5 ore fa:Notti dello Statere, questa sera le premiazioni e il ricordo dell'attore Pietro Genuardi
3 ore fa:«Contraddittorio e fuori tema, io parlo di soluzioni, non di scontri». Rapani replica a Stasi
35 minuti fa:Calopezzati, Fratelli d'Italia tuona: «Basta degrado nel borgo marinaro»
4 ore fa:Sibari, il Canale degli Stombi torna ad essere navigabile
1 ora fa:Anziano colto da malore soccorso da volontario e trasportato d'urgenza a Cosenza
2 ore fa:Cariati inaugura la stagione estiva 2025 tra Bandiera Blu e luci sul mare
4 ore fa:Sicurezza sul lavoro, Uila spiega agli operai agricoli come usare il defibrillatore
1 ora fa:Ripristinata la passerella per disabili vandalizzata a Galderate
1 ora fa:Serve programmazione, non reazioni d’immagine
3 ore fa:Atto vergognoso e ignobile a Galderate: vandalizzata la passerella per i disabili

Covid, numeri sottostimati nei piccoli centri della Calabria: La psicologa: «Ecco perché»

1 minuti di lettura

La psicologa Francesca Cartolano dell’organizzazione datoriale Unsic analizza le motivazioni che spingono coloro che hanno contratto il coronavirus a non rendere noto il loro contagio e lo spiega in un comunicato precisando: «In psicologia si definisce "stigma sociale". Si tratta di una sorta di "marchio negativo" associato alla condizione specifica di una persona, compresa una malattia. A ciò è conseguente l'atteggiamento di nascondere agli altri il proprio status. È un fenomeno che investe soprattutto i piccoli centri: se un tempo riguardava principalmente i cittadini disabili, oggi si sta riproponendo con il Covid-19, soprattutto nei paesi meno popolati anche in Calabria».

«In conseguenza di ciò, molte famiglie contagiate asintomatiche o paucisintomatiche preferiscono non rendere pubblica la propria condizione, isolandosi in casa. Troncano per un periodo ogni relazione sociale, evitano di contattare medici ed Asl, non si sottopongono ai tamponi. L'esito è la sottrazione alla contabilità ufficiale del numero dei contagiati».

«Sono atteggiamenti figli di vecchi stereotipi sociali, della diffidenza e della paura di ciò che non si conosce – spiega ancora la psicologa Francesca Cartolano che sta approfondendo il fenomeno - stigma e vergogna costituiscono un binomio presente e studiato in molte epidemie ed oggi si ripresenta con il Covid-19. All'origine c'è anche un fattore che investe il mondo della comunicazione: l'adozione di un linguaggio non consono e colpevolizzante, caratterizzato da termini negativi – si pensi a 'untore', 'caso sospetto', 'infermo' o 'isolamento' - e che finisce per perpetuare gli stereotipi esistenti. L'esito, in alcune circostanze, è la preoccupazione per la disumanizzazione del contagiato, per cui molte persone finiscono per isolarsi totalmente, evitando anche di farsi visitare da un medico».

«Ovviamente non è facile quantizzare la portata del fenomeno, presente principalmente nel Mezzogiorno. Di certo anche questa tessera del mosaico, insieme ai tanti asintomatici e alle omesse comunicazione dei casi di positività da parte di laboratori privati (come accertato nei giorni scorsi dai Nas), tende ad abbassare il conteggio ufficiale dei contagiati, a cui andrebbero aggiunte qualche migliaio di unità».

«Se ne parla poco, ma esiste una corposa letteratura in materia – continua la dottoressa Cartolano -  ad esempio le indagini del professor Antonio Lasalvia dell'Università di Verona, che partendo dai confronti con le epidemie precedenti, si sofferma sul fenomeno associato al Covid-19 evidenziando tra i motivi dell'accentuazione, tra l'altro, la mancanza di informazioni certe sulla malattia. Oppure, a livello internazionale, gli studi di Sidney Levin e Leon Wurmser. La dottoressa Cartolano conclude - Affrontare il tema è importante perché stigma e vergogna investono i diritti civili al pari di altre piaghe sociali ed ostacolano l'implementazione di corrette risposte di sanità pubblica». 

 

Carmine Milieni
Autore: Carmine Milieni