Lavori sulla Ferrovia jonica, tra Sibari e Cariati non si è mosso un chiodo in 4 mesi
Un territorio tenuto inutilmente "prigioniero". Chiarello: «Dicono che il Meridione sia la "locomotiva" d'Italia, ma qui non si muove nulla. La protesta potrebbe essere l'unico modo per scardinare questo sistema che ci sta conducendo verso una morte lenta»
CORIGLIANO-ROSSANO - Continua a piovere sul bagnato. Due giorni fa abbiamo dato spazio all'ennesima pessima notizia sul fronte delle infrastrutture: è stata rimandata la riapertura della linea ferroviaria jonica compresa tra Sibari e Crotone.
Un ritardo sul cronoprogramma dei lavori che fa slittare la data dal 19 gennaio a giugno (forse), in prossimità dell'estate, quando il flusso di turisti aumenterà, quando sulla Strada Statale 106 si riverseranno ancora più auto, quando sarà comunque tardi.
Non si tratta dei lavori di elettrificazione, dei quali ha parlato ieri l'assessore regionale ai lavori pubblici Stefania Caracciolo, affermando che «quelli delle tratte Sibari-Crotone e Crotone-Catanzaro Lido sono stati consegnati tra novembre e dicembre 2024, sostanzialmente in linea con la programmazione temporale dei progetti definitivi e per i quali 438 milioni di euro sono stati ottenuti per la quasi totalità grazie al lavoro dell’attuale governo regionale». Stiamo parlando, invece, progetto, dal valore di 60 milioni di euro finanziati per oltre la metà con fondi PNRR, che servirà all’installazione del sistema ERTMS(European Rail Traffic Management System).
Ebbene, questi lavori dovevano terminare il 19 gennaio, ma in realtà è stato fatto ben poco, mentre la linea ferroviaria è rimasta comunque chiusa dal 16 settembre 2024, portando notevoli disagi ai pendolari.
A chiarire, ancora di più, una situazione del tutto paradossale che ad oggi vede i cittadini dell’intera costa nord-orientale della Calabria privati di un diritto essenziale, è uno che sui binari calabresi ci è praticamente cresciuto. Parliamo del presidente dell’Associazione Ferrovie in Calabria, Roberto Galati. «Innanzitutto, ad onor del vero – precisa – non è vero che i lavori di ammodernamento tecnologico della linea (quelli per cui è stato chiuso il tratto Sibari-Crotone e Crotone-Catanzaro-Lamezia dallo scorso 16 settembre, ndr) non sono proprio iniziati, anche perché sono stati fatti alcuni interventi importanti sulle stazioni di Torre Melissa e Crucoli, insieme ad altri scavi lungo la linea a sud di Crotone. È vero, però, che i lavori stanno andando a rilento».
Forse anche troppo a rilento, atteso che nel lungo tratto della Sibaritide, di quasi 50 km, in questi quattro mesi, non è stato mosso neppure un chiodo. Questo a tutto danno dei pendolari jonici. Ma il problema, anche in questo caso, appare innanzitutto organizzativo. «Da quello che ricordo io – precisa ancora Galati – e dalle esperienze dei tanti interventi fatti negli anni lungo la jonica, in altri tempi questi lavori sarebbero stati fatti senza chiudere la linea. Ma questo, però – conclude – non è solo un problema calabrese ma riguarda le politiche di gestione della rete su scala nazionale».
E allora, se la chiusura della linea doveva esserci, perché non frazionarla a tratti più brevi? Perché tenere prigioniero e (inutilmente) senza treni un territorio come la bassa Sibaritide che storicamente è una delle aree più periferiche d’Italia? Magari in questi quattro mesi (che ora saranno molti di più se è vero che la ferrovia non aprirà almeno fino a giugno) si sarebbe potuta tenere la linea aperta da Sibari a Cariati per consentire anche a tantissimi pendolari di non sbattersi di qua e di là per prendere la coincidenza con l’unico treno veloce e a lunga percorrenza, il Frecciarossa Sibari-Bolzano, che collega la Calabria del nord-est al resto del mondo. Forse sarebbe servita solo un po’ più di lungimiranza, di coraggio e di pianificazione. Null’altro.
«Dicono che il Meridione sia la "locomotiva" d'Italia, ma qui, in realtà, non si muove nulla» commenta con amarezza il sindaco di Campana, Agostino Chiarello, che fa sua l'istanza dell’Associazione dei Pendolari Jonici (APJ) che sta lottando per garantire il diritto alla mobilità per il nostro territorio.
«Siamo l'ultima ruota del carro. Non solo in Italia, ma in tutta Europa. Qui sono compromessi sia il diritto alla sanità che quello alla mobilità. La realtà è che la programmazione politica nazionale declassa gli interventi su questo territorio, favorendo l'inizio dei lavori altrove come è già accaduto in passato per le fatidiche quote latte, per le quali sono state dirottati i fondi per l'ammodernamento della Strada Statale 106... nel silenzio generale, naturalmente».
Secondo il primo cittadino la storia si ripete: «Adesso assistiamo inermi alla razzia dei fondi del PNRR? A questi disagi vanno aggiunti quelli che vivono quotidianamente gli automobisti percorrendo la Statale 106, denominata non a caso Strada della morte. Le comunità delle aree interne devono anche subire, ogni qual volta vi sia maltempo, chiusura di strade provinciali per frane o devono fare "chicane" impensabili per schivare rami caduti sulla carreggiata, causa della mancanza di manutenzione su di esse. Siamo sicuri che su questo territorio il diritto alla mobilità sia garantito?».
Dinanzi questo ennesimo "scippo" al nostro territorio, ci si aspetterebbe una levata di scudi, invece il silenzio è assordante, ed è proprio contro questo immobilismo che si scaglia Chiarello: «È inammissibile il silenzio della politica regionale, dopo l'"annuncite cronica" di mega lavori milionari. Quello che sta avvenendo sulla costa jonica è paradossale. Come è possibile che nessuno protesti neanche di fronte all'evidenza dei disagi che si ripercuotono su di loro?».
Eppure, rivendicare i propri diritti, potrebbe essere un modo per risvegliare le coscienze, per far tornare i cittadini a credere nella politica, una politica che si spenda per il bene del proprio territorio e dei proprio cittadini e non per difendere le "scelte di partito": «Da quando sono sindaco ho capito che in questo territorio pecchiamo di un "difetto di partecipazione". Nessuno scende più in piazza a protestare. L'opinione pubblica sembra essersi rassegnata allo statu quo. Invece io credo che la protesta dal basso possa essere l'unica arma che abbiamo a disposizione per scardinare questo sistema, che ci sta conducendo verso una morte lenta».
Così il sindaco di Campana abbraccia la protesta dell’Associazione dei Pendolari Jonici (APJ), consapevole che, come primo cittadino, sia suo compito difendere i diritti della propria comunità. Con la speranza che questa presa di coscienza coinvolga presto altri sindaci del territorio, altre associazioni e anche altri semplici cittadini. Non possiamo accettare di essere continuamente depredati. È già accaduto per la Statale 106, sta accadendo con l'alta velocità e ora anche con la linea jonica. Una situazione non più tollerabile.