Dalla legge 97/94 sulla montagna molte modifiche furono apportate dai governi regionali per adeguamenti funzionali alla Regione Calabria, con lo scopo preciso di salvaguardarne il paesaggio, tutelarne il territorio dal dissesto idrogeologico ed evitare lo spopolamento dei comuni montani. Ebbene, il risultato è stato tutt’altro che esaltante e la controprova è sotto gli occhi di tutti. Soffermandoci sul fenomeno dello spopolamento, esso riguarda principalmente i comuni montani dell’Alto Jonio cosentino ed ha diverse paternità.
Dall’emigrazione fuori regione e fuori nazione che, dopo anni di stasi è ritornato ad essere un fenomeno con numeri esponenziali, alla volontà costante di spostarsi verso la costa ed abbandonare l’isolamento a cui la montagna costringe. Ma c’è anche un altro fattore che riteniamo determinante per lo spopolamento: la spoliazione continua di presidi istituzionali. Nei piccoli comuni montani non ci sono più scuole dell’obbligo né uffici postali che funzionano anche come banche; le farmacie aprono solo qualche giorno a settimana ed il medico di riferimento spesso è quello della guardia medica.
Ed è così che la popolazione residente in comuni come Alessandria del Carretto, che oggi conta 511 abitanti contro i 1873 del 1901 o i 720 del 2002); Castroregio, 347 abitanti rispetto ai 1615 del 1936; Nocara da 406 abitanti attuali ai 1380 del 1936; San Lorenzo Bellizzi, passato dagli odierni 685 abitanti ai 2752 nel 1911, diventa sempre più vecchia e di numero sempre più decrescente. Detto che lo spopolamento per i comuni della costa o quelli collinari non è un fenomeno allarmistico in quanto l’emigrazione è stabile e controllata, vediamo come reagiscono i comuni montani di cui abbiamo riportato i dati, ma anche altri come
Canna o Cerchiara di Calabria, Oriolo, Plataci o Montegiordano, reagiscono e si attivano per tenere sotto controllo lo spopolamento urbano. Tutti i comuni, indistintamente, hanno investito sul patrimonio storico ed architettonico dei centri storici, rendendoli vivibili e particolarmente suggestivi per i turisti ed i visitatori occasionali. Ad
Oriolo è il castello medievale dei Pignone del Carretto e la chiesa madre di San Giorgio Martire ad attirare i visitatori, mentre l’antico borgo, forse uno dei più belli della Calabria, avrebbe bisogno di solidi investimenti di recupero urbano. Ad
Amendolara ed a
Villapiana si è investito tanto sul recupero dei centri storici e lo stesso si può dire di
Roseto Capo Spulico, Canna, Trebisacce, Francavilla Marittima, Alessandria del Carretto e Cerchiara. A
San Lorenzo Bellizzi è stato edificato un nuovo quartiere ma il centro storico, fatto di casette in pietra a faccia vista, mantiene tutto il suo fascino per i visitatori che vi giungono per ammirare la “Timpa”. E non si può certo dire che non si organizzino eventi capaci di portare turismo e fare apprezzare i centri storici cittadini, ma anche enogastronomia locale, fatta di cibi semplici e poveri e, forse per questo, particolarmente ricercati. A San Lorenzo da due anni si organizza l’evento “Sui sentieri dei Briganti” che porta gente sul Pollino per tre giorni e tre notti in cui, durante i bivacchi, si racconta la storia vera dei Briganti calabresi. Ad
Alessandria del Carretto, ad agosto, è “Radicazioni” l’evento cult che fa giungere nel paese più alto del Pollino con i suoi mille metri d’altitudine, oltre 10 mila persone per tre giorni di festa, dibattiti, teatro e musica popolare. Serve anche questo o la Festa della Pita (dell’Abete) a Parigi nella lista dei beni immateriali dell’Unesco, per evitare che Alessandria o gli altri comuni montani diventino paesi fantasma. Insomma, è questa, insieme allo sviluppo della ricettività diffusa nei centri storici, la strada da continuare a perseguire in termini di riqualificazione, turismo e sviluppo sostenibili.