Santità, è bello potersi rivolgere ad una persona così semplice e, al tempo stesso, così speciale. Lo facciamo da calabresi doc, lo facciamo con molto rispetto per quel che Lei esprime, nei suoi sentimenti sinceri, per come si spende per la pace, per i più deboli, per i diseredati, per l'ambiente, per il mondo. Oggi, Lei è nella
Sibaritide, una terra che ha visto guerre, fiumi deviati, lotte fratricide. Tanto sangue, una lunga spirale che, purtroppo, ha ancora albergo nella odierna società. Questa diocesi, limitrofa a quella di
Rossano-Cariati, La accoglie a braccia aperte, con i suoi fedeli, con tutti noi pronti a tributare a questo grande uomo un benvenuto a cuore aperto. Già, la
Piana di Sibari, questo lembo di terra pianeggiante dove l'uomo è riuscito a mettere di tutto e di più, questo spiazzo ai piedi di
Pollino e
Sila che è stato e rimane crocevia da e per il mondo. Questa realtà produttiva, laboratorio di clementine, di pesche, di ulivi, di... un popolo laborioso, che si è sempre rimboccato le maniche, che ha sempre cercato di sopperire alle lacune spaventose dei pubblici poteri. Santità, non Le parleremo di tutti gli elementi negativi che conosce, di analogie con la terra del fuoco, di opere pubbliche nate orfane del proprio destino, di strutture realizzate sull'onda di una necessità di spendere senza una programmazione. Di sogni industriali, miseramente naufragati, oppure di dighe che non hanno mai trattenuto una goccia d'acqua. Santità, voltando la pagina e passando a quella lieta, benvenuto nella terra di
Nilo da Rossano, quel grande santo che riposa ad un tiro di schioppo dalla Sua residenza romana. Quella
Grottaferrata che lo vide approdare nel 1004, dopo un lungo peregrinare per il mondo, dopo aver convinto e convertito, dopo aver redarguito e messo a tacere ogni genere di uomo. Se volge lo sguardo verso le montagne silane, scorgerà due comuni vicini che aspirano a diventare uno soltanto:
Corigliano e
Rossano. Migliaia di anni di storia, non solo Nilo ma anche
Bartolomeo da Rossano, il
Papa Giovanni VII,
Giovanni Filagato e noti calligrafi. Questa terra, per come ha egregiamente spiegato proprio al nostro giornale monsignor
Nunzio Galantino, vive le mille contraddizioni quotidiane delle migliaia di giovani, ai quali si chiede di essere protagonisti, senza dare loro l'opportunità di esserlo. Quei giovani che spesso nominano ambasciatori del proprio disagio i genitori, costretti a prostrarsi ai piedi di un potere che ha trasformato il diritto in favore, il dovere in opzione. Quei giovani che abbiamo mandato nel mondo a qualificarsi, a studiare, a fare sacrifici sol per raggiungere le località universitarie distanti da questa regione, isolata in ogni senso. Quei giovani che non sanno più a chi rivolgersi per evitare di consumare altri bonus di età, nella ricerca spasmodica di una sicurezza economica. Giovani sì, forse troppo legati ai "tic" quotidiani dell'aperitivo e dell'atteggio, ma ritornando con la mente ai tempi in cui ciascuno di noi interpretava quel ruolo, pur con altre esperienze, vivevamo una condizione da giovani. A noi la speranza ha dato possibilità, per loro rischia di trasformarsi in sfiducia, in abulia, in un "non credo in nulla" che diventa pericoloso perché a queste latitudini, anche un leader negativo può fare proseliti. Anche un modello realizzato con la carta copiativa potrebbe attrarre, pur con pieghe e nerume in ogni dove. Santità, benvenuto nel posto in cui i monti, ogni mattina, si specchiano nello
Jonio, quegli stessi monti che la sera inghiottono il sole, disegnando lunghe ombre su questo mare azzurro che, in molti casi, l'uomo non ha rispettato per come avrebbe dovuto. Santità, le Sue parole in difesa dell'ambiente sono state tra le prime ad essere pronunciate. E' stata Lei a chiedere di rispettare il Creato. Noi speriamo sempre che questa Sua posizione possa essere fatta propria da tutti gli uomini di buona volontà, da tutti quelli che si tappano gli occhi, da quei pubblici poteri che avrebbero dovuto mettere al primo posto, i problemi ambientali: dal trattamento dei reflui ai rifiuti, agli scarichi in atmosfera e nel mare. Siamo certi, carissimo
Papa Francesco, che le parole che pronuncerà saranno come sempre, nel segno della speranza, della tolleranza, del rispetto umano, di quella capacità di integrazione che, anche da queste parti, è necessaria. Sì, dobbiamo imparare ad essere una realtà multietnica. Ricordare i nostri emigrati nelle baracche tedesche, la loro felicità di ritorno col "macchinone" per trascorrere le ferie nel proprio paese. Dobbiamo avere rispetto per chi fugge dalla guerra e, magari, sosta davanti ad un supermercato per racimolare pochi spiccioli, nella speranza di poter poi raggiungere altri centri di questa Europa sorda e distratta. E' di buono auspicio la Sua venuta, anche perché questa parte della jonica non è molto frequentata da ministri e premier potenziali. E' scomodo anche per loro arrivarci. Santità, Le hanno dato un elicottero. Per noi ci sono pullman, strade ferrate ante guerra o autostrade ad ostacoli. Però, andiamo avanti lo stesso, convinti pervicacemente che non possiamo arrenderci, che dobbiamo farcela, perché ne abbiamo le potenzialità, la voglia e, ce lo permetta Santità, anche il diritto.