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«Abbiamo i mezzi per tutelare e difendere chi decide di denunciare e collaborare con lo Stato»

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CORIGLIANO-ROSSANO – Un richiamo alla responsabilità del singolo e alla cittadinanza attiva come strumento per combattere fenomeni criminali e di indisciplina sociale. È stato questo il leitmotiv dell’intervista al Procuratore Capo della Procura di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, intervenuto ieri nel corso della puntata de L’Eco in Diretta - Voci&Verità (rivedila qui).

Dal cyberbullismo al fenomeno dell’Anonima Incendi fino al caporalato e al rischio di infiltrazioni mafiose nei cantieri delle opere pubbliche, per invertire la rotta è necessario lavorare sulla consapevolezza. Secondo il Procuratore, infatti, il richiamo alla responsabilità civile dei cittadini nei confronti dei fenomeni criminali implica una riflessione fondamentale sul ruolo attivo che ogni individuo può e deve assumere nella prevenzione e contrasto alla delinquenza. La responsabilità civile non si limita solo al rispetto delle leggi, ma richiede anche un impegno morale e sociale che possa contribuire alla sicurezza collettiva attraverso la segnalazione di comportamenti sospetti, la collaborazione puntuale con le forze dell'ordine e la promozione di una cultura della legalità che investa ogni ambito sociale.

Tale responsabilità, ammette D’Alessio, ha spesso incusso il timore di ritorsioni personali generando un senso d’impotenza nel denunciante e di impunità nel denunciato. Ma il Procuratore rassicura: «Negli anni sono stati fatti molti passi in avanti. Abbiamo i mezzi per tutelare e difendere chiunque decida di denunciare e collaborare con le istituzioni».

Questa responsabilità non deve, però, essere vista come un obbligo imposto dall'alto, ma come una consapevole partecipazione alla costruzione di una società più giusta e sicura, dove ogni cittadino ha il dovere di proteggere il bene comune e difendere i valori fondamentali della convivenza civile. L’unica via percorribile per invertire la tendenza di un territorio che continua ad indentificarsi con il suo volto più arretrato e criminale.

Sul tema del bullismo e del cyberbullismo, ad esempio, il Procuratore traccia una via di prevenzione che comprende due tipologie di intervento: «In primo luogo, una grande attenzione e una grande consapevolezza da parte di tutti coloro che vivono intorno ai ragazzi (nelle scuole ad esempio ho detto più volte che tutti devono essere attenti e devono adottare una mentalità un po’ diversa che si discosti da quell’atteggiamento omertoso che ci caratterizza poiché più si crea la sensazione che si può essere scoperti e più si fronteggia facilmente il problema). In secondo luogo, più che l’azione punitiva, si dovrebbe puntare ad interventi di tipo preventivo ed educativo».

Diverso è il discorso che ha come oggetto la criminalità. Sugli incendi e sul caporalato, D’Alessio è convinto che la differenza la potrà fare solo il clima di allerta attivabile dai cittadini: «Dobbiamo far capire a chi commette questi reati che c’è la possibilità che qualcuno li veda e li denunci. Devono temere di poter essere scoperti. Purtroppo al Sud siamo abituati a delegare per via di un retaggio culturale che ci fa sottrarre a questo tipo di responsabilità. Ogni forma di criminalità ha la complicità e la connivenza delle persone “perbene”».

L’aiuto delle comunità si rende necessario anche perché le modalità di commettere azioni illecite si sono affinate: «Oggi – spiega il Procuratore parlando del caporalato – le cose sono cambiate. Un tempo si andava sul posto, si identificavano i lavoratori e si consultavano i registri matricola o del personale e si effettuavano le verifiche. Adesso i dipendenti appaiono nei registri e risultano anche regolarmente assunti. Capite che il lavoro di prova risulta ancora più complicato perché bisogna provare l’estorsione successiva al regolare pagamento. È fondamentale avere una piena conoscenza del fenomeno, come nasce e come si sviluppa. Noi ci siamo ma dobbiamo creare insicurezza». 

Un’ultima battuta l’ha riservata poi alla criminalità organizzata, vera piaga del territorio: «Al Sud la criminalità ha preso piede perché c’è stato un problema culturale di fondo che mi auguro sia superato».

E sul nuovo volto del fenomeno, che rischia di apparire più sensibile a certi temi, aggiunge: «Non credo affatto ad una criminalità organizzata più “tenera”, ha solo trovato il modo di sedersi ai tavoli giusti per fare accordi con politica e imprenditoria e, dunque, massimizzare i profitti».
 

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.