Terzo Megalotto, opere compensative in alto mare: nessun accordo tra comuni
Mentre il 50% della quota (18,7mln) sta per essere assegnato al Parco Archeologico di Sibari per le opere di rilevanza archeologica, gli 8 comuni dell’Alto Jonio non trovano la quadra sulle opere che devono mitigare l’impatto ambientale

CORIGLIANO-ROSSANO – Che la realizzazione di una palestra piuttosto che la riqualificazione di una chiesa non fossero interventi da poter inserire nel quadro delle opere da realizzare per compensare l’impatto ambientale del costruendo Terzo Megalotto della Statale 106 (Sibari-Roseto) lo avevamo scritto già nell’aprile scorso. Da allora, ad oggi, però rispetto alle richieste, anche curiose, dei territori su come investire quei quasi 19 milioni di euro derivanti dal grande progetto di ammodernamento della statale, di passi avanti pare non ne siano stati fatti.
Non c’è nulla di nuovo. Gli otto comuni (Roseto Capo Spulico, Amendolara, Trebisacce, Cassano Jonio, Cerchiara di Calabria, Villapiana, Francavilla Marittima e Albidona) rimangono abbarbicati sulle loro posizioni. Che, seppur riviste in qualche proposta di intervento, restano distanti da quanto stabilito dal tavolo tecnico a cui siedono Regione Calabria, Ministero dell’Ambiente e Ministero delle Infrastrutture.
E se da un lato il 50% della quota per le opere compensative – un fondo di circa 18,7 milioni di euro – sta per essere trasferito alla direzione del Parco Archeologico di Sibari che, sotto la direzione di Filippo Demma, è diventato anche soggetto attuatore delle opere di rilevanza archeologica collaterali e necessarie nell’ambito dei lavori di realizzazione della Sibari-Roseto, dall’altro i soldi dei comuni restano fermi. E rischiano seriamente di perdersi.
C’è di fatto un motivo di fondo che tiene bloccata la questione: il viadotto Pagliara. Cosa succederà alla grande infrastruttura che sovrasta Trebisacce una volta che il traffico della SS106bis che attualmente scorre su quel ponte sarà dirottato sulla nuova strada? L’Amministrazione comunale trebisaccese guidata da Sandro Aurelio pare intenzionata a tenere dritta la linea che fu già dell’esecutivo Mundo, quella di procedere alla demolizione del grande manufatto di cemento armato. Una soluzione che troverebbe il pieno conforto anche del Tavolo tecnico pronto a deliberare affinché parte dei fondi delle opere compensative spettanti ai comuni (18,7 milioni) venissero investite in questa direzione. Il problema, però, è che tale operazione di demolizione e caratterizzazione dell’area in cui oggi sorge il viadotto Pagliara assorbirebbe quasi del tutto le risorse disponibili, che ricordiamo sono il 2% dell’intero importo dell’opera (l’1% considerando che una metà è stata già assegnata al Parco di Sibari).
Come fare, allora, ad uscire da questo cul-de-sac? Ci sarebbero più soluzioni, che passano però tutte dal trovare un accordo territoriale tra comuni (operazione, questa che non può essere demandata a nessun altro ente, men che meno ad Anas). Atteso che quanto paventato da qualche amministratore – cioè, dividere la somma tra i comuni quasi come se fosse un risarcimento – appare un’ipotesi alquanto remota e forse anche impraticabile. Una cosa è certa, la maggior parte delle opere proposte fino ad oggi dalle Amministrazioni comunali sono impraticabili perché – per quanto sottolineato dal Tavolo tecnico – non rispondono ai requisiti di mitigazione ambientale.