Il Giorno della memoria: Il coriglianese Luigi Algieri e la sua esperienza nei lager tedeschi
C’era gente che non mangiava da giorni. Vedevi esseri umani trattati peggio delle bestie
CORIGLIANO-ROSSANO - Sono passati poco più di vent'anni, era il 20 luglio del 2000, da quella legge che ha istituito il Giorno della Memoria dedicato al ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti. E, tutte le volte, in occasione delle cerimonie in ricordo di quel tremendo periodo storico, ci accostiamo al tema della Memoria con inevitabile commozione e turbamento. Il ricordo di Auschwitz, la memoria dei sopravvissuti, rappresenta tutto l'orrore e la determinata follia del totalitarismo razzista.
È stato un periodo dove l'inimmaginabile era diventato visione di supremazia e di sterminio, con la costruzione di spaventose strategie di morte. Tutto questo realizzato nel cuore della civile ed evoluta Europa. Nonostante fosse un secolo che pure si era aperto con la speranza nel progresso, nella pace e nella giustizia sociale e con la fiducia nella scienza, nella tecnica e nelle istituzioni della democrazia. I totalitarismi della prima metà del Novecento- e le ideologie che li hanno ispirati - hanno arrestato quella ruota dello sviluppo della civiltà, facendo precipitare nel buio fitto della barbarie, in una dimensione di terrore e di sangue. Ricordare e far ricordare a tutti il sacrificio di milioni di vittime innocenti - ebrei in maggior parte, ma anche rom e sinti, omosessuali , oppositori politici , disabili - rappresenta dunque un dovere di umanità e di civiltà, che facciamo nostro ogni volta con dolorosa partecipazione. Il fascismo, il nazismo, il razzismo, quei sentimenti di supremazia non furono eventi nati per caso. Furono invece il prodotto di pulsioni, di correnti manipolative e di atteggiamenti che affondano le radici nei decenni e, persino, nei secoli precedenti. Una visione che alimentava la propria ideologia nella distorsione della storia. Ma le parole, specialmente se sono di odio, non restano a lungo senza conseguenze. Ancora oggi - pur nella diversità del contesto - sono numerose le parole d'odio diffuse e i bersagli individuati per motivi di religione, origine, orientamento o semplicemente perché percepiti come diversi. Dobbiamo ricordare che il germe della sopraffazione e dell'odio si diffonde, spesso in modo silente, dobbiamo quindi contra starlo con la cultura del rispetto e della diversità. «Se non saremo sempre vigili, attenti, informati, solidali e attivi, il passato potrebbe accadere ancora e ridiventare futuro». Così la senatrice, Liliana Segre, che la shoah ha vissuto sulla propria pelle, sottolinea l’importanza ed il significato della “Giornata della memoria” che si celebrerà in tutto il mondo venerdì prossimo 27 gennaio.
Tantissimi italiani rimasero vittima della follia nazifascista e furono internati nei lager allestiti in Germania e in Polonia dai tedeschi di Hitler, molti non fecero più ritorno a casa, altri, invece, vi riuscirono come il coriglianese Luigi Algieri. Algieri fino al 2019, anno della sua dipartita, era fiero di poter raccontare la sua triste esperienza nei campi di sterminio di Auschwitz e Bochum ai tanti studenti che lui andava ad incontrare, e non solo, perché Luigi Algieri era sempre presente alle celebrazioni del “IV Novembre”.
Sulla triste esperienza di prigioniero di guerra di Algieri, il prof. Salvatore Arena (giornalista, insegnante e scrittore coriglianese) nel 2015 ha pubblicato il libro “Luigi Algieri uscito vivo dai lager nazisti”. Nel 2018 in occasione della celebrazione del “IV Novembre” incontrammo Algieri e con lui abbiamo parlato di quella sua triste esperienza nel corso della seconda guerra mondiale, e non solo. «L’orrore di quei giorni – ci disse Luigi Algieri – è sempre fisso nei miei occhi. Quelle atrocità non si possono dimenticare. Ci furono momenti – confessò l’artigliere dell’Esercito e Medaglia D’Onore – durante i quali ho temuto per la mia vita, anche se non avevo paura». Poi irrimediabilmente il ricordo va a quei bambini morti ad Aushwitz: «Ma cosa avevano potuto fare quelle vittime innocenti ? – ci raccontò con le lacrime agli occhi – Di cosa si erano potuti macchiare quei bambini? Ecco dov’era l’insensatezza e la furia cieca di quei nazisti. Nel loro fare quotidiano c’era solo vendetta e sopraffazione. Nulla di quello che avveniva in quei posti era sensato, tutto era illogico, e terribilmente amaro».
Luigi Algieri ci raccontò anche della fame a cui erano costretti i prigionieri dei lager: «C’era gente – ci disse – che non mangiava da giorni. Vedevi esseri umani trattati peggio delle bestie. Scheletri che vagavano in quegli enormi stanzoni, che non solo chiedevano un tozzo di pane, ma cercavano di ripararsi del freddo gelido». Dopo tanti anni di silenzio, poi Algieri decise di raccontare questa sua triste e cupa esperienza, soprattutto ai ragazzi delle scuole: «Lo ritengo un dovere morale – affermò Algieri – perché le giovani generazioni devono sapere che cosa è la guerra. Che ferite infligge alle popolazioni che la subiscono: drammi, lutti, fame, distruzione. Sono queste cose che io racconto ai ragazzi delle scuole, per non dimenticare e per affermare con sempre maggiore forza mai più guerre».