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Sanità allo sbando: bene i medici cubani, ma non bastano

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CORIGLIANO-ROSSANO - Ippocrate questo sconosciuto.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;
di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale
”.

Questo è l’incipit del cosiddetto giuramento di Ippocrate che ogni laureato in medicina pronuncia ad alta voce nell’atto di intraprendere la professione medica. Un giuramento formale e morale, che induce chi lo pronuncia, ad impegnarsi affinché la sua sia una missione mista ad una professione; ma è ancora così?

Fatte le dovute eccezioni, che per fortuna ancora ci sono, sembra che i medici stiano prendendo tutta un’altra strada; una strada fatta solo di interessi economici e non di interessi morali.

Sarebbe troppo pretendere che i medici siano tutti come i Santi Anargiri Cosma e Damiano o come San Giuseppe Moscati, il medico dei poveri napoletano che visitava gratuitamente gli ammalati, ma che siano principalmente bravi professionisti, anziché bravi economisti, questo si pretende eccome.

La sanità nel Paese è allo sbando, questo è risaputo ed in Calabria è anche peggio. Per ovviare alla carenza di medici nostrani, il presidente calabrese Occhiuto che è anche commissario straordinario per la sanità, ha reclutato diversi medici cubani a dare manforte negli ospedali, ma la domanda viene spontanea: medici nostrani non ce ne sono? E se non ce ne sono, perché? Dipende forse dal numero chiuso nelle università o forse dal fatto che i nostri medici preferiscono lavorare nella sanità privata dove si guadagna di più? Domande destinate a restare senza risposte.

I medici cubani riescono a dare una mano per risolvere le carenze più gravi negli ospedali e chi li ha conosciuti ne parla come di medici preparati e disponibili, ma questo non risolve il problema se non nell’immediato e per poco tempo.

Qual è il progetto definitivo, se c’è un progetto, per uscire da questa crisi atavica nella sanità calabrese non è dato sapere. Certo è che tanta gente non riesce a curarsi perché non può permettersi visite e cure in strutture private, dove i pazienti spesso vengono scambiati per “contribuenti” invece che per ammalati.

Sono tanti i medici, cosiddetti specialisti in qualche ramo della medicina, che sommano il lavoro nelle strutture pubbliche e quello di visite private. Parlare di ricevute è una bestemmia e quando qualche coraggioso osa chiederla, la risposta è quasi sempre la stessa: se vuoi la ricevuta devi aggiungere l’IVA. Nella maggior parte dei casi però la ricevuta non viene mai chiesta per soggezione o per evitare di toccare la suscettibilità del “professore” del quale si ha certamente bisogno. Tutti sanno che questa è una prassi consolidata, ma nessuno osa toccare questi intoccabili. Sarebbe troppo pretendere anche una cifra massima, prevista per legge, da chiedere al paziente? Ognuno fa come gli pare; da un minimo di cento euro ad una cifra più grossa anche di cinque volte, tutto è possibile e senza dare conto a nessuno.

Ci sono poi le connivenze o, nel migliore dei casi, la disorganizzazione della sanità pubblica; quante volte i pazienti si sono sentiti rispondere che il tale strumento è rotto negli ospedali pubblici, ma funziona perfettamente nelle strutture private?

Quello che succede nei “pronto soccorsi” è di dominio pubblico; medici e infermieri maltrattati o addirittura picchiati da gente esasperata per le attese, ma qui c’è solo da fare un encomio a quelli che lavorano senza mezzi e con orari esasperanti. Basteranno i medici cubani a risollevare le sorti degli interventi di urgenza?

Anche il sistema delle prescrizioni mediche presenta ancora tanti aspetti negativi che fanno disperare i pazienti; è il caso delle malattie croniche. Cosa vuol dire avere una malattia cronica? Una malattia cronica è una malattia che presenta sintomi che non si risolvono nel tempo né giungono a miglioramento. Secondo la definizione del National Commission on Chronic Illness, sono croniche tutte quelle patologie "caratterizzate da un lento e progressivo declino delle normali funzioni fisiologiche". Se per ognuna di queste malattie e sono tante, c’è bisogno di assumere un determinato medicinale ed è sempre lo stesso, che bisogno c’è di recarsi dal medico di famiglia per farselo prescrivere? In questi tempi nei quali l’informatica la fa da padrone, non basterebbe andare semplicemente in farmacia a ritirare il proprio fabbisogno? Per fortuna i più giovani riescono a farsi inviare le prescrizioni on line evitando anche ressa negli studi medici, ma gli anziani, che sono anche i più cagionevoli di salute?

Fermo restando che non si vuole fare di tutta l’erba un fascio, i medici di famiglia di oggi sembra più degli impiegati che dei professionisti. Qualcuno pretende di osservare un orario di lavoro senza eccezione alcuna, qualche altro non effettua più di un certo numero di visite giornaliere, tanti altri per qualsiasi problema gli si presenti inviano i pazienti dagli specialisti con tutto quello che ne consegue: lungaggini burocratiche e tempi biblici per le stesse visite, a meno che non ci si rivolga al “luminare” che privatamente e dietro compenso economico, senza fattura, ti dice di cosa soffri; una vera odissea anche per questioni di poco conto.

Proprio per evitare di fare di tutta l’erba un fascio, si registrano anche casi positivi di medici preparati che fanno della loro professione una vera e propria missione. Qualcuno, nonostante sia in pensione, continua a rimanere a disposizione dei propri pazienti non rifiutando mai una consulenza, ma questi medici sono da considerare davvero mosche bianche.

Non ci resta che evitare di ammalarci.
 

Gino Campana
Autore: Gino Campana

Ex sindacalista, giornalista, saggista e patrocinatore culturale. Nel 2006 viene eletto segretario generale regionale del Sindacato UIL che rappresenta i lavoratori Elettrici, della chimica, i gasisti, acquedottisti e tessili ed ha fatto parte dell’esecutivo nazionale. È stato presidente dell’ARCA territoriale, l’Associazione Culturale e sportiva dei lavoratori elettrici, vice presidente di quella regionale e membro dell’esecutivo nazionale. La sua carriera giornalistica inizia sin da ragazzo, dal giornalino parrocchiale: successivamente ha scritto per la Provincia Cosentina e per il periodico locale La Voce. Ha curato, inoltre, servizi di approfondimento e di carattere sociale per l’emittente locale Tele A 57 e ad oggi fa parte del Circolo della Stampa Pollino Sibaritide