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ARIE E RECITATIVI - Un cugino nervoso e bizzarro: Piero Maroncelli

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Messo alle strette dall’abilissimo magistrato imperiale austriaco Antonio Salvotti sul perché lui e il Pellico fossero soliti chiamarsi cugini, Piero Maroncelli rispose che si chiamavano a quel modo poiché innamorati di Carlotta e di Gegia Marchionni, cugine tra loro… Fu quasi una facezia, poiché di quel titolo si fregiavano gli affiliati alla Carboneria, e farla in barba al Salvotti era impossibile. Dannati a morte e poi graziati, i due, né essi soli, patiranno lo Spielberg. Vi languirono dall’Aprile del 1822. Sul Maroncelli, che aveva conservato carte destinate al fuoco e che interrogato non si mostrò all’altezza, i rimproveri piovvero come grandine; insieme, però, fu avvolto da una nube di perdono. A perdonare, e non soltanto allora, fu Silvio Pellico.

Maroncelli era nato a Forlì, nel Settembre del 1795. Studiò Musica a Napoli, s’avvicinò alla Massoneria, sperò nell’astro, fugace, di Murat. Tornato in terra di Romagna e oramai carbonaro, poetò e musicò una Cantica per la festa di San Giacomo. Il testo (mai lo lessi, così come mai lessi la sua Vita di Arcangelo Corelli) spiacque alle autorità, e Maroncelli patirà un anno di prigione papalina. Poi fu a Milano: giornalista, scrittore, musicista, cospiratore. Il 6 Ottobre 1820 sarà arrestato. Il 13 lo sarà pure Pellico. Lasceranno lo Spielberg il primo Agosto 1830. Per un tumore, a Piero era stata amputata una gamba. Separatisi a Mantova, Silvio andò a Torino, Piero a Bologna, né più mai si rividero.

Nel 1832 Pellico pubblica Le mie prigioni. La traduzione francese uscirà l’anno dopo, corredata da una Introduzione biografica e dalle Addizioni: del Maroncelli l’una e l’altre. Il libro del Pellico conobbe stuoli di lettori innamorati. Aspro il giudizio dei liberali più convinti, che accusarono Silvio d’essersi infiacchito, acido quello dei più retrivi tra i cattolici, che lo lessero come un attentato fintamente mite all’ordine costituito. Minacce anonime giunsero al Pellico via Poste. Le Addizioni di Piero furono messe all’Indice. Pellico, nei Capitoli aggiunti a “Le mie prigioni”, perdonò “l’infelice Piero Maroncelli”, amico autentico e perciò alieno da intenzioni vili, e gli scrisse per lettera “t’amo assai, non ostante quel tuo ingegnoso, ma disarmonico libro delle Addizioni.”.

Amici, dunque, Silvio e Piero; cugini carbonari; cugini in quanto innamorati di due cugine e attrici drammatiche allora di gran fama… Se i loro fati s’incrociarono, le loro memorie della prigionia si tennero per mano. La pagina del Pellico ha una compostezza grigio argentea; lucidità, comprensione, perdono, dignità ferma e vigile, alta e virile tristezza – il suo mondo interiore. Cromatica è la pagina del Maroncelli, agile ratta insolita sintetica; schizza con precisione, argomenta con brio, chiude con ferrea conseguenza o per scarti inattesi, stimolantissimi. L’Addizione al capo decimosettimo è cronaca è storia è teoria letteraria è visione del mondo e delle civiltà. La Buona Novella cristiana definisce esplicita e scinde il magmatico impasto di tenebra e di luce lungo cui si snodano le epoche e gli attimi della vicenda umana: “ogni umanità è cristianismo, ogni non cristianismo è antropofagia”; sintesi viva di cuore e di mente, la Letteratura cristiana è cormentale, e cioè profonda e salvifica; quella pagana, ricalcante il nudo profilo delle cose, sarà da chiamarsi profilare. Per grato prodigio, vi furono pagani cormentali; per prodigio tristo, vi possono essere cristiani profilari: “chi essendo nato ne’ tempi cristiani, non vi si conferma, è un Socrate satanico che distrugge il principio buono, siccome il Socrate di Atene distruggeva il principio cattivo.” Cormentalità, in breve, è scavo, possesso chiaro ed affettuoso, divinità nel petto umano, odio del male, fraternità tra gli uomini.

Mentre Pellico s’avviava a percorrere la china d’un sempre più intenso e soavemente sofferto silenzio, il più pugnace Maroncelli viveva una breve intensa stagione nella Parigi di Luigi Filippo, re dei Francesi e non di Francia, re borghese, re del tricolore. Piero vi s’infiammò d’un doppio amore: per la contralto Amalia Schneider e per le idee comunitarie collaborative palingenetiche di Charles Fourier. Sposerà Amalia e, giacché la Francia di Luigi Filippo fu sempre delusoria per chi sognava un mondo nuovo, veleggeranno verso il Nuovo Mondo nell’autunno del 1833. A New York li chiamava, lui musicista letterato e martire, lei cantante già nota e ammirata, il progetto d’un Teatro d’Opera. Ideatore e animatore dell’impresa, un vecchio ma verdissimo testimone di un’Europa vanìta da un pezzo: il libertino, scanzonato librettista di Salieri, di Brunetti, del Bianchi, di Martín y Soler; soprattutto, librettista di Mozart, e cioè Lorenzo Da Ponte. L’Italian Opera House sorse davvero, e inizialmente prosperò. Pian piano, tutto finì nel nulla. Piero, che ne era stato Maestro del coro, prese a dare lezioni, di Italiano e di Musica; Amalia si dedicò ai concerti. Gli Stati Uniti erano terra fertile al verbo di Fourier, al suo disegno di un’Armonia universale; la Cormentalità di Maroncelli risonava all’unìssono, e Piero, membro della Fourier Society, non si risparmiò. Non la rivoluzione, ma l’esempio, avrebbero fatto sorgere ovunque i falansteri sognati da Fourier. “Persino i morbi contagiosi” (scrisse a Federico Confalonieri) sarebbero scomparsi con l’umanità nuova finalmente padrona della terra.

Piero visse così i suoi giorni d’America. Generoso vivace acuto gentile caloroso cavalleresco e irritabile lo disse chi lo frequentò, o soltanto conobbe. Tra essi, Edgar Allan Poe, che ne notò pure “gli occhi azzurri e stanchi”. Amalia, che sempre lo amò, gli diede una figlia: Silvia, in onore del Pellico, padrino per procura.

Malato e in povertà, Maroncelli morì a Nuova York una sera d’Agosto del 1846.

Ettore Marino
Autore: Ettore Marino

Lettore, se ne hai curiosità, sappi che Ettore Marino, arbërèsh di Vaccarizzo Albanese, è nato a Cosenza nel 1966; che ha collaborato e collabora con varie gazzette cartacee e digitali; che per Donzelli Editore è uscita, nel 2018, la sua "Storia del popolo albanese. Dalle origini ai giorni nostri"; che nel 2021 è diventata libro, per le Edizioni "ilfilorosso", una sua raccolta di liriche intitolata "Patibolo"; che nell’Aprile del 2022 ha pubblicato, per Rubbettino Editore, "Un quadrifoglio, verde tra le spine. Traduzioni da poeti italoalbanesi"; che ha scritto molte altre cose di cui va talora chiedendosi se resteranno sempre inedite; che è arcilieto di collaborare con L’Eco dello Jonio; che il Covid, di cui pure ha patito, non gli ha fatto dismettere l’uso del tabacco; che ignora quando e come morirà.