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«Altri progetti nel Porto? Non si conoscono investitori, business plan, né l’origine dei capitali»

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CORIGLIANO-ROSSANO – Anche Pietro Vulcano, membro del gruppo Io resto a Corigliano Rossano, fa il punto sulla questione relativa all’investimento di BH nel porto di Corigliano Rossano all’indomani dell’incontro sul tema con i capigruppo.

«Egregio Sindaco, mi rivolgo a Lei con un misto di delusione e preoccupazione. In occasione del consiglio dei capigruppo del 31 agosto, il gruppo "Io resto a Corigliano Rossano", di cui faccio parte, non ha avuto la possibilità di far sentire la propria voce. La delusione non è legata soltanto all’evento in sé, ma al fatto che, in un contesto tanto cruciale per il futuro del nostro territorio, sia stata data priorità alle argomentazioni del "NO", mascherate dietro la facciata di un consorzio agricoltori, mentre il nostro convinto "SI" è stato ignorato. Da un attivista come Lei, che ha condotto numerose battaglie improntate sulla trasparenza e la legalità, ci saremmo aspettati maggiore sensibilità verso tutte le voci, inclusa la nostra. Il gruppo "Io resto a Corigliano Rossano" è totalmente indipendente e nasce dal desiderio autentico di tanti giovani di poter tornare nella propria terra, ispirati dal motto "nessun posto è bello come casa mia". Per chiarire ogni dubbio sollevato da alcuni commentatori online, precisiamo che non riceviamo alcun finanziamento da parte di Baker Hughes. Ogni iniziativa che portiamo avanti è frutto del nostro impegno personale e delle nostre risorse.

«Il gruppo, nato il 10 agosto dalla volontà di molti giovani di non dover lasciare la propria terra, - va avanti Vulcano - oggi conta già circa 1.600 sostenitori. Non difendiamo solo la causa di Baker Hughes, ma tutte le iniziative che possano portare sviluppo sostenibile al territorio, senza interessi personali, al contrario di chi si oppone al progetto, spesso spinto da motivazioni politiche e politicizzate. Il nostro territorio, purtroppo, è in una fase di profonda crisi economica e demografica. L’esodo dei giovani, soprattutto dei neolaureati, è un fenomeno che continua a svuotare la nostra comunità delle sue risorse più preziose. L'agricoltura, che un tempo rappresentava una delle colonne portanti dell’economia locale, è oggi in una fase di stagnazione. Il turismo, nonostante le potenzialità, non è mai veramente decollato, e la pesca, un tempo fiorente, è ormai in crisi perenne. In questo contesto, appare immorale non dare ai giovani la possibilità di sognare un futuro nella propria terra. l progetto della Baker Hughes è l’unica vera e concreta opportunità che abbiamo per rilanciare il nostro territorio. Lei, da ingegnere, come me, sa bene quanto sia importante poter applicare quanto appreso negli anni di studio per contribuire alla crescita della propria terra. Quante volte abbiamo attraversato i lunghi ponti dell'Unical, sognando di poter un giorno restituire al nostro territorio quanto ricevuto in termini di conoscenze e competenze? Questo sogno lo nutriamo ancora oggi, e siamo certi che lo nutra anche Lei».

Poi aggiunge: «Sentiamo spesso dire dai sostenitori del "NO" che sul porto esistono straordinari e fantomatici progetti agroalimentari, navali, e di altro genere, di cui però non si conoscono né gli investitori, né i business plan, né l’origine dei capitali. Senza questi parametri essenziali, tali progetti rimangono soltanto vaghe promesse, utilizzate in modo strumentale e populistico per distogliere l'attenzione dal progetto Baker Hughes. Ma anche se tali progetti esistessero davvero, perché l’uno dovrebbe escludere l’altro? La verità è che non c’è niente di concreto oltre a questo investimento. Questa è un’opportunità che non possiamo permetterci di perdere. Da tecnici, siamo consapevoli che questo tipo di attività può essere realizzata solo a bordo banchina. Affermare il contrario equivarrebbe a dire "NO" al progetto e a condannare molti giovani a lasciare la loro terra per non farvi mai più ritorno. Come ben sa da ingegnere, se si applica un carico eccessivo (ossia si spinge troppo nella trattativa), le deformazioni non sono più elastiche ma diventano permanenti, portando infine alla rottura, ovvero alla fine della trattativa. È giusto trattare con Baker Hughes per ottenere il massimo impatto positivo sul territorio, ma bisogna ricordare che ogni trattativa ha un limite. Se l'obiettivo è spostare la produzione fuori dal porto, stiamo correndo un rischio enorme. Ci troviamo di fronte a una realtà che rispetta le normative più stringenti in termini ambientali e che, grazie al suo consolidato know-how, potrebbe solo arricchire il nostro territorio in termini di formazione e competenze. Questo progetto non rappresenta solo un’opportunità economica, ma anche un’occasione di crescita professionale e sostenibile per l’intera comunità. Al Suo posto, avrei chiesto a Baker Hughes un impegno ancora maggiore, magari sfruttando anche la parte retroportuale per ulteriori investimenti e creando più posti di lavoro. Si potrebbe affiancare alla produzione principale anche quella degli accessori necessari per completare le strutture che verranno realizzate. Che cosa faremo con 1,3 milioni di metri quadrati di porto, posizionato strategicamente nel cuore del Mediterraneo, lasciato a languire per mezzo secolo? Il progetto Baker Hughes ne occuperebbe solo 103.000 mq il 10% circa, lasciando ampi spazi aperti a futuri sviluppi e nuove opportunità. Al suo posto avrei chiesto a BH un impegno concreto per creare future sinergie tra l'azienda e la formazione locale, affinché questo progetto diventi un volano di crescita per l'intera comunità».

«Le retoriche che parlano di svendere o blindare un intero porto al capitalismo americano - osserva - sono prive di fondamento, né in cielo né in terra trovano radici. Oppure preferiamo lasciare questo porto, una volta simbolo di potenzialità, trasformarsi in una landa desolata di ferro e cemento sul Golfo di Taranto, dove l'unico padrone sarà la salsedine? Il tempo delle scelte è ora: restare ancorati all'immobilismo o abbracciare un futuro di sviluppo e progresso. Nel nostro territorio abbiamo un istituto tecnico industriale, lo stesso in cui anch'io ho studiato. Ricordo ancora quando i nostri professori di meccanica ci raccontavano con orgoglio che i migliori studenti venivano selezionati dalla Nuova Pignone. Ora che abbiamo l'opportunità di avere una realtà industriale di quel calibro direttamente qui, cosa facciamo? Rischiamo davvero di rispedire tutto al mittente? Dobbiamo invece cogliere questa occasione per costruire una solida collaborazione tra scuole e aziende, rafforzando i percorsi di alternanza scuola-lavoro. È fondamentale che i nostri giovani, soprattutto coloro che studiano materie tecniche, abbiano la possibilità di toccare con mano e vivere queste realtà produttive. Solo così possiamo garantire loro un futuro professionale ricco di opportunità, mentre allo stesso tempo contribuiamo allo sviluppo del nostro territorio. Sappiamo bene, e non solo noi due, che il progetto Baker Hughes rappresenta una possibilità unica, un'opportunità irripetibile che il nostro territorio non può permettersi di ignorare. Durante la conferenza dei Capigruppo di sabato scorso, Nuovo Pignone BH ha chiarito che la nuova industria nel porto genererà 180 posti di lavoro, di cui il 60% alle dirette dipendenze dell’azienda e il restante 40% da attività d’appalto, con manodopera interamente locale. Inoltre, questo investimento può generare un gettito di circa 20 milioni di euro l’anno per l’acquisto di materiali e materie prime, fondi che, con un piano d’impresa lungimirante, possono rimanere sul territorio, creando ulteriori posti di lavoro e favorendo lo sviluppo economico della nostra comunità. Non possiamo trascurare il fatto che stiamo parlando di un investimento di 60 milioni di euro, un'opportunità che catalizzerebbe un impulso economico senza precedenti. Anche il settore turistico ne trarrebbe indubbi benefici: l’incremento delle attività economiche nel porto stimolerebbe la crescita del flusso turistico, con un conseguente miglioramento dei servizi e delle infrastrutture ricettive. Questo, a sua volta, contribuirebbe a rafforzare l’immagine della nostra città, rendendola più attraente per i visitatori».

E ancora: «Davvero possiamo permetterci di ignorare questi numeri, voltando le spalle a un futuro di progresso e prosperità per la nostra terra? Appellarsi a un Piano Regolatore Portuale ormai obsoleto o a cavilli burocratici per ostacolare questo progetto è poco più di un alibi, una scusa per non assumersi la responsabilità di un 'no' che sembra già nell'aria».

«Negli ultimi giorni – ricorda Vulcano - si è discusso molto dell’istituzione della provincia della Sibaritide, con Corigliano Rossano candidata a esserne il capoluogo. Ma mi chiedo: che tipo di provincia sarà, se continuiamo a rifiutare opportunità di sviluppo come questa? Una provincia in crisi agricola, turistica e di servizi, con una popolazione sempre più anziana, rischia di trasformarsi in una "mega RSA" della Sibaritide. Questo è il momento di superare ogni cavillo tecnico per dare finalmente luce a un investimento di tale portata. Con il tempo e un confronto costruttivo con l'Autorità Portuale, il Comune potrà fare le proprie osservazioni sulla pianificazione portuale in relazione al territorio. Tuttavia, è un processo che richiede tempo, un tempo che purtroppo non abbiamo più a disposizione. Signor Sindaco, ora è il momento di dimostrare coraggio. Non abbiamo bisogno di ulteriori cavilli tecnici e burocratici, di cui già abbonda il nostro Paese. Siamo fiduciosi che Lei non abbia perso quella passione che l'ha contraddistinta nelle sue battaglie, né il coraggio di prendere decisioni difficili ma necessarie».

«Questo – conclude - è il momento di agire, con risolutezza e visione, per il bene della nostra comunità e delle generazioni future. Un 'Sì' oggi potrebbe non accontentare tutti, ma gli effetti positivi che ne scaturiranno saranno così concreti e significativi da far svanire ogni dissenso. Al contrario, un 'No' oggi lascerebbe un'impronta indelebile di rimpianto che il tempo non cancellerà mai. Signor Sindaco, non è il momento di frapporre ulteriori ostacoli burocratici. Desideriamo con urgenza l'opportunità di discutere con Lei, per condividere il nostro sostegno convinto al 'Sì'. Lei detiene il potere e la responsabilità di una scelta cruciale, e ora è giunto il momento di agire».

Rita Rizzuti
Autore: Rita Rizzuti

Nata nel 1994, laureata in Scienze Filosofiche, ho studiato Editoria e Marketing Digitale. Amo leggere e tutto ciò che riguarda la parola e il linguaggio. Le profonde questioni umane mi affascinano e mi tormentano. Difendo sempre le mie idee.