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Sibari-Roseto: la storia di un'opera travagliata e con costi mostruosi "lievitati" sui tavoli di progettazione

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CORIGLIANO-ROSSANO – È una storia travagliata, come tante in Calabria, quella che ha portato alla fase realizzativa del Terzo Megalotto della Statale 106. Un cordone ombelicale lungo 38km, la maggior parte in galleria, che collegherà il troncone della statale ionica apulo-lucano a Sibari e quindi all’autostrada del Mediterraneo. In pratica quella strada, ormai in divenire, sarà l’anello di congiunzione mancante per chiudere il collegamento tra l’Adriatico e il Tirreno.

Se ne iniziò a parlare all’inizio degli anni ’90 proprio quando in Puglia e quindi in Basilicata partì la realizzazione della doppia corsia che finiva proprio con l’inizio del territorio calabrese. Quella strada fu realizzata quasi in tempi europei e non senza problemi. Poi qualche anno più tardi arrivò la realizzazione del lotto tra Policoro e Roseto Capo Spulico, che si completò poco meno di dieci anni fa (nel 2012). E una volta chiusa quella pratica se ne aprì un’altra, quella storica del Terzo Megalotto.

Una gestazione elefantiaca

Un progetto con una gestazione lunghissima partita anch’essa negli anni ’90 e conclusasi nel 2004 sulla base di 3 ipotesi iniziali corrispondenti a tre distinti, ma non lontani tra loro, percorsi. Una di queste prevedeva il semplice raddoppio della Superstrada esistente. Un altro un percorso riprendeva in parte l’ipotesi più montana del progetto autostradale e infine un terzo percorso di “compromesso” detto mediano intervallato da gallerie e viadotti ma a poca distanza dalla statale esistente.

Fu la terza ipotesi a prevalere non senza polemiche e mal di pancia. Si pensi che la Conferenza dei Servizi preliminare durò due anni, dal 2002 al 2004. Ci furono centinaia di obiezioni, l’una contrapposta all’altra e più semplicemente schierate l’una sul lato della tutela e della salvaguardia del territorio, l’altra – invece – sulla necessità di garantire “modernità” ad un territorio che stava e continua a rimanere fuori dalle grandi comunicazioni.

L’importo iniziale dell’opera era di 750milioni di euro

Ad ogni modo nel 2007 venne depositato il progetto preliminare da parte di Anas. L’importo iniziale dell’opera si aggirava attorno ai 750 milioni di euro. Che in questa fase lievitò fino ad arrivare a 950milioni di euro.

Si fecero veri e propri capitomboli per impedire che quei 38 km di asfalto e civiltà non venissero cancellati per sempre dalla storia. Ma evidentemente c’era, anche per avere questo diritto, un prezzo da pagare. Sarebbe stato un prezzo salatissimo.

Nel 2011 il contratto d’appalto

Nonostante tutto, nel 2011 si arrivò all’aggiudicazione della gara e l’anno successivo (nel 2012) si procedette a formalizzare il contratto d’appalto. Giungeva così nel 2013 notizia dell’affidamento alle imprese Astaldi/Impregilo del compito di redigere il progetto definitivo muovendo proprio dal succitato “percorso mediano” basato sull’utilizzo di molteplici gallerie, naturali e artificiali. E questo, tradotto, significò altri soldi in più che portarono l’ammontare dell’opera a 1miliardo e 200 milioni di euro.

Un tracciato che accontentò le esigenze di tutti ad un prezzo: quasi il doppio di quello iniziale

In pratica l'attività istruttoria partita nel 2013 si completò solo nel 2018, comportando tutta una serie di riprogettazioni dovute alle tante prescrizioni. Nel corso della lunghissima istruttoria del progetto definitivo, però, da Roma arrivarono importanti richieste di rivisitazioni del progetto da parte del Contraente generale.  Ci furono i pareri vincolanti del Ministero dei Beni e della Attività culturali per i diversi siti archeologici che sorgono sul versante ionico montano, ma anche altri interventi “pesanti” da parte del Ministero dei Trasporti, del Consiglio Superiore dei lavori pubblici così come del Ministero dell’Ambiente. Insomma, una serie di “ingerenze” – se così si possono definire – insieme a quelle di tanti altri ricorsi posti in essere da parte di privati cittadini. Si adeguarono i progetti e con essi anche i costi. Insomma, un vero e proprio campo minato entro al quale far passare questa strada. E che di riflesso fece lievitare il costo dell’opera dai circa 750milioni di euro iniziali è arrivato a costare, al computo finale dei costi, 1 miliardo e 300 milioni. Una cifra colossale da capogiro, quasi il doppio di quanto si era previsto di farla costare alla genesi. Con questi soldi si sarebbero potute costruire altre opere, nuove strade!

In questi giorni, grazie anche all’associazione Basta Vittime sulla Statale 106, siamo venuti a conoscenza di alcuni importanti rilievi da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione che mettono alla luce proprio la spesa folle di progettazione per la realizzazione di questa opera i cui costi sono lievitati enormemente sui tavoli dei progettisti e nel verbo dei tanti ricorsi senza che i cittadini della Calabria del Nord-Est vedessero realizzato nemmeno un metro di quella strada.

Il parere di Anac

«Dai controlli effettuati da Anac – si legge nella relazione dell’Autorità nazionale anti corruzione - sull’opera emerge un rilevante aumento del costo complessivo dell’intervento, e ritardi enormi nella realizzazione. Il ricorso alla figura del contraente generale non ha consentito nel caso della statale 106 Jonica, come in numerosi altri casi vigilati dall’Autorità, di eseguire l’appalto nel rispetto né degli importi previsti, né nelle tempistiche concordate. In base a quanto emerge dalle indagini Anac - che ha affrontato il caso nella seduta del Consiglio del 15 settembre 2021 - già al momento della progettazione esecutiva, il costo contrattuale era aumentato da 790 milioni (previsti nel contratto del 12 marzo 2012) a 980 milioni, con un aumento del 24%; mentre il valore complessivo dell’investimento è passato da 1 miliardo e 200 milioni a 1 miliardo e 300 milioni».

La posizione di Anas: «Giusto il parere dell’Anac che si riferisce però alle fasi propedeutiche all’avvio dei cantieri»

Su quanto evidenziato da Anac abbiamo provato a sentire i vertici di Anas che nel frattempo, da quel lontanissimo 2007 ha cambiato quasi totalmente la sua costellazione manageriale. Ci hanno risposto sinteticamente che «l’articolo pubblicato sul sito dell’Anac prende in esame la figura del General Contractor introdotta nel 2001 dalla Legge Obiettivo e, in particolare, si riferisce al complesso iter di definizione delle tre fasi progettuali (Preliminare, Definitivo, Esecutivo) relative al Terzo Megalotto della 106 Jonica che, come noto, hanno avuto un percorso autorizzativo molto complesso e soprattutto lungo. Pertanto tutte le corrette osservazioni dell’Anac, si riferiscono alla fase antecedente all’avvio del cantiere. Ad oggi i lavori per la realizzazione del Terzo megalotto della 106 Jonica proseguono come da cronoprogramma». Questo è quello che dice Anas.

Una strada nata con sprechi abnormi

Insomma, una strada che è nata con sprechi abnormi sin dal suo concepimento e che ha portato ad avere un costo salatissimo per le tasche dello Stato. Ora, però, il dado è tratto e non si può più tornare indietro: né con questa né con altre opere che sono in predicato di divenire nel prossimo futuro sul territorio. Soldi, in realtà, ce ne stanno tanti ma vanno razionalizzati per creare quante più opere a servizio del Paese (speriamo non più inutili come l’Autostrada Brebemi che collega Brescia a Milano e che ha un volume di traffico probabilmente dimezzato rispetto a quello che si registra sulla SS106 Sibari-Crotone).

I lavori, lo abbiamo visto con i nostri occhi, sulla Sibari-Roseto, sul Terzo Megalotto, vanno avanti e sarebbe follia se non fosse così dopo quel po’ po’ d’investimento. Anas ci dice che si procede spediti «secondo cronoprogramma». Certo, il passato di Anas condito di tante fumose promesse non promette nulla di buono ma, adesso, per la prima volta vediamo tecnici, dirigenti, responsabili e progettisti gravitare su questo territorio. Li vediamo presenti a metterci la faccia. In passato non era così e questo vorrà pure significare qualcosa.

Marco Lefosse
Autore: Marco Lefosse

Classe 1982, è schietto, Idealista e padre innamorato. Giornalista pubblicista dal 2011. Appena diciottenne scrive alcuni contributi sulla giovane destra calabrese per Linea e per i settimanali il Borghese e lo Stato. A gennaio del 2004 inizia a muovere i passi nei quotidiani regionali. Collabora con il Quotidiano della Calabria. Nel 2006 accoglie con entusiasmo l’invito dell’allora direttore de La Provincia, Genevieve Makaping, ad entrare nella squadra della redazione ionica. Nel 2008 scrive per Calabria Ora. Nell’aprile 2018 entra a far parte della redazione di LaC come corrispondente per i territori dell’alto Jonio calabrese. Dall’1 giugno del 2020, accoglie con piacere ed entusiasmo l’invito dell’editore di guidare l’Eco Dello Jonio, prestigioso canale di informazione della Sibaritide, con una sfida: rigenerare con nuova linfa ed entusiasmo un prodotto editoriale già di per sé alto e importante, continuando a raccontare il territorio senza filtri e sempre dalla parte della gente.