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I riti e le antiche tradizioni coriglianesi della settimana Santa: la condivisione di un evento paradossale

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CORIGLIANO-ROSSANO - Non sono avvenimenti consegnati agli archivi della storia quelli che la Chiesa ci fa celebrare ogni anno nella Settimana Santa, né va considerato come un personaggio storico, sia pur straordinario, l’uomo di cui essi parlano. Non sono avvenimenti da ammirare, ma eventi da imitare e nei quali essere coinvolti, e Gesù non è un eroe da esaltare ma un “vivente” e “contemporaneo” da seguire. C’è un momento fondamentale nella storia dell’umanità in cui tutto è cambiato: quel mattino in cui un uomo è uscito vivo dal sepolcro! Da quell’istante la morte non è più stata la parola definitiva sul destino umano, ma l’inizio di una nuova esistenza, di una nuova vita, quella vera, inaugurata dall’umile figlio del falegname di Nazareth: Gesù!

Celebrare, dunque, ogni anno i riti della Settimana Santa non significa ammirare a distanza i gesti e le parole di Gesù, ma essere coinvolti nella sua vicenda paradossale, nella consapevolezza che essa ha ancora da dire qualcosa all’uomo di oggi, affetto da “retrotopia”. Ed è in questa chiave di lettura, ma soprattutto avendo questo tipo di approccio, che i riti della settimana santa a Corigliano, da sempre, rappresentano un momento ricco di partecipazione e di fede. La tradizione coriglianese in questa direzione affonda le proprie radici ad alcuni secoli fa. Riti di una tradizione che, nonostante gli alti e bassi, non sono mai venuti meno, anzi si sono radicati nel tessuto cultura popolare.

La Settimana Santa vive liturgicamente i suoi momenti più significativi nel "Triduo Pasquale" che inizia il Giovedì Santo con la rievocazione del Sacramento dell'Eucaristia. È difficile risalire alle origini del rito dei "Sepolcri". Fino all'epoca carolingia nella giornata del giovedì si celebravano due messe: una per la fine della Quaresima e l'altra per l'inizio del Triduo Pasquale e successivamente si optò per l'unica messa "in Coena Domini" al termine della quale si esponeva nel tabernacolo sull' Altare della Reposizione, allestito per la sua venerazione. Non si sa quando si iniziò a chiamare "Sepolcri" questi altari ritenendoli impropriamente la tomba di Cristo. È certo che nel periodo barocco, l'usanza della visita ai sepolcri era già ben radicata nel popolo e soltanto recentemente, nel 1998, la Congregazione per il Culto divino sulla "preparazione e celebrazione delle feste pasquali" ha stabilito che il tabernacolo in cui viene custodito il "Corpo di Cristo" non deve avere la forma di sepolcro, così come deve essere evitato l'uso di chiamarlo in tal modo.

In un'altra parte del documento viene spiegato che la "cappella della reposizione" viene allestita non per rappresentare la sepoltura del Signore, ma per custodire il Pane Eucaristico per la Comunione che verrà distribuita il venerdì della passione di Gesù. Nell’altare vengono in genere collocati il tavolo simbolo del sacrificio e dell' imminente Pasqua, il pane ed il vino, i tredici piatti degli apostoli e il tabernacolo dove è collocata la SS. Eucaristia. Tra gli addobbi tipici, vanno ricordati i fiori bianchi e vasi germogliati dai semi di grano, germogliati al buio che simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte di Gesù alla sua Resurrezione. 

Nel tardo pomeriggio del giovedì la gente inizia la visita ai "sepolcri " dei quali occorre visitarne almeno tre (sempre comunque in numero dispari secondo un'antica tradizione ),  mentre anticamente non dovevano essere meno di sette.  Il "giro dei Sepolcri" rimane tuttavia uno degli eventi  più sentiti dai fedeli, anche se lo spirito della "visita"  è profondamente mutato rispetto ad un tempo. Tra i riti centenari, i veri protagonisti sono proprio i fedeli, ai quali la storia da secoli affida la genealogia delle tradizioni popolari. Le varie parrocchie esistenti sul territorio cittadino stanno organizzando vari momenti per ricordare, in maniera solenne, la passione, morte e resurrezione del Salvatore.

Ma su una in particolare vogliamo porre la nostra attenzione, perché rientra proprio in quello scenario storico-culturale-popolare, di cui si diceva in precedenza, e cioè i riti della Settimana santa organizzati, ormai da secoli, dalla Congrega “Maria SS. Dei Sette Dolori” di Corigliano Centro. Questa Confraternita è indicata dalla tradizione e dagli storici locali come la seconda di Corigliano, successiva solo a quella di S.Giacomo, ed ha molto probabilmente origini cinquecentesche, considerando che di altre confraternite, nate successivamente a questa, sono già venuti alla luce documenti del cinquecento. Come dicevamo, a distanza di tanti secoli, ancora oggi la Congrega dell’Addolorata, guidata dal Priore Francesco Paolo Oranges, continua ad essere attivissima.

Come avviane ormai da tantissimo tempo la Confraternita organizza i riti della settimana santa che raccolgono la stragrande maggioranza dei coriglianesi. I riti, preceduti dal settenario in onore del Cuore Addolorato di Maria, iniziato il 25 marzo e conclusosi lo scorso 31 marzo, inizieranno giovedì 6 aprile con i riti del giovedì santo. Alle 23 solenne veglia di preghiera nella Chiesa dell’Addolorata (conosciuta dai coriglianesi come A Ghesiella) che si trova ai piedi del castello ducale, che durerà per l’intera notte con preghiere e canti in vernacolo coriglianese.

Venerdì 7 aprile dalle 4, dalla chiesa di S. Maria Maggiore muoverà l’antica processione “dei flagellanti” che visiterà gli Altari della Reposizione allestiti nelle chiese parrocchiali. La sera, alle ore 20, dalla chiesa “Mater Dolorosa”, si snoderà per le vie del centro antico, la suggestiva ed imponente “Processione dei Misteri”. A cui parteciperanno le parrocchie della vicaria, guidate dal vicario foraneo, don Gaetano Federico. «Caratteristica e toccante – racconta la studiosa di storia locale Teresa Gravina Canadè – la processione del venerdì santo, durante la quale vengono portate per le vie del paese le statue dei misteri dolorosi del Rosario, la Bara di Cristo, il Crocifisso e l’Addolorata. Sfilano a tarda sera, in mesto e lunghissimo corteo, i confratelli, vestiti del candido saio coperto dalla mozzetta nera e dalla fascia blu, con la scritta ricamata in nero “Servi di Maria”, e le consorelle con la stessa fascia sul soprabito nero. Tutti recano fra le mani una piccola torcia, la cui fiammella crea effetti suggestivi lungo le impervie stradine del centro storico. Rinnovando con commossa devozione un antico culto». La passione, morte e risurrezione di Cristo è ancora oggi evento “salvifico” per coloro che ad essa aderiscono con la propria esistenza, perché – come ricorda san Leone Magno – “quel giorno non è passato in modo che sia passata anche la forza intima dell’opera che fu allora compiuta dal Signore”.

Giacinto De Pasquale
Autore: Giacinto De Pasquale

Classe 1958, ha profondo rispetto per il lettore, da qui il motto “prima la notizia e poi il resto”. Giornalista dal 2002. È dal lontano 1976 che inizia a scrivere sul “Giornale di Calabria” di Pietro Ardenti. Inizialmente si occupa solo di cronache sportive. Sempre dal 1976 con “Radio Libera Corigliano” e poi con varie emittenti quali TLC, Video Erre e TeleA1 Corigliano. Nel corso degli anni si occupa anche di cronaca nera, politica e culturale. Ha collaborato con Gazzetta dello Sport, Gazzetta del Sud e Il Quotidiano della Calabria. È direttore della prestigiosa rivista culturale “Il Serratore” e gestisce il blog ilcoriglianese.it. Nel 2014 è nella redazione fondante de “L’Eco dello Jonio”. Oggi ritorna con l’entusiasmo di chi sa che fare informazione in questa nostra terra di Calabria è difficile, ma grazie all’Eco dello Jonio tornerà a raccontare in maniera sincera quello che accade, per contribuire alla crescita sociale e culturale di questo nostro fantastico territorio