Arriva il treno ibrido, ma i problemi della linea ferroviaria jonica restano
Il racconto del viaggio andata e ritorno Rossano-Catanzaro: due ore e diciassette minuti per quasi 140 km. Tra paesaggi incantevoli e scorci deturpati dall’uomo

CORIGLIANO-ROSSANO - Sono comparsi in questi giorni numerose foto postate da politici compiaciuti della comparsa quasi miracolosa del primo treno ibrido sui binari della jonica. Loro, evidentemente, la jonica non l’hanno mai percorsa in treno.
Io l’ho fatto oggi, andata e ritorno, Rossano-Catanzaro. Due ore e 17 minuti per quasi 140 km. Un po’ troppo. Il treno, quello della generazione successiva alla “littorina”, non è molto confortevole quanto ad odore di nafta e rumore. Per il resto personale di qualità e pulizia soddisfacenti. Il fatto è che oltre che essere lento, fa molte fermate, le corse sono davvero poche e non connesse al resto della rete nazionale. La fermata di Cutro è emblematica. È come il treno del west nel deserto. Eppure lì, ad un chilometro, c’è l’aeroporto Sant’Anna che potrebbe essere raggiunto in cinque minuti!
Per il resto il viaggio è di una bellezza straordinaria. Avvicinandoci a Cirò attraversiamo i vigneti del “Feudo”, il miglior terroir dell’omonimo Doc. Una distesa sconfinati di filari tenuti bassi per difendersi dal vento che viene dal mare e posti là fin dalla Magna Graecia. Resti di antiche cantine alle stazioni di Strongoli e Crucoli ricordano che la ferrovia fece uscire quel vino dai confini locali portandolo fin in Francia quale vino da taglio.
Poco più a nord di Cirò la ferrovia lambisce il mare. Siamo a Punta Alice, luogo straordinario di macchia mediterranea piegata dal vento dove si conservano ancora i resti di quel che fu il Marcato dei Saraceni che qui da noi non venivano solo a guerreggiare ma anche per scambiare mercanzie.
Oggi la macchia mediterranea esplode di colori per la primavera incipiente e le colline delle dune costiere, qui ancora intatte, sono già ricoperte di fiori.
Arrivando a Cariati e poi a Mirto lo scempio dell’uomo sulla costa appare in tutta la sua straordinaria violenza sulla natura. Lungo la strada ferrata sono disseminati cataste di tralicci che dovrebbero elettrificare la linea, ma di operai se ne vedono pochi.
Poi verso Rossano riappare il prezioso paesaggio dell’uomo, quello dell’uliveto antico di millenni e quello più recente degli agrumi in una straordinaria combinazione di tonalità di verde.
Arrivo alle 14,30. Con l’altoparlante che lo annuncia in inglese a fantomatici turisti.
Domani si riparte, ma non con l’ibrido. Restano i problemi della jonica che la sua estemporanea comparsa non risolve.
(Racconto di Tonino Caracciolo)