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Per uscire dalla palude in cui si trova, Corigliano-Rossano ha bisogno di diventare Atreju. Serve un progetto eroico

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Ora basta! Non c’è più tempo per perdersi in polemiche, in urla da circo, in un dibattito da borgata popolare. C’è in pericolo la credibilità di una città e di un progetto illuminato e lungimirante qual è la fusione che, oggi più che mai, ha bisogno di massima condivisione. Ha bisogno di convergenze. Ha bisogno di mettere a tacere complottismi e le pericolose frange scissioniste. Ritornare al passato significherebbe soltanto decretare la morte sociale e politica di questo territorio.

Prima di tutto, però, c’è bisogno di una pax e c’è necessità di partire dal principio unilaterale del rispetto. Che si traduce nella tutela e nella salvaguardia degli organi eletti, da un lato, e nella condivisione, nell’ascolto e nell’autocritica, dall’altro.

Corigliano-Rossano ha bisogno del suo Atreju che salvi questa terra dall’invasione del nulla. Non abbiamo bisogno di una persona eroica, bensì di un progetto eroico e visionario al quale devono concorrere tutte le forze democraticamente elette.

Partiamo da un presupposto: Corigliano-Rossano non è una riserva indiana tantomeno è la Repubblica delle Banane.

Grazie a Dio e per la buona pace di tutti, anche dei più riottosi, è una città dove vigono le regole generali, dettate dalla Costituzione, e quelle particolari, dettate dagli organi democraticamente eletti.

Non può esistere la regola che ognuno cerchi di imporre, anche goffamente, la propria legge… magari suddivisa per villaggi! Sarebbe pratica meschina. E non possono che suscitare biasimo alcune uscite plateali e teatrali, che pure purtroppo si registrano in ogni angolo della città, all’indirizzo delle istituzioni civiche.

Non esiste, ancora, che si possa imbastire una dialettica politica incentrata solo sul fango. Anche se la storia istituzionale contemporanea di questa città è nata da una campagna elettorale a dir poco esagitata durante la quale la dignità di alcune persone è stata messa sotto i piedi.

Ma questo appartiene al passato. Oggi, per il bene di Corigliano-Rossano, è necessario sotterrare l’ascia di guerra. È opportuno svestire i panni del palco e iniziare a lavorare: tutti insieme.

C’è bisogno di una pace politica con l’obiettivo di sollevare all’ennesima potenza il livello e la qualità del dibattito. E questo è un messaggio che deve arrivare forte e chiaro agli antagonisti, di oggi e di ieri, dell’Amministrazione Stasi; deve essere condiviso dalle forze di Opposizione e dev’essere assimilato anche da quelle forze di maggioranza che alle volte sembra gettino il sasso e nascondano la mano.

Basta litigi, basta contrapposizioni: si lavori per il bene di una cittadinanza che ha bisogno.

Anche perché fare polemica su tutto significa non voler imprimere un’accelerata allo sviluppo di cui questa città ha bisogno come l’aria. I conti politici si faranno alla fine. Se c’è da attuare uno Statuto, soprattutto per dare vita ad una nuova organizzazione più capillare per presidiare il territorio, lo si faccia ora, lo si faccia presto. Perché di tempo per apportare modifiche ce ne sarà a iosa, mentre il tempo per soddisfare le giuste rivendicazioni dei cittadini è finito.

Flavio Stasi, piaccia o non piaccia, è stato eletto sindaco di questa città con una maggioranza bulgara al turno di ballottaggio. È giusto che abbia l’onore e l’onere di guidarla e di portare a compimento il suo piano. Certo, speriamo ne abbia uno. Ma siamo convinti della sua buona volontà e del suo amore nei confronti di questa città. Non possiamo rimanere aggrappati a vita all’emergenza Covid-19. Prima o poi questo incubo passerà ed in quel momento dovremo essere pronti.

Che la polemica, allora, si tramuti in proposta e soprattutto in azione unitaria per tutelare il territorio dalle insidie esterne di chi vuole distruggere il progetto della grande città. Ci sono forze che nemmeno immaginiamo che tentano di screditare l’immagine di Corigliano-Rossano. Non ce lo possiamo permettere. Laviamoci i panni in casa nostra ma – fuori – parliamo con un’unica voce.

Un esempio su tutti. Ieri mattina a Rossano si è tenuta una protesta del popolo longobucchese per rivendicare il suo sacrosanto diritto ad avere un presidio medico pubblico costante in tutte le ore del giorno. Bene, a quella protesta hanno partecipato tutte le forze politiche della città, di maggioranza e di opposizione, ed in quella occasione hanno parlato una voce sola nonostante la nota dialettica che li contrappone. Non sappiamo se vinceranno la loro battaglia per rivendicare un diritto. Abbiamo consapevolezza, però, che lo hanno fatto dimostrando unità e parlando con una voce sola

Corigliano-Rossano è in deficit di diversi servizi e diritti. Lo sappiamo tutti. Ma se non si raggiungerà quella opportuna pax politica e quell’intelligenza tale di saper parlare con autorevolezza fuori dalle sponde del Crati e del Trionto, rischiamo di rimanere impantanati nella valle del nulla.

Siamo noi che dobbiamo diventare Atreju.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.