La Sila Greca è una polveriera: lo scaricabarile tra Comuni, Provincia e Regione lascia i boschi in condizioni allucinanti
In un contesto dove la prevenzione degli incendi dovrebbe essere la priorità assoluta, le istituzioni sembrano aver voltato le spalle alle loro stesse leggi

CORIGLIANO-ROSSANO - Immagini che - anche questa volta - parlano da sole. Dopo avervi mostrato la condizione catastrofica in cui versano le strade di accesso alla Sila Greca (e la replica della Provincia che, di fatto, ha confermato tutte le nostre preoccupazioni), lo sguardo volge altrove: un tappeto di alberi abbattuti, rami spezzati e vegetazione secca che ricopre il sottobosco e ostruisce le strade interne della Sila Greca. Non è l'effetto di un evento eccezionale recente, ma il risultato di un'incuria protratta, un silenzio assordante che si scontra con il grido d'allarme di un territorio che, ogni estate, rischia di bruciare. Nel silenzio assordante delle istituzioni.
La neve dell'inverno scorso ha lasciato sul terreno un carico combustibile devastante e nessuno, tra gli enti preposti, si è preoccupato di ripulire e mettere in sicurezza un patrimonio naturale di inestimabile valore, già vulnerabile agli incendi.
Il fatto è che siamo di fronte a un vero e proprio "illecito di Stato". In un contesto dove la prevenzione degli incendi dovrebbe essere la priorità assoluta, le istituzioni sembrano aver voltato le spalle alle loro stesse leggi. Le stessi leggi che, però e a ragion veduta, vengono applicate sui cittadini e proprietari di fondi agricoli o boschivi che sono tenuti a tenere puliti i terreni, soprattutto nel periodo estivo per evitare la piaga degli incendi, pena sanzioni salatissime e anche procedimenti penali. Il cittadino sì; per lo Stato, invece, sembra esserci una deroga sine die alle sue stesse regole!
Un carico combustibile senza precedenti
Le fotografie scattate in diverse località della Sila Greca – dalla strada che conduce all'Abbazia del Patire all'area dei Castagni Giganti di Cozzo del Pesco – rivelano uno scenario allarmante. Alberi caduti di traverso sulle vie di accesso, intere sezioni di bosco invase da legname secco e altre sterpaglie: un cocktail esplosivo pronto a innescarsi alla prima scintilla, trasformando il verde in un inferno di fiamme.
La Legge che ignora la Legge
La normativa italiana in materia di incendi boschivi è cristallina. La Legge 21 novembre 2000, n. 353 ("Legge quadro in materia di incendi boschivi") stabilisce principi fondamentali sulla prevenzione e la lotta attiva agli incendi boschivi, demandando a Regioni ed Enti locali specifici compiti e responsabilità. In particolare, l'articolo 7 della Legge 353/2000, e i successivi piani regionali e le ordinanze comunali, impongono l'obbligo di provvedere alla pulizia dei fondi e alla realizzazione di fasce tagliafuoco, specialmente in prossimità di strade e centri abitati.
La Regione Calabria, con il suo Piano Regionale per la Prevenzione e Lotta Attiva agli Incendi Boschivi, delinea ogni anno le direttive, individuando i periodi di "rischio e massima pericolosità" (generalmente dal 15 giugno al 15 ottobre) e gli obblighi per i proprietari e conduttori di terreni. Ma se i terreni in questione sono boschi demaniali, ovvero proprietà dello Stato, come confermato dai fatti e dalla natura delle aree, la responsabilità della pulizia e della messa in sicurezza ricade direttamente sugli enti pubblici preposti.
Ed è qui che emerge l'assurdo di una burocrazia paralizzata: nessuno sembra sapere, o voler ammettere, chi debba intervenire. Comuni, Provincia di Cosenza, Regione Calabria, Agenzia Calabria Verde (ente strumentale della Regione per la gestione del patrimonio forestale): un rimpallo di competenze che si traduce in un'inerzia colpevole. Mentre le direttive regionali stabiliscono - dicevamo - che le "ordinanze sindacali" devono imporre ai proprietari la pulizia, nel caso di aree pubbliche, l'obbligo ricade sull'ente gestore o proprietario. Lasciare il bosco in queste condizioni è una palese violazione delle norme perpetrata dalle Istituzioni stesse.
I Droni e la priorità invertita della Regione
Il paradosso è stridente. La Regione Calabria, da due anni ormai, ha dichiarato guerra agli incendi estivi con l'adozione di nuove tecnologie, come l'impiego di droni, per individuare e sanzionare i piromani. Un lodevole sforzo sul fronte della repressione e dell'identificazione delle responsabilità individuali. Ma resta un vulnus importante: come si può pensare di combattere efficacemente gli incendi senza prima eliminare il combustibile che li alimenta? Di fatto, anche la Regione si è dimenticata di fare le cose basilari: pulire i boschi e limitare dalla base eventuali situazioni di massima criticità.
La prevenzione passa innanzitutto dalla manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio forestale. A parte il peccato mortale di eliminare - negli anni scorsi - un presidio come gli operai forestali, ignorare la rimozione di un carico combustibile così massiccio è come lasciare una miccia accesa accanto a un barile di polvere da sparo. E le conseguenze potrebbero essere catastrofiche.
Un patrimonio in pericolo mortale
L'area della Sila Greca non è solo un ecosistema prezioso, ma anche un crocevia di storia e cultura. L'Abbazia del Patire, monumento di inestimabile valore storico-architettonico, e l'oasi naturale dei Castagni Giganti di Cozzo del Pesco, veri e propri monumenti arborei, sono direttamente minacciati da questa incuria. Un incendio in queste zone non sarebbe solo una devastazione ambientale, ma una ferita insanabile per l'identità e la memoria della Calabria.
Un pericolo concreto e costante, che alcune associazioni del territorio e uomini di montagna, dal Club Trekking Rossano per finire a guide attente come Flaviano Lavia, denunciano da anni ma rimanendo puntualmente inascoltati. Quest'anno, però, il rischio è a livelli massimi proprio a causa delle abbondanti nevicate dello scorso inverno che hanno lasciato un sottobosco altamente infiammabile.
È tempo che le istituzioni preposte smettano di rimpallarsi le responsabilità e agiscano con la dovuta urgenza. La pulizia di questi boschi non è un'opzione, ma un obbligo di legge e, soprattutto, un imperativo morale per proteggere un patrimonio che appartiene a tutti. Altrimenti, l'ennesima stagione di roghi rischierà di cancellare per sempre ciò che la natura e la storia ci hanno donato.