La Shoah raccontata ai detenuti di alta sicurezza: «Esercitare la memoria»
Gli studenti dell'Istituto penitenziario di Corigliano-Rossano hanno animato la tavola rotonda con lettere a internati immaginari e riflessioni sulla deportazione degli ebrei
CORIGLIANO-ROSSANO - Lunedì 29 gennaio, la sala teatro polivalente della Casa di Reclusione di Rossano, ha ospitato un evento per ricordare le vittime della Shoah. Una platea composta e un uditorio attento.
«C'è silenzio e raccoglimento – racconta una delle socie della Quercia di Mamre, Donatella Novellis. Fare ed esercitare la memoria è un processo complesso, mai scontato. Parte un video. A parlare è Ruth Hauber, internata al Campo di Ferramonti quando non aveva neanche 6 anni di età. Racconta quello che i ricordi di una bambina dall'infanzia negata le concedono: il bagno nel vicino fiume Crati, la malaria, famiglie sino a prima estranee e sconosciute, costrette a condividere tempi e azioni di una vita non riconosciuta in spazi in cui gli unici divisori sono delle tende; ancora, il filo spinato. E la gentilezza dei residenti, il Maresciallo che arrivava con la camionetta, faceva salire Ruth e gli altri bambini e li portava in giro nei dintorni. Era un gioco piacevole, restituiva quella dimensione di scoperta e stupore, necessaria nei primi anni di vita di un essere umano. E la paura. La paura della divisa fascista, di quell'uniforme che indossavano gli uomini che cercavano altri uomini. Ruth a lungo si chiese il motivo di quello sradicamento da Milano. Lei bambina, il fratello, i genitori. Presi e portati in quel Campo, in Calabria. Tuttavia più volte ripete: "Siamo stati fortunati" e sogna che non si ripeta più. L'intervista di Natalino Stasi a Ruth Hauber interessa ed emoziona. Viene applaudita forte, come la testimonianza raccolta e la verità raccontata, ascoltata. La memoria va esercitata, l'orrore della Shoah va raccontato ed ascoltato, anche qui. La forza della cultura deve arrivare ovunque. Lei, sì, non conosce barriere».
Testimonianze forti, che assumono un significato particolare in questo momento storico. Il riferimento sotteso è ad una delle più feroci e cruenti guerre in atto, quella che interessa proprio il popolo ebraico e quello palestinese. Una barbarie che non si appella alla memoria e che è responsabile di uno dei massacri più violenti della storia recente.
La memoria sull'Olocausto nel nostro territorio viene esercitata attraverso quanto è custodito nel Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia (CS) e dal racconto della sua Direttrice Teresina Ciliberti, anche Presidente del Parco letterario Ernst Bernhard. «È lei – spiega ancora Novellis - che racconta l'esperienza della Shoah di Ferramonti agli ospiti della struttura carceraria, sezione di alta sicurezza. Molti di loro conoscono la forza della cultura, della formazione: sono, infatti, iscritti a corsi di studio scolastici superiori ed universitari e sono supportati nell'attività di studio proprio dai volontari dell'associazione Quercia di Mamre. La professoressa Ciliberti, con energia e forza, mette in luce le peculiarità del Campo di Ferramonti: un luogo in cui è stato possibile salvare la dignità, dove gli Ebrei hanno avuto la capacità di autodeterminarsi, attraverso forme di autoorganizzazione democratica. Ogni baracca, infatti, eleggeva il proprio capobaracca. I capibaracca eleggevano l'overcapo, che organizzava la vita. Esisteva un Parlamento, che si riuniva periodicamente. C'erano le scuole nel Campo di Ferramonti, dall'infanzia alle superiori, che i 35 bambini internati frequentavano, come racconta il giornalista Riccardo Herman, l'uomo che segnò la storia con la caduta del Muro di Berlino e che a 13 anni di età fu internato a Ferramonti. E si fa memoria di vite, di persone, come Ernst Bernhard e come Padre Callisto Lopinot, il cui diario - di recente edito - rappresenta una fonte preziosa di conoscenza. Ma attenzione alle banalizzazioni, attenzione a pensare che si stesse bene. Non era così. La testimonianza di Ruth Hauber e di molti altri attesta un vilipendio della dignità. Poi l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la cesura che esso rappresenta: Ferramonti diventa un campo profughi in cui arriva da Rodi un gruppo di giovani palestinesi che portano entusiasmo e realizzano molteplici attività, tra cui dei viaggi in Palestina».
Gli studenti della Casa di Reclusione hanno poi animato la tavola rotonda con lettere a internati immaginari e riflessioni sulla Shoah. E, ancora, appelli alla pace ispirati alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il richiamo al contributo della senatrice Liliana Segre, di Anna Frank, di Primo Levi e del suo amico Lorenzo Perone, i quali hanno accolto la forza della cultura, facendo della letteratura uno strumento di salvezza contro le angosce della vita.
Un monito dunque a non dimenticare. Non saremo mai al riparo dalla possibilità che possa riaccadere e le cronache di questi mesi lo testimoniano: «Se la sofferenza vi ha reso cattivi, l'avete sprecata» (Ida Bauer).