SOS anidride carbonica: l’acqua frizzante sarà introvabile. Perché?
Il problema è dovuto al processo di produzione e distribuzione CO2: è diventato troppo costoso. Capiamo insieme il motivo di questa situazione

CALABRIA - L’anidride carbonica utilizzata per produrre l’acqua gasata scarseggia. Il rischio è che si troverà sempre meno nei supermercati. A segnalare il problema è stata una delle maggiori aziende italiane del settore, leader europeo delle acque oligominerali, che produce circa un miliardo e mezzo di bottiglie all’anno. Il problema è dovuto al processo di produzione e distribuzione di CO2: è diventato troppo costoso. Capiamo il motivo di questa situazione: come si distinguono le acque gasate in commercio e come si produce l’anidride carbonica?
L’anidride carbonica “grezza” può provenire da sorgenti naturali come pozzi profondi o mofete, può essere il prodotto di scarto di processi chimici (sintesi di ossido di etilene o sintesi di ammoniaca) o provenire da processi biologici (come le fermentazioni o le produzioni di bioetanolo). A seconda però della concentrazione di CO2 nel gas grezzo estratto ci sarà un processo di lavorazione più o meno dispendioso: più è bassa la concentrazione, più aumenta il costo industriale.
Una volta prelevata la CO2 grezza dalla sorgente, questa attraversa un primo passaggio di compressione per poi essere purificata e filtrata attraverso una serie di tecnologie diversificate sulla base del tipo di contaminante. In effetti l’anidride carbonica può inizialmente presentare contaminati quali: composti dello zolfo, contaminanti inerti (O2, N2, Ar) e idrocarburi (metanolo, benzene ad esempio).
Dopodiché viene distillata, liquefatta e stoccata. Tutto questo processo, dall’estrazione ai vari passaggi che abbiamo ripercorso, richiede un grosso apporto energetico e quindi, in particolare nell’ultimo periodo, un costo estremamente alto che va a sommarsi ai costi sempre maggiori anche del trasporto. L’anidride carbonica liquefatta deve essere trasportata (in cisterne e serbatoi di stoccaggio coibentati) ad una temperatura che varia fra i –35 e i –15°C, mentre quella allo stato solido in cisterne refrigerate a circa –78.5°C. Questo rende chiaramente più complesse tutte le esportazioni e importazioni.
Ecco dunque che il rincaro dei costi dell’energia ad ampio spettro (specialmente quello degli ultimi mesi) ha portato molte aziende a scegliere di chiudere dei siti di produzione di CO2 e, conseguentemente, ha implicato la vendita della poca CO2 prodotta al comparto della sanità e il mancato rifornimento delle aziende produttrici di acqua frizzante.
(Fonte Camilla Ferrario – GeoPop, foto la repubblica)