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L’ardore e l’azione del rossanese Saverio Toscano Mandatoriccio

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In Calabria, le prime avvisaglie furono le insurrezioni di Reggio e Messina avvenute nei primi due giorni di settembre 1847; a questi eventi seguì il comportamento di importanti esponenti della rappresentanza calabrese presente a Napoli, che non omise di attivarsi per formare alla rivolta le popolazioni del Meridione e organizzare l’insurrezione.

Tra i rossanesi troviamo insieme Domenico Palopoli e appunto Saverio Toscano Mandatoriccio: figure di spicco e promotori dell’azione sovversiva, che riuscirono a sottrarsi all’arresto a seguito di una violenta repressione avviata dal Governo borbonico, che condusse alla cattura di gran parte del comitato rivoluzionario.

La repressione e lo smantellamento di buona parte degli organizzatori si rivelò un brutto colpo per gli aneliti di libertà e di cambiamento, ma dopo i primi lampi, in cui la repressione sembrava ottenere i frutti sperati, le formazioni liberali attraverso continue manifestazioni inneggianti al rinnovamento, riuscirono a dare una spallata al regime monarchico borbonico convincendo re Ferdinando II in qualche modo alla pubblicazione del Decreto costituzionale.

Non va, peraltro, trascurato di sottolineare come l’iniziale tentativo di sovversione si era andato via via correggendo, dal momento che ai primi moti isolati e disordinati ne erano subentrati altri più vigorosi, efficaci e diffusi, che consentirono il raggiungimento di alcuni vantaggiosi risultati. Le stesse ribellioni, inoltre, chiarivano come il fervore e l’azione delle società segrete risorgimentali che si andavano formando, insieme alle tante persone di talento, tra cui Saverio Toscano Mandatoriccio, con le loro iniziative e il loro comportamento erano riuscite a formare non solo l’intelligenza, ma anche il cuore.

Intense furono le relazioni tenute da Saverio con Raffaele Mauro ideatore, secondo quanto riportato dagli storici, di un piano mirato ad uccidere il re. Per tali motivi Saverio Toscano Mandatoriccio fu poi perseguitato e rincorso ovunque per assicurarne la cattura. Importante fu il suo contributo alla organizzazione della Guardia Nazionale nelle diverse provincie.

Nel frattempo, la rivoluzione, repressa a Napoli, si infuocò nel resto delle diverse provincie del regno ed in particolar modo in Calabria. Molti furono gli episodi che videro Saverio e Gaetano, figli di una delle antiche famiglie borghesi di Rossano con notevoli tradizioni liberal-democratiche, in prima fila nel corso della rivoluzione napoletana schierarsi politicamente dalla parte dei rivoluzionari anti-borbonici, e partecipare attivamente ai moti del 1848 e al Risorgimento Italiano.

Saverio col grado di capitano a capo di 1000 uomini da lui stesso reclutati lo troviamo a Campotenese. In relazione alla circostanza così scriveva il Mordenti: «[…] Saverio Toscano allora, capitanando una compagnia di volontari suoi compaesani e che egli aveva assoldato coi propri danari, se ne andò con quella alla volta di Cosenza, donde poi retrocedeva insieme alle altri falangi rivoluzionarie, per andare all’accampamento di Campotenese.

Ivi ebbe ordine di vegliare un passo importante per il quale le milizie borboniche comandate dal generale Lanza sarebbero potute riuscire a circondare l’accampamento dei rivoluzionari. Doveva seguirlo in quell’impresa il suo fratello Gaetano, ardentissimo patriotta come Saverio; ma quando stava per partire, nell’abbracciare l’altro fratello Giuseppe cagionevole di salute, questi provò tanto dispiacere nel distaccarsi da lui e da Saverio che ne ammalò gravemente; quindi Saverio era partito solo. […] Appena che la salute di Giuseppe andò migliorando, furono inutili le preghiere che fecero tutti i suoi parenti a Gaetano per indurlo a rimanersene a casa; volle ad ogni costo seguire suo fratello Saverio: ed assoldata anche lui a proprie spese una compagnia si diresse alla volta di Campotenese. Giunto nelle vicinanze di Castrovillari, poiché da quella parte il nemico aveva chiuso il passo, Gaetano fu costretto a fermarsi al campo di Spezzano Albanese, dove si trovavano già cinquecento volontari siciliani. […] Non avendo l’insurrezione potuto prender piede nella Calabria Citeriore ed essendo già stata soffocata a Napoli, parecchi volontari si diressero alla volta di Sicilia ove ancora i liberali tenevano spiegata la loro bandiera»3.

Da tale compromessa situazione ebbero inizio le numerose peripezie di molti insurrezionalisti. Dei diversi partecipanti a quell’esperienza molti fecero ritorno ai paesi di origine, mentre altri furono in qualche modo costretti a scegliere l’esilio. Non mancarono quelli che cadendo nelle mani del nemico vennero assicurati alla giustizia e rinchiusi in carcere.

Saverio e Gaetano Toscano Mandatoriccio, invece, dopo varie vicissitudini, scamparono alla giustizia rifugiandosi oltre confine a Marsiglia. Insieme ai due fratelli Toscano Mandatoriccio altri rossanesi riuscirono a nascondersi sfuggendo alla cattura fra cui Luigi Minnicelli e Domenico Palopoli la cui ritirata fu densa di rischi e disavventure.

Dopo il 4 febbraio dei 1853, si riuniva la Gran Corte per giudicare in contumacia i diversi rivoltosi fra cui i rossanesi Domenico Palopoli e Antonio Morici insieme ai fratelli Saverio e Gaetano Toscano Mandatoriccio.

Il processo si concludeva – secondo quanto riportato dal Gradilone – con la contestazione “del reato di attentato ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo” con l’aggravante per Saverio Toscano Mandatoriccio “di aver fatto parte di banda armata organizzata nello stesso fine ed esercitato nella medesima funzione di comando”.

La condanna fu pesante, la pena di morte per Saverio Toscano Mandatoriccio, trent’anni di carcere per Domenico Palopoli e venticinque per Antonio Morici e Gaetano Toscano Mandatoriccio.

Gli stessi, dopo non molto tempo e varie peripezie, fecero ritorno in patria. Saverio e Gaetano, espropriati dei beni e costretti all’esilio, si fermarono a Firenze mentre il Palopoli si trasferì in Francia, a Parigi e Antonio Morici si sistemò oltre la Manica a Londra.

Frattanto, in Liguria erano frenetici i preparativi per la spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi allestita per liberare la Sicilia e il Regno di Napoli. Aderirono al disegno perché parteciparvi era nel cuore sia di Gaetano sia di Saverio, considerato quanto si erano prodigati nei moti rivoluzionari del 1848. Purtroppo le precarie condizioni di salute di Saverio ne impedirono la partecipazione, non solo a lui ma anche al fratello Gaetano costretto per la circostanza a curarlo.

Il loro ritorno a Rossano avvenne in seguito nel 1860. L’unico rossanese a far parte della spedizione dei Mille, in rappresentanza di Saverio e Gaetano, guidata da Giuseppe Garibaldi, fu poi Luigi Minnicelli, sempre vicino ai fratelli Toscano-Mandatoriccio accompagnandone nel bene e nel male come amico fidato anche il loro destino. Ma non era tutto qui, la situazione era diventata difficile. Per avere un’idea del clima che si era venuto a creare, si sottolinea come il regno del Borbone, non avendo potuto assicurare alla giustizia i liberali, perché riusciti a mettersi in salvo, iniziò a perseguitare i familiari. Conferma ci viene ancora dalla narrazione del Mordenti che al riguardo annotava: «[…] Tutti i momenti gli sgherri del Borbone perquisivano le case dei liberali ed erano costantemente sorvegliati e spiati i parenti di essi. La famiglia Toscano, dal 49 fino a che il Borbone non fu precipitato dal suo trono, non ebbe più un momento di pace. Quel barbaro Re, dopo aver condannato a morte Saverio, dopo averlo fatto dichiarare nemico pubblico, e dopo di avere condannato Gaetano suo fratello a 25 anni di ferri, tormentava per giunta con perquisizioni e molestie continue il loro fratello Giuseppe e tutta la famiglia»4.

La cronaca della storia di quei giorni si può leggere anche attraverso le pagine del volume: Rossano Storia Cultura Economia dal quale ho estrapolato i seguenti passaggi e note riguardanti la figura di Saverio: «[…] Dopo pochi giorni Toscano e Palopoli entrarono in Rossano, acclamati in piazza Steri da buona parte della popolazione. Venne sostituito il capo delle Guardie Urbane che aveva operato indagini e arresti nella repressione di settembre, venne formata la Guardia Nazionale alla cui guida fu chiamato il Toscano (119). Nacque un Club rivoluzionario di amici della costituzione, che si riuniva nella casa del Toscano e a cui aderivano persone di diverso sentire politico. Molti di loro esprimevano per la prima volta liberamente e per iscritto i propri progetti innovatori. […]

A Rossano, dove elementi di ordine controllavano l’amministrazione decurionale, venne costituita una commissione di «probi cittadini» col compito di controllare l’operato della Guardia Nazionale, la cui guida veniva giudicata troppo estremista. Politicamente indebolito, il Toscano il 13 maggio dovette rinunciare alla carica, che passò sotto il controllo del partito avversario (124). […]

E tuttavia era ancora la politica al centro della vita cittadina. Angosce suscitava, nelle famiglie, la scelta di tanti giovani rossanesi, appartenenti al partito democratico che, superata la prospettiva della monarchia borbonica, si erano ormai impegnati con esiti talora drammatici, nella vicenda nazionale unitaria. Due di essi, Gennaro Tocci e Raffaele Cortese, furono tra i Trecento che persero la vita nel drammatico tentativo di Carlo Pisacane; un altro Luigi Minnicelli, di modestissime origini e famiglia di Saverio Toscano, fu tra i Mille che con Garibaldi conquistarono il Regno (148). […] L’orientamento politico del comitato rossanese era radicale, ma non mancava, come nel 1848, la presenza di esponenti di una linea più moderata. Allorché si dovettero indicare i nomi dei possibili candidati alle elezioni per un parlamento borbonico che non sarebbe mai stato eletto, furono segnalati, per il distretto di Rossano, Carlo Morgia, Saverio Toscano e Domenico Palopoli. (160) […]»5.

Questi alcuni dei punti salienti che caratterizzarono la vita di Saverio Toscano Mandatoriccio. Come si è potuto riscontrare, Saverio si trovò emotivamente ma consapevolmente coinvolto nelle spinte insurrezionali, spesso soffocate nel sangue, per cui subì la persecuzione, insieme al fratello Gaetano e agli altri sobillatori da parte del Governo borbonico. Tale situazione lo portò a rinunciare alle comodità del suo status e della sua casa ed accettare, invece, una vita da ramingo per cercare di sfuggire alla cattura.

Nel 1860 capitolata la casa regnante borbonica i due fratelli Toscano ritornarono a Rossano presso la loro famiglia dove continuarono a offrire il loro contributo nel sociale e al servizio della città. Mentre Gaetano, come si è detto, diventava deputato al Parlamento, invece, Saverio nel 1866 lo troviamo impegnato con il grado di Maggiore nel Corpo della Guardia Nazionale, nel corso della repressione fatta al brigantaggio, e nella quale, qualche anno dopo, nel 1868, ebbe anche funzioni di comando dimostrando sul campo la sua autorità e la sua intelligenza, doti che contribuirono efficacemente a debellare quel fenomeno che era, purtroppo, divenuto un cancro sociale.

In tale periodo l’ordine pubblico era fortemente molestato e preoccupato dal dilagare del brigantaggio. Molti briganti provenienti dai paesi dell’hinterland di Cosenza fissarono le loro postazioni nelle boscaglie dei rilievi montuosi della Sila e della Presila da dove poi irrompevano con le loro scorribande mirate a colpire soprattutto benestanti possidenti e case isolate.

Per tale motivo, in molte località dove il fenomeno era diventato cruento si diede corso alla formazione di drappelli di Guardie Urbane funzionanti a livello distrettuale, ai quali si associarono volutamente anche abitanti del luogo. In una delle squadriglie distrettuali per Rossano ritroviamo anche Saverio Toscano Mandatoriccio che continuò il suo impegno per la comunità e la sua opera di rinnovamento fino agli ultimi giorni della sua vita, quando la morte lo prese con sè il 30 aprile dell’anno 1880.

La città di Rossano, come ringraziamento, il 20 settembre 1911, dopo un corteo per le vie della città, alla presenza del Sindaco del tempo e di numerose autorità commemorava Saverio insieme agli altri patrioti del 1848 con una lapide di marmo, ancora oggi visibile applicata alla parete d’ingresso del vecchio Municipio di Palazzo S. Bernardino, su cui è incisa la seguente iscrizione:

«Il XX settembre data sacrata alla civiltà che la ragione umana fra gli olocausti stillanti sangue d’eroi poneva sede nella terza Roma. Rossano qui evoca con affetto di madre Saverio e Gaetano Toscano, Domenico Palopoli, Antonio Morici, Luigi Minnicelli che arditi cospiratori contro obbrobriosi governi forti combattenti per gl’ideali di libertà a se dischiusero la via della forca del carcere e dell’esilio e scolpisce nel marmo i nomi gloriosi perché ara sacra ai suoi figli di fiere ombre sdegnate contro ingiustizia e tirannide gli animi accenda agl’ideali di rivoluzione redentrice dell’umanità”. (XX settembre MCMXI)».

 

Bibliografia

3 F. MORDENTI, Saverio dei Baroni Toscano-Mandatoriccio. Cenni storici e biografici, Tipografia della Camera dei Deputati, Roma 1883, pp. 11-14.

4 F. MORDENTI, Saverio dei Baroni Toscano-Mandatoriccio. Cenni storici e biografici, Tipografia della Camera dei Deputati, Roma 1883, p. 19.

5 192 R. SICILIA, P. M. TROTTA, Dalla riforma del cardinale Ruffo alla prima Guerra Mondiale 8. Il 1848, pp. 151, 152; 9. Modernizzazione economica e arretratezza politica, p. 155; 10. La crisi dell’unificazione, p. 156 in Rossano, Storia…, cit. p. 24. [(119) ASCS, Processi politici ..., (124) ASCS, Processi politici..., (148) Sulla partecipazione alla spedizione del Pisacane e su Luigi Minnicelli, cfr. A. Gradilone, Storia …cit. pp. 785 e 794. Nel corso dell’impresa garibaldina si arruolarono tra le camice rosse Giuseppe Amantea. Antonio Berlingeri, Raffaele Pietro Casciaro, Antonio Morici, Domenico Ripoli e Cesare Rizzo Corallo. Cfr. L. Renzo, Viaggio nella storia di Rossano, Studio Zeta, Rossano 1998, p. 89, (160) Cfr. G. Cingari, Problemi…, cit., pp. 183-4, n.4. La linea di distinzione tra radicali e moderati era squisitamente politica; essa riguardava l’opportunità di un’insurrezione armata prima dell’arrivo delle truppe di Garibaldi. (134) La sentenza di condanna nei confronti dei rivoluzionari rossanesi, emessa il 4 febbraio 1853, prevedeva la condanna a morte in contumacia di Saverio Toscano, 30 anni di ferri a Domenico Palopoli, 25 anni per Antonio Morici e Gaetano Toscano tutti condannati (cfr. ASCS, Processi politici, b. 85, fasc. 659; G. Valente, Il 1848 in Calabria Citra, in «Calabria Nobilissima», Quaderno n. 1, a cura dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Cosenza, s.d., p. 28)].

 

(per leggere la prima parte della biografia intitolata “Saverio Toscano Mandatoriccio, illustre rossanese protagonista della Rivoluzione del 1848” clicca qui)

 

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica