Il teatro Valente, quello scrigno di storie, tradizioni e leggende nel cuore del centro storico di Corigliano
I lavori di restauro della storica struttura cittadina avvennero 17 anni fa ma il vero e proprio rilancio della ribalta è recente. Riscopriamo la storia di questo monumento della cultura civica
CORIGLIANO-ROSSANO - Proprio in questi giorni si stanno ricordando i lavori di recupero e restauro del Castello ducale conclusi esattamente 20 anni fa. Lavori che restituirono all’intero territorio una struttura autentico fiore all’occhiello del patrimonio storico-artistico e culturale dell’intera Calabria. Ma è giusto ricordare anche i lavori che interessarono, tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila, il Teatro Valente, sempre nel cuore del centro storico coriglianese. L’inaugurazione avvenne il 19 febbraio 2006, esattamente 17 anni fa.
Una struttura questa che è stata sempre nel cuore dei coriglianesi, perché, come vedremo, ha visto frequentare i propri locali diverse generazioni. Francesco Cilento è stato il progettista e direttore dei lavori del Teatro Valente e del Complesso della Riforma, un lavoro questo che il professionista di Acri, ha portato avanti con amorevole passione, verso una struttura che ha da sempre considerato un patrimonio di inestimabile valore storico-artistico per l’intero Mezzogiorno. Questo suo legame affettivo con la struttura lo portò, il 19 febbraio del 2021 ad indirizzare una “lettera aperta” all’attuale amministrazione comunale, attraverso la quale lanciava un autentico “grido d’allarme” sullo stato di abbandono in cui versava il “Teatro Valente”.
Da allora l’esecutivo Stasi si mise in moto e qualche mese più tardi la struttura riprese a funzionare, tanto che ha ospitato diverse manifestazioni, nonché il “Premio nazionale Vincenzo Valente”. Ma l’architetto Cilento non era la prima volta che pubblicamente interveniva in difesa dell’utilizzo della struttura, infatti già nel 2017 aveva preso posizione.
In quella circostanza Cilento affermò: «Ricordo per l’esattezza che l’inaugurazione dello stesso avveniva il 19 febbraio 2006 e, per giunta, in tutta fretta perché l’amministrazione Genova, che della legislatura aveva decretato la fine anticipata per nuovi obiettivi elettorali del Sindaco, potesse esserne la fautrice. Cosa questa che comportò una corsa contro il tempo per l’espletamento delle procedure di collaudo e per l’ottenimento delle certificazioni previste dalle leggi vigenti: prima fra tutte quella rilasciata dal Comando Provinciale dei vigili del fuioco. Ricordo inoltre – aggiungeva Cilento - che la struttura di che trattasi è stata dotata di tutti gli spazi, le attrezzature e gli impianti richiesti quali: foyer, sala e galleria con 140 posti a sedere, palcoscenico con sipario azionato da motore elettrico, camerini e servizi per gli artisti, bar (ancora in attesa di essere completato), luci di scena e di sala, climatizzazione, uscite di sicurezza a cielo aperto e, unitamente ad un’ottima acustica per la presenza del rivestimento in legno delle pareti, un moderno impianto di amplificazione. Ricordo infine che, attigui al Teatro, sono stati resi agibili, dopo una ristrutturazione attenta per la quale sono occorsi due anni di lavori (2007/2009), gli spazi dell’ex Convento della Riforma (in cui è incluso il teatro stesso) distribuiti su tre piani e affaccianti sul cortile interno. Detti spazi, per scelte progettuali, condivise e approvate dall’Amministrazione Comunale del tempo, i cui lavori sono stati finanziati con fondi europei, avrebbero dovuto costituire per il centro storico di Corigliano un nucleo integrato di musica, arte e spettacolo (vedi il protocollo d’intesa tra l’allora sindaco De Rosis e il direttore Reda del Conservatorio di Cosenza, nonché i contatti intercorsi fra il De Rosis e la sig.ra Lojodice Tieri)».
Adesso, per fortuna, come si diceva la struttura è tornata pienamente in attività. Dicevamo che il “Teatro Valente” costituisce un pezzo di storia importantissimo per la città di Corigliano. Il compianto prof Giuseppe Franzè cultore e studioso di storia locale ci racconta proprio la nascita del teatro in città. Ma chi era Giuseppe Franzè? Nato a Maropati, un piccolo paesino in provincia di Reggio Calabria, Giuseppe (Peppino) Franzè fu un bravissimo insegnante di scuola elementare negli anni ’50 e ’60. Ben preparato, esercitò con passione l’attività di insegnamento, distinguendosi per i suoi metodi innovativi nel campo educativo-didattico. Persona seria e, soprattutto, onesta, partecipò attivamente alla vita politica della città di Corigliano nelle fila del Partito Socialista.
Il 4 luglio del 2009, Peppino Franzè terminava a Corigliano il suo percorso terrestre. Questo il racconto del prof. Franzè sulla nascita del teatro cittadino. «Già dal 1857, il Sindaco Luigi Caruso pensava alla realizzazione di un teatro, ma in Consiglio Comunale le sue idee furono considerate molto avveniristiche. Quando ritornò Sindaco nel 1862, riprese il suo progetto, ma fu il Regio Commissario Angelo Carosio ad iniziare i lavori del teatro con alcuni interventi di demolizione e di ristrutturazione nel vecchio Convento dei Riformati. Anche se non ultimato, il teatro fu inaugurato nel 1894 dal Sindaco, dott. Antonio Cimino con la denominazione di “Teatro Principe di Piemonte”, in omaggio a Vittorio Emanuele, ospite a Corigliano dei Baroni Compagna nel 1891. Chiuso per lavori in corso, fu riaperto nel mese di febbraio del 1898 con la proiezione del primo film visto in città, ad iniziativa del cav. De Maria, ma la macchina si inceppò dopo pochi minuti in un coro costernato di fischi, che cessò quando, fuori programma, il giovane universitario Francesco Cavalieri si esibì cantando spiritosamente alcuni pezzi di operette. Nel successivo mese di aprile il teatro ospitò il primo spettacolo vero e proprio con la Compagnia Fagiano-Di Gennaro-Alterio. I camerini-spogliatoi furono finalmente ultimati nel 1900 e l’anno dopo il teatro registrò il pieno, anche se soltanto 32 avventori pagarono regolarmente il biglietto di ingresso di 10 soldi. L’attore Bragaglia della Compagnia Scacco fu spesso applaudito per le sue eccellenti perfomances sceniche. In dicembre (1901), al fine di bloccare la franchigia, fu firmato un contratto di autogestione con la Compagnia Delos-Rios e le famiglie degli attori si stabilirono in città. Per Natale furono allestite “La Cavalleria Rusticana” e la celebre macchietta di Scarpetta “Le pecore viziose” con una cinquantina di presenze (12 soldi a testa). Le cose andarono meglio con 75 presenze paganti nel mese di gennaio del 1902 ,quando andarono in scena “A Santa Lucia” di Salvatore Di Giacomo, “L’anello incantato”, “Santa Teresa” e “L’Otello”. Poi, i Delos-Rios, resisi conto di non potercela fare finanziariamente, lasciarono il teatro, che vivacchiò sino al 1905, ossia sino a quando non arrivò in città la Compagnia di Rocco Andreani, che interpretò l’esilarante ed eccentrico Pulcinella, accettando il 75% degli incassi. Da allora, le Compagnie napoletane ritennero poco gratificante la loro presenza a Corigliano e solo nel mese di luglio del 1909 i fratelli Carraro, con la “Fedora”, “Lucrezia Borgia”, “La Signora della Camelie”, “Il Padrone delle ferriere” e la “Tosca” riuscirono a segnare un grande record di incassi con una media di 60 presenze a spettacolo. Ma Francesco Dragosei era ormai molto demoralizzato e pensava a nuove alternative. Preso atto della crisi ormai endemica del Teatro, asfissiato dagli scarsi introiti e dall’impossibilità del Comune di erogare contributi di sostegno, Francesco Dragosei, nel mese di giugno del 1910, si recò a Napoli per vedere una macchina cinematografica francese e, dopo avere avuto particolari sulla spesa totale e sulle modalità di acquisto, ritornò dai gestori del Cinematografo “Oreon” per formalizzare l’intesa sul noleggio delle pellicole, ma l’accordo si arenò quando i napoletani chiesero una cauzione di 7 mila lire (all’epoca, il Dragosei soffriva di una grave depressione finanziaria, accentuatasi con le spese del processo di Messina, quando fu assolto per avere ucciso la moglie). Nel mese di novembre, a Rossano aprì i battenti il Cinematografo “Roma” di Peppino Romano ed il Dragosei, che si era mosso in parallelo con l’amico rossanese, fu colto da un diffuso malessere anzitutto psichico. Pagata la prima rata di 800 lire, la macchina francese di proiezione giunse a Corigliano, senza il tubo di areazione e senza i ventilatori di dissipazione del calore. Con l’arrivo del tubo, scambiato dai curiosi per un cannone, il “Cinematografo Internazionale” fu aperto al pubblico il 25 agosto del 1911, ma, dopo pochi minuti, la macchina si bloccò per un eccesso di calore, che, fra l’altro, provocò lo svenimento della signorina Salatino. Completata l’installazione di tre ventilatori, ad opera del giovane coriglianese Alfonso Scarcella, nel mese di febbraio del 1912 furono proiettati “La Gerusalemme Liberata” e “La Caduta di Troia”, ma i maggiori incassi furono realizzati nelle tre domeniche successive, quanto, di mattina, furono riproposti i film per i giovani avventori, a 5 soldi a testa. Poi, a causa della mancanza di film, si pensò al rilancio del Teatro e nel 1913 i giovani Vincenzo Tieri, Fanelli, Perri e Magliocchi interpretarono “Il dovere del Medico” e “Partita a Scacchi”. “L’internazionale” si rifece vivo nel 1915 con i tre capolavori di F.Berini, ”Onestà che uccide”, “Principessa Straniera” e “Amazzona Mascherata”. Poi, Teatro e Cinematografo vennero chiusi sotto l’incalzare degli eventi della Prima Guerra Mondiale. Nel 1917, il Teatro cambiò denominazione e divenne “Teatro Trento e Trieste” e, per l’occasione, fu proiettato il film “Spartaco”. (in ottobre, Vincenzo Tieri, pur sapendo che il Teatro era ancora ufficialmente chiuso, volle portare in scena “Pietro Carusi” ed “Il Cantico delle Creature”, interrotte dalla contestazione delle donne, in maggioranze mogli di soldati in guerra). Nel mese di maggio del 1927, ebbe i natali il “Cine-Teatro V. Valente».