Il vero sapore della tradizione, a Vaccarizzo ritorna il concorso dei vini arbëreshë
Tra il rosso del vino e il blu del mare, Il 25 giugno c'è un buon motivo per ritornare sulle colline della Sibaritide e immergersi nella cultura, nelle tradizioni e nella memoria del popolo italo-albanese
VACCARIZZO ALBANESE - A pochi kilometri dalle città che si affacciano sullo Jonio c’è un piccolo eden ecologico fatto di colline olivetate e vigneti antichi ad alberello ma anche impianti moderni a Guyot. Ci troviamo a Vaccarizzo Albanese, paese modellato dalla popolazione arbëreshe arrivata in questo lembo di Calabria dopo l’invasione turca dell’Albania. Qui si producono da secoli i vini arbëreshë, vini contadini nel senso più pieno ed autentico del termine. Uniscono a una verace rusticità dei tratti una forza espressiva semplice e profonda. I rossi, di una grana tannica saporita e tenace, sono di forte carattere come la gente che li produce.
A Vaccarizzo Albanese il 25 giugno prossimo è in programma il concorso dei Vini arbëreshë, manifestazione organizzata dal Comune che si avvale dalla collaborazione di un gruppo di sommelier di riconosciuta autorevolezza guidati da Gennaro Convertini, presidente dell’Enoteca Regionale.
In questo periodo, i produttori dei paesi arbëreshë che intendendo preservare l’individualità del vino dall’omologazione che chimica, tecnologia e industrializzazione hanno portato nel mondo agricolo e vitivinicolo, consegnano i loro campioni per il concorso. Uno degli scopi del concorso Vini arbëreshë è unire le forze di questi vignaioli dando a ognuno maggior consapevolezza e visibilità col condividere le proprie esperienze e i propri risultati raggiunti. In questi giorni di raccolta dei prelievi sono tanti i paesi arbëreshë che sono invitati a partecipare, da Santa Sofia D’Epiro, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, Spezzano Albanese, Lungro, Frascineto, Eianina fino a San Costantino Albanese in Basilicata.
Vorrei inserire qui una curiosità linguistica. Il colore blu in arbërishte si dice i kalthër, mentre in shqipe si dice i kaltër.
Uno degli studiosi che più stimo, Dan Alexe, mi ha illuminato per quanto riguarda il termine e la sua evoluzione semantica. Questo kaltër deriva dal latino "caltha", che a sua volta è mutuato dal greco: kalathos (κάλαθος). Nel lessico della botanica, il termine latino richiama la calendula, che però ci tiene lontani dal “blu” perché il fiore in questione è giallo.
Ma il latino caltha, come il greco kalathos, significava anche un'ampia coppa per bere il vino (come quella a sinistra nella foto). Nell'impero romano, queste coppe da vino erano molto spesso di un colore bluastro tradizione poi rimasta nelle cucine vintage dei nostri nonni. I bicchieri blu si usano ora nella degustazione ufficiale degli oli d’oliva mentre per i vini si è passati al calice trasparente che consente meglio la valutazione del colore che è invece irrilevante negli oli. Dunque presso popolazioni albanesi la storia del vino ha radici antiche con sorprendenti riflessi semantici.
Venire a Vaccarizzo il 25 giugno è cosa bella per più motivi. Ottimi vini biologici da degustare, cibo e buona musica allieteranno la serata, sperando che un soffio di vento accarezzi le colline e colmi il cuore di vigore e di gioia. Si potrà inoltre visitare la bella chiesa parrocchiale con i suoi preziosi affreschi bizantini e il locale Museo del Costume tradizionale arbëresh. Il golfo che si apre alla vista del visitatore in certi punti panoramici - un lembo di mare blu, come un bellissimo occhio umano - chiude l’orizzonte e ci ricorda quella coppa kalthër con la quale si brindava alla vita.