Nel mondo siamo conosciuti solo per Tropea, la Cipolla rossa e la ‘Nduja. E tutto il resto?
È una narrazione scarna, limitata quella che fino ad oggi è riuscita a trasmettere di sé la Calabria. Quando gli “esploratori” arrivano nella Sibaritide trovano una terra incantevole che non conosce (e non promuove) nessuno
CORIGLIANO-ROSSANO – Li abbiamo trovati con gli occhi spalancati, a bocca aperta e quasi disorientati, sbalorditi… estasiati. È ormai un’immagine classica, che non fa notizia, quella che vedono gli autoctoni ogni qual volta un turista si ferma davanti alla maestosità del Castello ducale a Corigliano o del San Marco a Rossano, oppure trovandosi sotto gli archi imponenti di via Roma o, ancora, faccia a faccia con i dipinti murari (quel che ne resta) della Panaghia. È gente affascinata dalle bellezze che esprime questo angolo di terra di Calabria; affascinata dai profumi genuini della salsa o del soffritto di peperoncino che emanano dalle case dei centri storici all’ora di pranzo e che poi diventano companatico sulle tavole di qualche trattorie disposte ancora a credere ad un turismo enogastronomico.
Nelle settimane scorse vi abbiamo raccontato dell’esperienza di un gruppo di 25 turisti statunitensi “sbarcati” quasi inconsapevolmente sulle coste della Calabria del nord est alla scoperta di questo luogo (ne abbiamo parlato qui) e anche in quell’occasione li avevamo beccati a ‘ncialare le bellezze del centro storico di Rossano dopo una meravigliosa scorpacciata di prodotti tipici sui tavoli de La Bizantina. Con loro ad accompagnarli c’era Antonio Tedesco, tour operator che di visitatori stranieri in giro per il territorio ogni anno ne porta a migliaia, ma sempre troppo pochi, in percentuali millesimali, rispetto a quanto, invece, potenzialmente potrebbe offrire questo angolo di terra in termini di numeri turistici.
Sotto la barba di Tonino, ogni volta che accompagna un gruppo di stranieri tra le bellezze inesplorate del territorio ionico e della Sila Greca c’è sempre, però, un sorriso amaro, una felicità mista a malinconia per quello che si fa e per quel tantissimo che si potrebbe fare se solo ci fosse un’azione corale e culturale che desse davvero una connotazione turistica a questo territorio. Del resto si potrebbe vivere solo di quello. Ma sul serio!
E se da un lato ci sono gli stranieri estasiati, dall’altro quindi ci sono gli operatori del settore che “si mordono i gomiti”. E non capiscono perché in quanto a politiche per il turismo, la Calabria si è infilata in un tunnel dal quale non riesce proprio ad uscire. Eppure di risposte sulle “cose che non vanno” ne abbiamo a iosa. E ci arrivano dagli stessi “turisti esploratori”.
Nei giorni scorsi a Corigliano-Rossano è arrivato un nuovo gruppo di americani. Non un gruppo qualsiasi ma 20 tour operator provenienti da diversi stati degli Usa. Sono stati qui per una educational mirata alla ricerca di nuove destinazioni da proporre ai clienti nelle loro agenzie in America. Ad accompagnarli in quel classico giro fatto di sapori, storia e bellezze artistiche – manco a dirlo – c’era sempre Tedesco, che ha voluto e organizzato questo tour conoscitivo. Ci presenta Grace Grillo, una newyorkese con origini calabresi presidente della Grace’s Distinctive Properties una catena di agenzie turistiche operanti nello stato di New York.
«Ma noi in America di queste bellezze che avete qui non ne sappiamo nulla» ci dice subito, prima delle presentazioni di rito, Grace. E senza troppi convenevoli. Il suo italiano è molto forbito e anche la sua determinazione sembra proprio quella dei calabresi. «Questa è un’altra Calabria, che ha unicità inimmaginabili che da sole valgono il costo di un viaggio. Ma che nessuno, proprio nessuno, conosce». Ce lo ripete a cantilena e poi, con quell’accento italo-americano ricorda ancora entusiasta: «Abbiamo mangiato i pip’e’patat e le pruppett e lumingian di Piero accompagnati dai distillati di Perla di Calabria. This is wonderfull!».
Poi l’entusiasmo di Grace si trasforma in meraviglia e poco dopo in incredulità. «Lo sapete per cosa è conosciuta la Calabria tra i turisti americani?» Ci stringiamo tra le spalle, non ne abbiamo la più pallida idea. Anche perché di turisti americani alle nostre latitudini ne vediamo davvero pochi. «Ve lo dico io» ci dice con fare perentorio: «La Calabria è conosciuta per Tropea, Cipolla rossa e ‘Nduja. Stop!». La Calabria nello skyline che vede lo Zio Sam si ferma qui.
«Perché Enit (l’agenzia nazionale del turismo, ndr) taglia fuori il resto della Calabria dalle campagne di promozione? La Calabria del nord-est, poi, – ribadisce e sottolinea Grace Grillo – è come se non esistesse tra le destinazioni turistiche». E questa è una bellissima domanda che tout court giriamo agli enti preposti, affinché magari trovino e diano risposta.
E i Bronzi di Riace? Le arance e le clementine della Sibaritide? il Codex di Rossano? l’Arco Magno di San Nicola Arcella? Gli scavi archeologici di Sibari o di Roccelletta di Borgia? E i centri storici di Altomonte e Cosenza, le spiagge di Soverato, la Sila e le sue meraviglie? Nada de nada. Nulla, non si sa nulla. E a cosa sono serviti anni di promozione e di milioni di euro spesi? Praticamente a niente.
I buyer del turismo nemmeno sanno che esistiamo. E il dramma più grande è che la Sibaritide rimane ancora un’altra Calabria, alle volte troppo distante dal resto della narrazione regionale e isolata dalle aree limitrofe e contermini come il materano e il metapontino.
A proposito, sapete qual è la destinazione ambita da molti turisti che alloggiano nella Sibaritide? Matera. Sì, proprio la Città dei Sassi. Sapete perché? Ve lo racconteremo in un’altra tappa di questa nostra inchiesta.