocitare tutto… ovviamente e su tutti anche quel barlume di autorevolezza che si è creato a Corigliano-Rossano e sullo Jonio. Altro che concerti di Natale e Capodanno!

Ovviamente, con la nascita della Grande Cosenza, dalle nostre parti il “problema” non saranno più i venti autonomisti, che a quel punto avranno ancora più un sapore nostalgico al pari dei novelli monarchici, ma capire come rivendicare autorevolezza difronte ad un capoluogo di provincia che avrà ancora più forza nell’accentramento di diritti e servizi.

Davvero, davanti alla futuribile neapolis bruzia che sarà seconda città della Calabria, si potrà pensare di tornare indietro, a Corigliano calabro e a Rossano, con il rischio di essere cancellati definitivamente dalla carta geopolitica della Calabria?

Occorre un piccolo sforzo di lungimiranza nell’immaginare il domani per capire che anche solo un piccolo passo indietro ci farebbe precipitare nel dirupo. La strada di Corigliano-Rossano è stata segnata ed è su questo che bisogna confrontarsi. Da oggi e per il futuro.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.