E se si sospendesse il voto in Calabria? Il fallimento del regionalismo previsto da Almirante
NEL momento stesso in cui si attribuisce alle regioni una potestà legislativa praticamente indiscriminata (sia pure su diciotto materie, ma diciotto materie che comprendono l'agricoltura, per cui non si tratta di materie di scarsa importanza), nel momento in cui questo meccanismo si metterà in movimento, nessun ragionevole contenimento di spesa sarà pensabile, il che potrà andare benissimo per i sostenitori di un federalismo tra l'altro piuttosto spinto e incontrollato, potrà andare ancora meglio per i sostenitori del caos e dell'anarchia che siedono all'estrema sinistra, ma non so quanto andrà bene per il cittadino, per il contribuente e per quella larga parte tra voi che in buona fede continua ad essere regionalista in senso pluralista e disaccentratore (..). Al netto di ogni valutazione politica, sarebbe davvero difficile non riconoscere qualcosa di profetico in queste affermazioni di Giorgio Almirante, leader del Movimento Sociale Italiano, pronunciate il 26 gennaio del 1970, intervenendo alla Camera nel corso del dibattito sui provvedimenti finanziari per l'attuazione delle regioni a statuto ordinario. A 45 anni dall’istituzione delle regioni (ordinarie), con ben 22 anni di ritardo rispetto alla previsione di una Costituzione largamente inapplicata ed inapplicabile perché specchio di un obbligatorio compromesso ideologico tra cattolici e comunisti, in un Paese uscito diviso e sconfitto dalla seconda guerra mondiale, da diverse posizioni culturali e politiche oggi si parla senza mezzi termini di fallimento del regionalismo e, con esso, dello stesso assetto istituzionale nazionale. Un rischio che Almirante indicò in modo chiarissimo, prevedendo (..) un disordine, amministrativo ulteriore per il nostro Stato. (..) Le regioni tanto più costeranno quanto più saranno politicizzate; tanto meno costeranno quanto più rappresenteranno o potranno rappresentare o potrebbero rappresentare (poiché la mia credo sia ormai una vana illusione) degli organismi meramente amministrativi. Un fallimento complessivo (potremmo dire annunciato) ed oggi variamente registrabile da Nord a Sud, sotto gli occhi di tutti e che diventa drammatico per alcune regioni come la Calabria; raccontato, spiegato, dimostrato con numeri, dati, evidenze e disastri impressionanti, rispetto ai quali è costretta a cedere ogni eventuale retorica federalista, autonomista e perfino democratica. Tra le non molte inchieste giornalistiche degne di questo nome vi è sicuramente quella (“Pubblico Spreco”) di Sky TG24, partita nei giorni scorsi e molto efficacemente condotta dal direttore Sarah Varetto: un viaggio nella Penisola, con diverse storie emblematiche di cattiva gestione dei fondi. Dai grandi progetti alle spese correnti, un lungo elenco di esempi di come nelle regioni del nostro Paese si impieghino male le risorse disponibili. E pur essendo tra gli stati europei con la più alta pressione fiscale (per oltre un mese ogni anno, esattamente fino al 5 febbraio, gli italiani lavorano solo per fornire allo Stato fondi che vengono sprecati!), l’Italia utilizza malissimo i fondi raccolti tra i cittadini. E se l’argomento è questo, non poteva mancare la Calabria! A raccontare, nell’inchiesta di Sky (che va assolutamente vista!), delle decine di dipendenti parcheggiati nell’ente forestale o dell’ospedale congestionato e del policlinico universitario vuoto a Catanzaro è la brava Manuela Iatì. Si tratta soltanto di istantanee. Punte di un iceberg. Che servono però a far riflettere e ad interrogarsi oltre ogni apparente ovvietà. E se lo Stato centrale avocasse anche formalmente a sè (sta avvenendo di fatto con i governi degli ultimi anni, soprattutto Renzi) gran parte dell’autonomia riconosciuta e delegata progressivamente alle regioni, gestendo direttamente materie come la sanità, il trasporto pubblico locale, il dissesto idrogeologico, l’agricoltura ma anche i turismi etc? E se, misurato e constatato il peggioramento delle condizioni economiche e strutturali di partenza (su tutti, il reddito pro-capite dei residenti), in alcune regioni in aggravato ritardo di sviluppo (come la Calabria) venissero sospese le elezioni regionali per almeno vent’anni, lo stesso tempo servito alla Germania unita per rimettere in gioco l’ex Germania dell’Est? Oppure, se di alcune regioni, sottraendo loro l’incapace, irresponsabile e intollerabile gestione e programmazione dei fondi europei, si facesse un’unica zona franca (contrattando a Bruxelles questa declinazione della prossima programmazione comunitaria), così come proposero i giovani industriali calabresi qualche anno fa? Tutte blasfemie? Forse no, se – come disse Margaret Thatcher, in uno celebre discorso al congresso dei conservatori inglesi, nello stesso anno in cui moriva Enrico Berlinguer e con lui l’ultimo allarme sulla questione morale – non esistono i soldi pubblici. Esistono solo quelli dei contribuenti.