Aggressioni alle donne «dovute all’istinto di possesso che innesca frustrazione e incapacità di vedere oltre la rottura della relazione»
Sulla ricerca della devianza giovanile, avviata dal Centro studi Cresesm, interviene Luigi Troccoli, già Ispettore periferico del Miur affrontando il problema del mondo contemporaneo giovanile alla luce della sua esperienza
CASSANO JONIO - Sulla ricerca della devianza giovanile, avviata dal Centro studi Cresesm, (della quale abbiamo già pubblicato l'intervista a Franco Leone, sociologo presso l’Azienda Sanitaria Provinciale) interviene anche Luigi Troccoli, già Ispettore periferico del Miur, Dirigente scolastico della Provincia di Cosenza, nonché docente, scrittore e giornalista- che ha affrontato il problema del mondo contemporaneo giovanile alla luce della sua esperienza.
«Il disagio giovanile contemporaneo è stato aggravato dalla pandemia, ma non è attribuibile esclusivamente ad essa, se è vero che c’era prima e continua ancora adesso. Le aggressioni alle donne -osserva Troccoli- che intendono interrompere le relazioni credo che abbiano cause ancestrali. Esse si verificano anche da parte di uomini che sembrano avere avuto un vissuto normale in famiglie coese. C’è, purtroppo, l’istinto di possesso che non viene rimosso quando l’altra si allontana e genera un senso di sconfitta, che innesca frustrazione e incapacità di vedere oltre la rottura della relazione, determinando un blocco di prospettiva di vita, del quale è ritenuta responsabile la partner».
Troccoli continua sull’uso dele droghe da parte dei giovani inserendo il problema nel contesto più vasto della società contemporanea: «L’uso di droghe è connesso a cause molteplici. La pressione del gruppo, - aggiunge - il desiderio di essere accettati, la fragilità derivante spesso da situazioni familiari deflagranti. Infine, la curiosità che spesso è la porta invisibile che apre alle dipendenze. Sono tanti i giovani che si inseriscono nel mondo del lavoro, lasciando spesso famiglie ed affetti e dirigendosi fuori regione o all’estero. Pertanto, non generalizzerei. In questo campo si generano anche differenze tra chi intraprende e chi attende. Nel mondo di oggi, in cui i bambini ed i ragazzi sono chiusi nei condomini ed avulsi dalla strada, che era l’educatrice prima, con la matrice solidale e stimolante del vicinato, i rapporti interpersonali sono creati artificialmente, senza l’aggregazione spontanea ed irriflessa tipica del gruppo dei vicini, o nelle palestre o nelle esangui reti digitali. Qui, empatia, fantasia, creatività, scontri tra pari, invenzioni di giochi e di regole davano sfogo e risalto a crescite autonome e autocostruite».
«Ad esempio, la lettera della liceale che parla della mancata di costruzione della persona da parte della scuola. La scuola italiana non è un costrutto uniforme ed omogeneo. Anche perché il docente, come gli studenti, non sono tutti uguali. C’è chi enfatizza il valore formativo delle discipline; c’è chi privilegia la relazionalità. Fatto sta che, in un mondo globalizzato e non parcellizzato in realtà politiche chiuse, in cui la competitività aumenta di livello ogni giorno che passa sia nel lavoro dei singoli sia nelle imprese, la realizzazione di sé esige anzitutto duraturi potenziamenti culturali. Proprio perché la debolezza da isolamento è visibile nei giovani, l’ingresso della figura dello psicologo nella scuola mi sembra non più procrastinabile».
Il ruolo della scuola, l’uso dei cellullari, dei social e della rete, la violenza di genere sono oggetto di riflessione da parte dell’ex dirigente scolastico della provincia di Cosenza: «Una cosa è certa: si è diluita la capacità della scuola di esigere o di evocare rispetto e si è attenuato il timore dell’autorità, sia perché i genitori non sono più alleati della scuola, ma dei figli, sia perché la scuola è da alcuni anni affetta da una sorta di manifesta difficoltà a reprimere gli errori ed a dare risalto inconfondibile al valore prospettico dell’impegno negli studi. Ritengo che i cellulari a scuola non debbano entrare. O non si portano o devono essere disattivati. Anche social e rete ormai permeano la vita dei ragazzi e dei giovani. Usati con parsimonia e con finalità mirate integrano la capacità di acquisire conoscenze. Il discrimine tra questa utilizzazione e quella ludica e disgregante sul piano morale e della formazione, sta nella capacità della scuola di esemplificare l’uso buono del mezzo e rigettarne gli impieghi perversi. È un’opera difficilissima, alla cui efficienza la famiglia potrebbe contribuire. La ventenne violentata dopo essere stata drogata. L’abiezione morale di chi fa questo denota l’emersione dell’istinto non scomparso della sopraffazione dell’altro, per fini di piacere. È l’uomo nel quale scompaiono migliaia di anni di evoluzione sociale, annullata, in un gesto, e riportata nella logica primitiva del possesso di ogni cosa che si ritenga essere un bene».