Piogge torrenziali ed è subito allerta. Senti come viene giù da Genova a Parma, dal Gargano alla Piana di Sibari: già, tutto il mondo è paese. Un Paese pieno d’acqua. L’Italia, e ancor di più la nostra
Calabria, sono attraversate da mille torrenti, ruscelli e acque interne. I
fiumi, poi, che tagliano a due i panorami jonici ai confini con i centri abitati, sono forse il nostro “
tallone d’Achille”. Quei corsi d’acqua che nascono larghi e ciottolosi per poi restringersi nel confluire a mare, solo a guardarli fanno paura, anche quando nei periodi stagionali di secca non vi scorre un rivolo d’acqua ma diventano ricettacolo di ogni sorta di pattume, pietrisco e sterpaglie. Armi, diciamo noi, bombe ad orologeria pronte ad esplodere nei letti dei fiumi ai primi scrosci di pioggia più intensa o protratta nel tempo. E se quegli enormi bacini davanti ai quali passiamo quotidianamente, come per esempio il nostro
Crati, arrivassero a raccogliere tanta acqua da rompere i loro argini naturali, saremmo pronti a contenerli? Sarà, forse, più facile ritrovarsi di fronte a quelle scene apocalittiche impresse a fuoco sulle prime pagine dei quotidiani, quasi uno schiaffo a quella prevenzione di cui tanto si chiacchiera, si discute, si parla. Già, sono solo parole in fondo. Perché, dalle catastrofi del passato, non si è riuscito a raccogliere nessun insegnamento. Dati e documenti alla mano, infatti, è facile trovare testimonianze di
alluvioni,
esondazioni e
frane che hanno segnato questo territorio, proprio a causa della furia dei nostri
Trionto,
Colognati,
Cino (solo per citare i più importanti). Certo, non si deve viaggiare troppo indietro nel tempo: come dimenticare l’esondazione del Crati nel gennaio del 2013 che ha ingoiato buona parte del nostro prezioso
Parco archeologico di Sibari, che ancora galleggia fra acqua e fango. Nel 2009 come oggi,
Corigliano continua ad affogare nelle piogge autunnali e invernali: è in continua emergenza a causa del mix micidiale di acque abbondanti,
dissesto idrogeologico e l’effetto imbuto dei torrenti. Avremo mai la capacità di porre rimedio a questi problemi, iniziando a tenere puliti i letti dei fiumi, svuotandoli di rifiuti e vegetazione selvaggia? Magari stappando gli scoli dai detriti che ostacolano il regolare fluire delle acque? A voler fare un esempio paradossale, era forse meglio quando un tempo, in cui non si parlava ancora di tutela ambientale, c’era chi abusivamente portava via dai greti massi, pietre e materiale sfruttabile nelle costruzioni edilizie contribuendo al libero scorrere dei fiumi. Un lavoro che adesso dovrebbe spettare a politici e istituzioni che, nella legalità, potrebbero e dovrebbero garantirci che le nostre città non si trasformino in delle nuove “
Genova”. D’altro canto, non è mai troppo tardi per intervenire. Basterebbe qualche attenzione in più, ad esempio spendere quei finanziamenti, circa 220 milioni di euro stanziati e spendibili ma di cui di fatto sono stati utilizzati solo 7 milioni di euro per solo cinque cantieri aperti, quando invece di interventi programmati ce ne era tanto bisogno su almeno 185 urgenze. Numeri da capogiro. Agli enti preposti e ai nuovi amministratori, come il nostro nuovo Presidente della Provincia
Mario Occhiuto, chiediamo un occhio di riguardo al bene delle nostre terre. I vecchi proverbi sanno sempre indicarci la strada: prevenire è meglio che curare.
m. f. s. t.