Al "Giannettasio" il Pronto soccorso è diventato una lungodegenza... che ingolfa l'emergenza-urgenza
Anche fino a una settimana di ricovero nel reparto d'urgenza. Il diesse dell'Asp Rizzo:«C'è bisogno di medici strutturati interni che prendano davvero in carico sia il paziente che l'ospedale»
CORIGLIANO – ROSSANO – Un codice celeste può dare diritto fino a una settimana di vitto e alloggio gratis. Ma non stiamo parlando di una vacanza in qualche resort, bensì del pronto soccorso di Corigliano-Rossano dove il mare, se dice bene, si può scorgere soltanto dalla finestra.
Svariate le segnalazioni di cittadini che, entrati in ospedale, sono rimasti anche fino a 7 giorni all’interno del pronto soccorso. Non stiamo certo parlando di urgenze indifferibili o di pazienti con funzioni vitali compromesse. Ma di codici bianchi, verdi. Dunque di casi non urgenti. Tuttavia è inammissibile, in primis per il paziente e poi anche per il buon funzionamento della struttura e per le casse della Sanità, che una persona che potrebbe essere indirizzata direttamente al reparto di competenza - secondo l’approccio del fast track - oppure essere curata in ambulatorio, debba stazionare giorni e giorni nel reparto d’urgenza.
La matassa è più ingarbugliata di quanto sembra.
Medici a gettone Annosa e comune a tanti ospedali d’Italia è la questione dei medici a gettone. Il personale manca, soprattutto in reparti come quello d’urgenza, i livelli essenziali di assistenza vanno garantiti ed ecco che allora si ricorre a “medici in affitto”. Questa pratica non solo comporta un’emorragia di fondi, dal momento che queste figure professionali vengono pagate molto di più rispetto ad un medico normalmente assunto, ma provoca delle conseguenze anche sul trattamento dei pazienti. Chi si trova di turno oggi per poi magari ritornare nello stesso pronto soccorso tra una settimana, difficilmente si prende la responsabilità di dimettere qualcuno o è animato da quella solerzia nel far svolgere tutti gli esami e accertamenti il più in fretta possibile in modo da far dimettere velocemente la persona.
Rispetto ad uno strutturato, che quello che rimanda oggi se lo ritrova nello stesso reparto domani, il medico a gettone il giorno successivo si troverà altrove e con uno scenario del tutto diverso. Poi c’è la questione del titolo: molti professionisti a gettone che prestano servizio nei pronti soccorso non hanno la specializzazione in chirurgia e medicina d’urgenza.
Medicina territoriale Non ci sono più i medici di base di una volta. Difficilmente vengono a casa a visitarti ma molto facilmente prescrivono esami e visite specialistiche. Ecco che mancano le strutture capillari sul territorio, non c’è più il medico generico concepito come quello che una volta veniva comunemente chiamato medico di famiglia. Di qui il sempre crescente numero di ingressi ai pronti soccorso anche con sintomi di scarsa rilevanza clinica.
«La speranza – commenta Martino Rizzo, direttore sanitario dell’Asp di Cosenza – è che le case di comunità e il servizio di assistenza integrata domiciliare (A.D.I.) prendano a funzionare a pieno ritmo. E’ indispensabile anche che i medici di base facciano da baluardo alla salute dei cittadini per evitare il loro ricorso al pronto soccorso anche quando non è necessario».
E questa può essere una valida ricetta contro il congestionamento dei reparti d’urgenza. Ma come si spiega una degenza (a questo punto tanto lunga?) per pazienti con codici verdi?
«Stiamo lavorando per trovare una soluzione alla carenza di personale - aggiunge Rizzo - e fare in modo che nel nostro pronto soccorso ci siano medici che guardi in faccia oggi ma che puoi trovare nello stesso reparto anche domani. Insomma dei medici strutturati interni che prendano a cuore i pazienti e l’ospedale».