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Vertenza porto, 1100km per sostenere l'investimento di BH. Sono tutti giovani calabresi e lavoratori

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CORIGLIANO-ROSSANO – Millecento chilometri solo per dire a chi governa la città che loro vogliono ritornare, vogliono riaprire le case dove abitavano i nonni per rivitalizzarle… per sempre. Stiamo parlando del gruppo di giovani (lavoratori) che animano il movimento Io Resto a Corigliano-Rossano e che ieri mattina hanno presidiato pacificamente, sotto al sole e – purtroppo – senza alcuna considerazione, piazza Santi Anargiri. Erano lì fuori, davanti alla sede comunale, con i loro cartelli carichi di prospettiva e speranza, mentre nel chiuso delle stanze del palazzo si consumava la Conferenza Capigruppo sulla vicenda porto, per sostenere il loro sì schietto e convinto a sostegno dell’investimento produttivo che Nuovo Pignone Baker Hughes vuole fare nella grande darsena jonica.

Sono stati lì tutto il tempo. Dall’inizio alla fine. Ed erano lì, perché così come i componenti del comitato del no, entrati sotto le spoglie di associazioni di categoria, hanno ricevuto l’accredito per partecipare, come parti sociali, alle audizioni del gotha del consesso civico, a loro questa possibilità è stata negata. Ingenua consapevolezza, ma le regole sono regole e su questo la presidente del Consiglio comunale, Rosellina Madeo, è stata integerrima. Così come lo è stata con alcuni rappresentanti del No che, sgattaiolando per i corridoi del palazzo di città, erano comunque riusciti ad arrivare nella sala giunta ma anche a loro, poi, non è stato dato diritto ad essere uditi.

Tornando a Io Resto a Corigliano-Rossano, continuano a rappresentare una parte diversa di questa città. Una parte di quella nuova generazione che, invece di godersi gli ultimi giorni di sole sulle spiagge, ha preferito prenderlo sul calore del selciato del centro storico per dimostrare fede ad una loro causa. E questo, a prescindere dalle posizioni, è probabilmente una delle più belle pagine che si sta scrivendo in questa vertenza. Perché sono lì praticamente senza alcun interesse se non quello di poter creare uno spiraglio nuovo sul loro futuro e su quello di tanti altri loro coetanei che al compimento del 18esimo anno di età fanno le valigie per avventurarsi verso la carriera universitaria, formarsi e spendere il loro sapere e le loro conoscenze lontani da casa. È il caso di Emilia, Angelo, Pietro, Simone – per citare solo alcuni di loro – che questa terra li ha allevati, cresciuti dicendogli poi di non tornare mai più. Perché qui non c’è futuro e non c’è prospettiva. Non c’è lavoro e quindi non c’è dignità. 

Certo, ogni motivazione è giusta ed autorevole. Anche quella di chi dice che i posti veri di questa nuova industria saranno poco più di una trentina. Viene da chiedersi, però, se oggi questo territorio è nelle condizioni di poter rifiutare anche solo un posto di lavoro che non sia stagionale, sottopagato o precario, o se per garantire la dignità del lavoro ai nostri giovani non valga pure la pena di sacrificare spazi pubblici inutilizzati come lo è – da quasi 50 anni – il porto di questo territorio. Perché è facile perdersi in progetti fantasiosi, dispensare ricette miracolose, borbottare e cazzeggiare su tutto. Ma non lo si può fare sulla dignità e sul futuro dei giovani. Perché se è vero che un cantiere navale potrebbe pure produrre 300, 400, forse 500 posti di lavoro è anche vero che stiamo parlando di nulla. Perché un cantiere navale qui a Corigliano o Corigliano-Rossano, da quando è nato il porto, non c’è mai stato, nessuno ha mai prospettato che possa esserci e mai ce ne sarà. Perché se il nostro approccio culturale ad un’azienda che oggi sta proponendo di fare sulla banchina quello che più o meno fa un battilamiera non si può nemmeno immaginare cosa può generare il solo pensiero che nella grande darsena di Sibari si possano costruire, ad esempio, le grandi navi da crociera.

E a proposito di navi da crociera. Qui non ne arrivano più e non arriveranno più per almeno i prossimi dieci anni. E non perché c’è lo spettro Baker Hughes e nemmeno perché non c’è una banchina crocieristica (altra risibile argomentazione). Qui le grandi compagnie del cruiseship non ci vengono perché qui turismo non ne sappiamo fare. Ce lo hanno detto in tutte le lingue del mondo e noi non lo vogliamo capire. Però continuiamo a dire che la nostra bella città ed il nostro bellissimo territorio potrebbe vivere di solo turismo e agricoltura. Infatti, potrebbe… ma poi la realtà è sotto gli occhi di tutti!

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.