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Il maestro Pasquale Santoro al Museo del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni di Cariati

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CARIATI - Assunta Scorpiniti continua ad arricchire, con coraggio e determinzione, il suo e il nostro museo Museo del Mare, dell’Agricoltura e delle Migrazioni di Cariati, trampolino di lancio per tutti gli artisti del territorio.

Ieri ha vi preso parte il maestro Pasquale Santoro, originario di Scala Coeli. Durante la presentazione dell'artista, Antonio Loiacono, lo descrive così: «Apprezzato trombettista, professore di educazione musicale, coltiva ancora oggi la passione della musica, esibendosi sui palchi calabresi e non solo, insieme al gruppo etno-musicale di cui fa parte, gli Antea. Le altre tessere di questo puzzle, e ci riferiamo al Santoro liutaio, al Santoro sculture, al pittore col fuoco, al creatore di oggetti ornamentali, hanno la stessa etimologia artistica, e sono uno la conseguenza degli altri, con un unico denominatore: la lira calabrese e suo zio, Antonio Cersosimo, arista internazionale, nativo di Crucoli. La passione per lo strumento indigeno e l’imput datogli dallo zio a scalpellare qualche materiale, lo portano a realizzare il suo primo bassorilievo di pietra, lo stemma civico del suo e del nostro comune, Scala Coeli. Nel suo personalissimo pentagramma dell’arte, e nello specifico della scultura e della pittura, l’estro del maestro Santoro è un diesis, un crescendo che egli esegue alla perfezione e che esplica la bellezza e il mistero di questa terra». 

Santoro nasce infatti come musicista, che «vive per l'arte e non di arte». Egli raccoglie le radici degli alberi di ulivo che si trovano abbandonati sulla fiumara, le stesse pietre di fiumara del Nicà, e realizza opere lignee, in pietra e quadri di pirografia. Quest'ultima è una tecnica di incisione chiamata anche ‘’scrittura col fuoco’’. Affascinato da esso, non usa l’attrezzo specifico della pirografia, ma uno da elettricista, utilizzato per saldare i fili di rame; il procedimento risulta quindi più difficile perché non è graduato per le sfumature, ma più interessante e di impatto. 

Il maestro si è approcciato alla scultura in età matura, affacciandosi alla finestra del mondo, come se lo vedesse per la prima volta: «Sono come un bambino di fronte a quello che io faccio, mi emoziono di fronte ai materiali, e alle cose della vita, che sono tutte una scoperta davanti a cui tiro fuori la mia passione, i miei sentimenti, la mia curiosità. E tutto questo crea un’opera d’arte».

Un suo amico d'infanzia, durante la serata, racconta di come Santoro riuscisse fin da piccolo, a costruire camioncini con legnetti sparsi per le strade, e della gelosia con la quale custodiva quelle sue prime opere d'arte.

E' questa sua facilità all'arte che lo porta alla scultura senza aver mai visto uno scalpello: «Essendo musicista volevo costruire la lira calabrese, strumento antichissimo di cui mi ha sempre affascinato il suono. E ci ho provato finché non è uscita fuori la forma giusta, e il suono giusto. Completato il lavoro, chiamo mio zio Antonio Cersosimo, scultore internazionale, che trovo per caso a Torretta. Lui prende questo strumento, mi fa lo schizzo con la matita, e con lo scalpello ancora in mano, prime di colpire, si ferma e mi dice che non me lo avrebbe fatto, perché sicuro che sarei stato capace di realizzarlo da solo. E da lì è partito questo tarlo della scultura in testa. Il giorno dopo sono andato a comprare degli scalpelli e ho iniziato a scolpire».

Il maestro Santoro spazia dall'arte antica, all’arte moderna, rappresentando maggiormente la famiglia, l’affettività, le donne e la natura, queste ultime per lui, incarnazione della sinuosa bellezza della vita.

Un artista poliedrico, che tra i tanti meriti - asserisce Michele Cipriotti - ha quello di aver «creato cose meravigliose in poco tempo, cercando in se stesso l'ispirazione artistica, con passione e tenacia», tutto imbrattato di polvere, forte della sua pazzia artistica che lo fa trascinatore d'arte e di persone.

Santoro è un anticonformista che partendo dal suo “catoio-atelier” trova casa nelle austere sale dei palezzi di Santa Severina, nel Museo dell'Agricoltura, dell'Arte e delle Immigrazioni di Cariati, e in futuro, chissà.

In questa splendida cornice ricca di dialoghi e spunti storico-culturali, ringraziamo ancora una volta la dedizione di Assunta Scorpiniti, e l'estro di questi artisti che danno vita al legno, alle pietre, e un po' a noi, e a queste terre troppo spesso dimenticate.

 

Virginia Diaco
Autore: Virginia Diaco

Studio materie umanistiche e amo scrivere. Ho ricevuto diversi riconoscimenti in ambito letterario, tra cui il V Premio Internazionale di poesia “Giovanni Bertacchi” con la poesia “Preghiera alla vita che toglie vita” e la Menzione della Giuria nella prima edizione del Concorso Letterario Internazionale “Il Viaggio” con la poesia “Consumato negli occhi”. Attraverso le parole esprimo il mio mondo, grazie ad esse conosco quello altrui. Lo scopo più forte che sento di avere è quello di rendere giustizia - quanto più possibile - alla bellezza, all’arte e alle vulnerabilità sociali.