Gli intellettuali di Rossano riuniti per ricordare il proprio impegno culturale
La reunion è stata un'occasione per ripercorrere l'opera di divulgazione e di promozione della cultura portata avanti dalla tipografia di Gino Zangaro fin dagli anni '70
CORIGLIANO-ROSSANO - Fin da piccolo ho apprezzato molto l’attività tipografica. A farmi innamorare di questa nobile arte è stato il professore Arcuri quando frequentavo le scuole elementari di San Domenico.
Non ero alunno della sua classe, ma quando la nostra maestra era assente e ci dividevano nelle classi vicine, in una occasione mi sono trovato ad assistere ad una attività di stampa, una tipografia in miniatura, fatta di caratteri mobili, messi insieme nel compositoio, impregnati di inchiostro, che davano vita ad un foglio stampato riproducibile più volte. Che bello, pensavo tra me e me ed invidiamo i ragazzi del professore Arcuri.
Crescendo, come tutti i ragazzi degli anni 60/70, d’estate non potevo restare a bighellonare senza avere nulla da fare; i miei mi dissero di trovarmi un posto dove andare a bottega. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto, scelsi di andare a bottega in una tipografia. A Rossano in quegli anni c’erano tre tipografie: la “Nuova Rossano” dei fratelli Stefano e Sisto Rizzo, dove si stampava il famoso giornale locale, quella del signor Ottavio Graziano e quella del “contino Mangone” in piazza Duomo. Scelsi quest’ultima e chiesi ai miei di farmi la “mmasciata”.
Il “contino” accettò di buon grado, anche se aveva già diversi lavoratori. Ancora oggi non capisco come si faceva a lavorare in sei o sette in un piccolo spazio. All’inizio ero il ragazzo che si recava a consegnare i piccoli lavori ed a portare la spesa a casa del titolare; poi col tempo sono passato a fare i primi lavoretti e poi anche quelli più complessi. La “paga” nel frattempo era aumentata. Da duecento lire iniziali era passata a cinquecento lire settimanali, straordinari esclusi. Cosa erano gli straordinari?
All’epoca i manifesti funebri si stampavano in tipografia e quando succedeva un triste evento fuori orario di lavoro, di domenica o di notte, venivo chiamato ed erano altre cinquecento lire, la paga di una settimana intera. Agli inizi degli anni ’70 una nuova tipografia si affacciava nel panorama rossanese; a darle vita era un giovane che aveva lavorato a Cosenza presso una rinomata casa editrice. Quell’attività mi piaceva e chiesi di poter lavorare con lui. La risposta fu negativa perché era ancora agli inizi ed aveva già un lavorante, colui che poi sarebbe diventato il mio amico Carmine Falbo. Penso si sia capito che si trattava del nostro Gino Zangaro, che poi scoprii era lontano parente di colei che nel frattempo era diventata mia moglie.
Tornando ai motivi perché ci troviamo qui questa sera, posso dire che è stato proprio grazie alla frequentazione della Grafosud, che nel frattempo era cresciuta e si era modernizzata, continuamente frequentata da persone di grande cultura, che ho imparato a scrivere un pochino meglio. Sabato scorso a Paludi abbiamo ricordato una grande persona che frequentava spesso la tipografia, Pier Emilio Acri; persona di grande cultura e di grande cuore. Quando Gino mi chiese di scrivere di sport sulla “Voce”, era Pier Emilio a correggere i miei pezzi ed a tagliare i paragrafi inutili per rendere tutto scorrevole e comprensibile. Abituato a parlare in pubblico per via della mia attività sindacale e per una trasmissione nella televisione locale, all’inizio non mi rendevo conto che una cosa è il parlare, un’altra lo scrivere; me ne sono reso conto in quella fase di frequentazione della tipografia.
In qualsiasi posto del mondo si può crescere culturalmente, ma in una tipografia si cresce più facilmente; ci vuole però un imprenditore “illuminato”, uno che non bada solo ad arricchirsi, ma anche a mettere a disposizione della città la sua opera e Gino Zangaro questo lo ha fatto benissimo ed ora anche Pino e Gianni ne seguono le orme. Personalmente mi sento di doverli ringraziare, ma penso che anche la città tutta dovrebbe farlo. Grazie davvero.