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Domenico Morici, figlio di Rossano riformista e liberale

4 minuti di lettura

Rovistando in alcuni scritti riguar­danti l’indimenticabile e catastrofico terremoto di Rossano del 1836, inclu­denti anche alcuni riferimenti circa l’i­nizio dei lavori di alcune opere pubbli­che della città tra cui quella relativa alla realizzazione dell’acquedotto comunale, un’opera tanto auspicata dalla comuni­tà sin dai primi anni del XIX secolo, nel corso della lettura la mia attenzione fu richiamata dal nome del progettista, Do­menico Morici, di professione architetto.

Incuriosito dal cognome, peraltro, già a me noto per averne trattato in altra oc­casione, ma con riferimento ad Antonio Morici, noto esponente a Rossano, insie­me ai fratelli Saverio e Gaetano Toscano Mandatoriccio, del Comitato a favore della rivoluzione liberale e repubblica­na del 1848, decisi di approfondirne gli aspetti biografici e comprenderne eventuali relazioni.

Secondo fonti storiche accreditate, tra cui quelle di Fa­bio Zavalloni nel Dizionario Biografico degli Italiani curato dalla Treccani, i Morici arrivarono a Rossano, nel secondo decennio del XVIII secolo, pro­venienti dalla Spagna1, città nella quale Domenico Morici nacque il 13 feb­braio 1773 da Giuseppe, medico, filosofo, naturalista e da Margherita Russo.

Opinione diversa, sull’anno di nascita, emerge dagli scritti del Gradilone, secondo il quale Morici era nato a Rossano il 1768.

La stima, il credito e la fiducia verso la sua persona gli hanno riservato anche un significativo spazio, come già si faceva cenno, nel Dizionario della Treccani, a firma dello stesso Zavalloni, il quale in un breve passag­gio, annota che «compiuti gli studi inferiori nella città natale, visse una brevissima esperienza nell’esercito del regno di Napoli, militando con il grado di caporale in un reggimento di stanza a Salerno. In seguito, spro­nato dai pressanti ammonimenti paterni, si recò a Napoli per intrapren­dere gli studi universitari, portati a termine nel 1798 con il conseguimen­to della laurea in ingegneria e architettura»2.

Congiuntamente al genitore Giuseppe, a seguito delle idee libertarie e del suo fervore nel portarle avanti, a Rossano fu tra i primi cospiratori. Im­plicato nella sommossa giacobina del 1794, si dimostrò un convinto propu­gnatore della breve esperienza rivoluzionaria in occasione della Repubblica Napoletana o Partenopea del 1799 durata solo per pochi mesi e che provocò alla città tante sofferenze: quanto bastò per rinvigorire le proprie idee e gli animi verso azioni e sentimenti liberali e costituzionalistici.

Noto per le avanzate idee riformatrici e liberali, già presenti e radicate nella sua famiglia, influente figura del tempo, patriota di assoluta onestà e rettitudine, Morici, come ci tramanda sempre A. Gradilone, frequentava la Loggia massonica, «nata e nota col nome di Federazione Achea, si tra­sformò in Vendita di Carbonari, con sede, pare, nel vecchio convento di Sant’Antonio (2) »3, ai cui incontri il Morici non fece mancare, insieme ad altri rossanesi, il proprio contributo. Comportamenti che gli si ritorsero contro tanto da risultare vittima di persecuzioni, ricercato dalla polizia borbonica e costretto ad allontanarsi da Rossano, in quel momento costretta a subire la nuova situazione, in modo da sfuggire alle angherie che accompagnarono il triste periodo della restaurazione, con la repressione voluta dal re Ferdinando IV.

Rimase così lontano dalla città natia, ritornandovi in seguito, insieme ad altri rossanesi tra cui Luigi Palopoli, come ci ricorda il nostro A. Gra­dilone, nella sua Storia di Rossano, e solo dopo che Napoleone impose al Borbone la pace di Firenze nel 1801, un periodo in cui le Calabrie erano generalmente invase militarmente dalle milizie francesi, anche se non po­chi erano ancora coloro che continuavano a esternare il proprio sostegno al Borbone.

Appena qualche anno dopo, per la precisione nel 1809, dopo aver ri­guadagnato la libertà, a Napoli dove si era trapiantato, Morici cercò di ottimizzare la sua carriera d’ingegnere, occasione che gli permise di allar­gare i suoi orizzonti professionali e di vita, ritrovandosi così, per concor­so, a far parte delle file degli Ufficiali del Genio dell’esercito del nuovo re di Napoli Gioacchino Murat. Insieme allo stesso Murat prese parte agli avvenimenti bellici della terribile spedizione, che portò all’invasione fran­cese della Russia, tra il 1812-1813, conclusasi con una catastrofica disfatta e il disfacimento dell’esercito francese.

Un’esperienza, tuttavia, nella quale il Morici, peraltro, danneggiato da congelamento al piede destro, come ci ricorda ancora A. Gradilone, si fece conoscere per il suo talento e i grandi meriti acquisiti nel corso dei com­battimenti, che gli valsero attenti riconoscimenti con l’innalzamento del grado militare nel ruolo di capitano del Genio.

Terminato il breve periodo murattiano, con la sconfitta dell’esercito nella Battaglia di Tolentino del maggio 1815, si crearono le premesse per il ritorno a Napoli di Ferdinando IV, il quale il 7 giugno successivo, riaf­ferma la sua sovranità sul Regno di Napoli. L’occasione consentì al Mo­rici, in quel momento assillato da una difficile situazione finanziaria, di accreditarsi nei ranghi delle truppe borboniche. Tuttavia, l’incarico ebbe breve durata poiché il Morici rassegnò le dimissioni pur mantenendo al­cuni privilegi conferitigli dallo stesso Ferdinando.

Fissata la sua dimora a Napoli, secondo quanto riportato da L. Ripoli, nel 1816 prese in moglie la “simpatica e formosissima” Raffaella dell’Aver­sano, dalla quale ebbe molti figli.

A seguito delle elezioni generali, nel 1820, per la provincia di Cosenza, insieme ad altri quattro, fu eletto deputato alla Camera prendendo parte e adoperandosi assiduamente ai lavori parlamentari, alla presenza del re, avviati il 1° ottobre dello stesso anno. A darne conferma è anche A. Gra­dilone nella sua monografia su Rossano quando scrive che «gli interventi del Morici servirono assai spesso a chiarire situazioni difficili e a far deli­berare utilmente l’assemblea»4.

 

BIBLIOGRAFIA

1 F. Zavalloni, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012).

2 F. Zavalloni, Dizionario Biografico…, cit. p. 101.

3 A. Gradilone, Storia di Rossano. [2) Vi si riunivano tutti i vecchi massoni e i liberali d’antica fede, quali Scipione e Baldassarre Camporota, Giuseppe Barone, i fratelli Labonia, Giuseppe e Dome­nico Morici, Antonio Criteni, Giuseppe Francalanza, Diego de Russis, Giovanni Interzati, Giuseppe e Giovanni Malena, i fratelli Toscano, Raffaele Rapani, A. Rizzuti, Giorgio Lettieri, ed altri, murattiani in buona fede o entrati nel movimento più per la novità della cosa che per cosciente convinzione].

4 A. Gradilone, Storia….

Franco Emilio Carlino
Autore: Franco Emilio Carlino

Nasce nel 1950 a Mandatoriccio. Storico e documentarista è componente dell’Università Popolare di Rossano, socio della Deputazione di Storia Patria per la Calabria e socio corrispondente Accademia Cosentina. Numerosi i saggi dedicati a Mandatoriccio e a Rossano. Docente di Ed. Tecnica nella Scuola Media si impegna negli OO. CC. della Scuola ricoprendo la carica di Presidente del Distretto Scolastico n° 26 di Rossano e di componente nella Giunta Esecutiva. del Cons. Scol. Provinciale di Cosenza. Iscritto all’UCIIM svolge la funzione di Presidente della Sez. di Mirto-Rossano e di Presidente Provinciale di Cosenza, fondando le Sezioni di: Cassano, S.Marco Argentano e Lungro. Collabora con numerose testate, locali e nazionali occupandosi di temi legati alla scuola. Oggi in quiescenza coltiva la passione della ricerca storica e genealogica e si dedica allo studio delle tradizioni facendo ricorso anche alla terminologia dialettale, ulteriore fonte per la ricerca demologica e linguistica