Ripartono gli scavi a Sibari: nuovi saggi per svelare l’anima millenaria della grande colonia greca
Nel Parco del Cavallo riprendono le indagini archeologiche. Un passo fondamentale per la ricerca, mentre resta aperto il tema della sicurezza idraulica dell’area

SIBARI (CASSANO JONIO) – Si torna a scavare nel cuore del Parco archeologico di Sibari, tra le pieghe della città che fu Sybaris, Thurii e Copiae: tre volti di una sola identità straordinaria, stratificata in oltre 2.700 anni di storia. È quanto si apprende da una nota social dei Parchi archeologici di Crotone e Sibari.
Mentre proseguono le attività al santuario di Hera Lacinia di Capo Colonna, un nuovo cantiere è stato avviato nel Parco del Cavallo, dove l’archeologia torna a interrogare la terra. Il primo saggio si apre nell’area dell’emiciclo-teatro, una struttura affascinante in cui convivono tracce arcaiche e trasformazioni repubblicane e imperiali. Il secondo sarà poco più a sud, in un’area che molti studiosi indicano come possibile agorà dell’antica Sybaris.
È qui, tra pavimenti in cocciopesto, colonne mutilate e falde d’acqua che affiorano a pochi centimetri dal suolo, che oggi si scrive una nuova pagina della ricerca scientifica. L’obiettivo è chiaro: ricostruire le fasi arcaiche e l’evoluzione urbanistica di una delle colonie greche più potenti e misteriose del Mediterraneo.
Una ripartenza attesa, salutata con entusiasmo da studiosi e comunità culturali, che potrebbe restituire nuove chiavi di lettura sulla grandezza, ma soprattutto sull’estensione della città. Perché Sybaris non fu solo splendore: fu urbanistica, ingegneria, sistema. E, crediamo, che una città con una cinta muraria di 9km e di 300mila abitanti - così come narrano le fonti storiche dell'epoca da Diodoro Siculo a Strabone - anche se sparsi in più villaggi contermini, non possa esaursi nei soli 25 ettari di Parco del Cavallo.
Insomma, un patrimonio che va studiato, ma anche protetto in ogni suo angolo. Ed è qui che emerge, con naturale discrezione, una riflessione doverosa: mentre la ricerca archeologica compie un passo avanti decisivo, resta da augurarsi che parallelamente si possa procedere con la stessa prontezza sul fronte del reggimento idraulico dell’area.
Gli interventi sul Crati sono in corso (partiti appena qualche giorno fa dopo anni di attesa), ma la messa in sicurezza definitiva degli argini che compongono la lunga foce, soprattutto a valle di Apollinara, è ancora attesa. E con la stagione delle piogge alle porte – come già testimoniato dalle precipitazioni degli ultimi giorni – la memoria delle alluvioni del passato impone prudenza e visione.
Oggi Sibari torna a parlare attraverso la terra. Ora spetta alle istituzioni fare in modo che quella voce non venga più interrotta dall’acqua.