Il Circolo culturale rossanese si cimenta in una nuova avventura: la riscoperta del dialetto
Interessante incontro nei giorni scorsi nella sede di piazza Steri alla presenza, tra gli altri, di Martino Rizzo e di Gennaro Mercogliano. Una curiosità su tutte: «Il dialetto non ha parole tronche». Sembra strano ma è così. Ecco perché
CORIGLIANO-ROSSANO - Il prossimo martedì 17 gennaio 2023 torna l’appuntamento con la “Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali”, istituita dall’Unpli - Unione nazionale delle Pro Loco per sensibilizzare istituzioni e comunità locali sull’importanza di tutelare questi patrimoni culturali, materiali e immateriali che siano.
Già da tempo il nostro territorio è sensibile al recupero dei propri dialetti e non mancano appuntamenti e manifestazioni per valorizzarli.
Nei giorni scorsi una importante iniziativa è stata organizzata dall’instancabile Tonino Guarasci, presidente del Circolo Culturale Rossanese, alla presenza di un folto ed attento pubblico, dal titolo "Il dialetto rossanese - un patrimonio da non disperdere con cenni di dialettologia”.
Ne hanno parlato Martino Rizzo, curatore del sito internet Antica Biblioteca Corigliano Rossano e Gennaro Mercogliano, presidente dell’Università Popolare Rossanese, mentre Ermanno Marino ha declamato alcune sue poesie in vernacolo.
Interessante l’introduzione di Martino Rizzo, che sebbene abbia dichiarato di non aver studiato dialettologia, sente il dialetto rossanese come la sua lingua principale sebbene viva a Firenze da circa quaranta anni. Ha avuto però grandi e profonde radici; il suo caro papà, Mario Rizzo è stato autore di molti libri di storia e microstoria locale, oltre che di un prezioso vocabolario rossanese – italiano che Martino ha voluto ristampare e distribuire gratuitamente ai presenti al termine della serata.
La relazione del preside Mercogliano è stata appassionante ed ha tenuto i presenti attenti a tutte le nozioni rappresentate, non trascurando spesso l’etimologia delle parole ma principalmente la correttezza nella scrittura. Esistono alcune parole che sembrano simili a quelle in italiano, una per tutte la parolina “tre”; detta in italiano si pronuncia in un modo, detta in dialetto rossanese si pronuncia in un altro modo. Sono stati portati altri esempi, ma la curiosità maggiore è stata nell’apprendere che la scrittura in dialetto non ha mai parole tronche, come potrebbe sembrare, però non ha neppure finali con le vocali classiche. Ed allora esiste una vocale “muta”, che non ha suono ma indica che la parola non è tronca. Si tratta della scevà (adattamento italiano di Schwa, trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā) ed è rappresentata con una Ə (una e capovolta).
Non sono mancate le domande al relatore che con pazienza ha spiegato tutte le accezioni ed eccezioni dei vari termini.
Dense di significato le poesie di Ermanno Marino che ha fatto sorridere e riflettere i tanti presenti alla serata.
Le note del mandolino e della chitarra di Pino Salerno hanno accompagnato la bella serata dedicata al dialetto, mentre il presidente Tonino Guarasci ha dato appuntamento alle tante manifestazioni culturali che il Circolo sta organizzando per il prossimo futuro.