I silenti tumuli di Thurii: il libro che riscrive la mappa archeologica della Sibaritide
Quindici anni di ricerche d’archivio, fonti inedite e documenti dimenticati restituiscono una verità scomoda e affascinante: la necropoli thurina non è da cercare, è già stata trovata. Ecco l'ultima opera dell'archeologa Rossella Schiavonea Scavello
CORIGLIANO-ROSSANO - Ecco un libro che ha l'ambizione di mettere in discussione la narrazione stratificata del territorio della Sibaritide e di farlo non su teorie diverse, non provate, su "complotti" - per come direbbe qualcuno - ma semplicemente mettendo insieme l'uno dietro l'altro dati scientifici, scoperte, evidenze scoperte e... dimenticate. I silenti tumuli di Thurii, in pubblicazione per Publigrafic di Cotronei, appartiene senza esitazioni a questa categoria di libri. È un’opera monumentale, per ampiezza e metodo, firmata dall’archeologa Rossella Schiavonea Scavello, che dopo quindici anni di lavoro paziente e rigoroso consegna alla comunità scientifica – e al territorio – una nuova chiave di lettura della Piana di Sibari.
Il volume muove i primi passi nel 2010, quando l’autrice avvia una sistematica raccolta di materiale d’archivio di prima mano: carte ministeriali, corrispondenze ottocentesche, letteratura odeporica, bibliografia scientifica, fotografie aeree a partire dal 1943. Un corpus imponente che, nel tempo, ha trasformato un progetto inizialmente focalizzato sulla riscoperta dei Tumuli di Thurii in una ricostruzione complessiva delle ricerche condotte per riportare alla luce le vestigia dell’antica Sibari.
Il punto di svolta storico è il 23 marzo 1879. È il giorno in cui l’ingegnere Francesco Saverio Cavallari, allora Direttore delle Antichità in Sicilia, apre la sepoltura del cosiddetto Timpone Grande (nell'agro di San Nico oggi Corigliano-Rossano) e si trova davanti a colline artificiali che riconosce immediatamente come tumuli funerari monumentali. Quelle intuizioni, annotate e confermate negli archivi, trovano oggi una sistemazione organica che restituisce il senso e la portata di quella che può essere considerata una delle più grandi scoperte archeologiche dell’Italia meridionale, per densità e rilevanza.
Le oltre quattrocento pagine del volume documentano, con dovizia di particolari, tutti i rinvenimenti avvenuti sulla destra del Crati: una sequenza impressionante di tumuli, tombe, laminette orfiche d’oro – la più alta concentrazione nota nel mondo antico – e siti spesso segnalati, talvolta depredati, altre volte nuovamente sepolti dal tempo, dall’agricoltura e dall’oblio. È un’archeologia senza nuovi scavi, ma non per questo meno rivelatrice: un’archeologia delle fonti, dei paesaggi perduti, delle paludi e della malaria, dell’alterazione progressiva dei dati archeologici.
Il cuore scientifico dell’opera sta in una tesi tanto semplice quanto dirompente: l’unica necropoli finora individuata con certezza, quella di Thurii, non ha bisogno di essere cercata altrove. È già lì, localizzata nel cosiddetto Triangolo d’Oro tra Cantinella, San Nico e Favella della Corte. E se la necropoli è stata identificata, allora la città non può essere lontana. Nel mondo antico, infatti, i sepolcreti sorgevano appena oltre le mura urbane, lungo le principali vie di accesso. Un principio urbanistico che, applicato alla Piana di Sibari, ridisegna completamente la geografia delle ipotesi finora avanzate.
Ad arricchire il volume, un apparato iconografico vastissimo, in gran parte inedito, che accompagna il lettore in un viaggio tra mappe storiche, fotografie aeree, documenti d’epoca e ricostruzioni del paesaggio agrario. Ne emerge un racconto stratificato, dove la grande storia dell’archeologia si intreccia con le vicende amministrative, le intuizioni dei pionieri, gli errori, le omissioni e le occasioni mancate.
I silenti tumuli di Thurii non è solo un libro di archeologia. È un atto di consapevolezza territoriale. Un’opera che restituisce voce a colline mute da oltre un secolo e che, dati alla mano, invita a guardare la Sibaritide non come un enigma irrisolto, ma come un patrimonio già rivelato, in attesa di essere finalmente riconosciuto.