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«Mandarini a 4 centesimi al chilo»: l’export bloccato e la Sibaritide lasciata al suo destino

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CORIGLIANO-ROSSANO - Quattro centesimi al chilo. È questo, oggi, il valore riconosciuto ai calibri piccoli delle clementine calabresi: frutti che per anni il mercato russo assorbiva a prezzi dignitosi, garantendo almeno la sopravvivenza ai produttori del Sud. Oggi, quelle stesse cassette finiscono all’industria di trasformazione come merce di scarto. Quattro centesimi al chilo: meno del costo della cassetta vuota. Meno del costo della manodopera per staccarle dall’albero.

A denunciare la situazione è Ranieri Filippelli, produttore agrumicolo della Piana e già Presidente di Coldiretti Rossano. Non usa giri di parole: «In queste settimane siamo costretti a mandare all’industria tonnellate di mandarini calibro 4 e 5. Impossibile sostenerlo: a 4 centesimi al chilo non si pagano neanche i costi della raccolta».

Poi affonda sul nodo geopolitico: «Il governo Meloni — seguendo la linea inaugurata da Donald Trump, che ha trasformato le sanzioni in un’arma economica pagata con il portafoglio degli europei — sta sacrificando interi territori come il nostro senza alcuna compensazione reale».

E mentre l’Italia e l’Europa chiudono alla Russia, il paradosso è servito: paesi concorrenti come il Marocco continuano a contrattare direttamente con Mosca, mantenendo rapporti commerciali aperti e occupando nel frattempo il nostro mercato interno con agrumi venduti a prezzi stracciati. Risultato: perdiamo il nostro storico sbocco e, contemporaneamente, subiamo concorrenza sleale dentro casa.

Secondo i dati ISMEA, nel 2024 il prezzo medio riconosciuto all’agrumicoltura meridionale è sceso sotto i 15 centesimi al chilo — una soglia che Coldiretti definisce «inevitabilmente in perdita», visto che i costi reali di produzione oscillano tra i 30 e i 40 centesimi. Nel caso dei calibri più piccoli destinati all’industria, si arriva appunto a 0,04 €/kg. Una cifra che – semplicemente – non consente di pagare né gasolio né raccolta.

«Ci avete parlato per anni di sovranità alimentare — conclude Filippelli — oggi l’unica sovranità è quella della GDO: comprano merce che arriva dal Marocco, dalla Spagna, da Israele. E la pagano meno di una pizza surgelata».

E così, senza clamore, interi ettari di agrumeti calabresi stanno diventando economicamente inutili. Non per colpa della natura, ma per scelte politiche prese a migliaia di chilometri da qui. Ed è in questo silenzio che si consuma la vera sconfitta: quando un territorio smette di produrre valore, e comincia semplicemente a rassegnarsi.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.