«Chi ha scelto di stare dalla parte della libertà oggi paga un prezzo altissimo. Ma non faremo da bersaglio»
Il corsivo del direttore ai margini dell'ennesimo attacco social (vile e pavido) ad indirizzo della redazione dell'Eco dello Jonio
Non avrei voluto scrivere questo corsivo, non tanto perché non ce ne fosse bisogno ma perché in alcune circostanze non c’è risposta più rumorosa del silenzio. Scrivo perché mi sento responsabile di un gruppo di giovani professionisti che ogni giorno danno l’anima, il cuore e tutto l’entusiasmo possibile per “fare il giornale”. E siamo stanchi, sono stanco dei continui attacchi che l’Eco dello Jonio subisce ormai a cadenza quotidiana da parte di qualche sciacalletto da tastiera (perché questo è) dalla lingua biforcuta.
“La Libertà genera Democrazia” è una frase che ci accompagna ogni giorno nel nostro lavoro di cronisti. L’abbiamo affissa in redazione. Ma non è solo una frase. Per noi è una regola di vita, un patto d’onore che ognuno deve rispettare nello svolgimento del suo lavoro all’interno del nostro “branco”.
Ebbene, se non fosse per il rispetto che nutro e nutriamo verso i nostri lettori, verso chi crede in noi, nel nostro lavoro avremmo potuto tacere. Siccome, però, nella nostra società, spesso il silenzio viene fatto passare come assenso. Allora no. Non ci sto e non ci stiamo.
Una premessa, forse inutile ma opportuna da ribadire: l’Eco non metterà mai la museruola a nessuno. Non lo ha mai fatto. Mai lo farà. Sulle nostre pagine ci sarà sempre spazio per la polemica e per il contradditorio. Per la critica e per la denuncia. Per l’apprezzamento e, perché no, anche per il dissenso: quello civile, quello costruttivo. E su questo non transigiamo.
E sinceramente poco ci interessa essere apostrofati con i più simpatici e coloriti epiteti se il fine è quello di contribuire a costruire la coscienza collettiva su quello che c’è ed avviene attorno a noi. Non accettiamo le offese. Quelle al nostro lavoro e alla nostra dignità in primis. Non si è d’accordo con la nostra linea editoriale di Libertà e libero pensiero? Non costringiamo nessuno a leggerci. Anche se, come dicono ogni giorno i nostri numeri, quanti seguono con dedizione e perseveranza il nostro giornale sono sempre di più. Nell’ultimo mese di gennaio abbiamo “fidelizzato” oltre 600mila lettori che con costanza cliccano sulle nostre pagine per informarsi e aggiornarsi su quello che avviene a Corigliano-Rossano, Castrovillari e nel vasto territorio della Sibaritide e del Pollino. A loro il nostro grazie e la nostra riconoscenza.
Facciamo a meno dei detrattori. Ma non è questo il punto. Non è la critica o l’obiezione che ci disturba. Anzi, l’accettiamo e ne facciamo sempre ammenda. Perché ci stimola a fare di più e meglio. Quello che non tolleriamo è il dileggio. Soprattutto se è un'offesa ideologica, faziosa, intenzionale, paurosamente di parte che limita la democrazia. No, carissimi detrattori, questo proprio non lo consentiamo. Ancor più se alcune facili illazioni, suffragate dal nulla e da cieco odio politico, che ormai non trova dimora nemmeno negli angoli sperduti della terra dove resistono dittature di opinione, associate a sopraffazione e soppressione del pensiero, vengono da dipendenti pubblici. Dai cosiddetti burocrati che alternano la loro operosità a seconda di come tira il vento della politica e, quando a loro “ostile”, si rifugiano nel sindacalismo.
Da loro non accettiamo alcuna lezione di stile, alcuna lezione di giornalismo, alcuna paternale sulla democrazia e sulla libertà. Non hanno la patente per farlo.
Essere liberi ha un prezzo, ai giorni nostri, lo sappiamo bene, ed è quello di essere bersaglio di lingue biforcute. È un prezzo che paghiamo con piacere se serve - come serve - a dare una visione oggettiva e veritiera delle cose.
Nell'immagine di copertina: Mel Gibson in William Wallace - Braveheart (1994)