COSA É SUCCESSO A CIVITA LO SCORSO 21 AGOSTO. DOVE SI TROVANO LE STAZIONI PLUVIOMETRICHE Il 21 agosto scorso a
Civita non ha piovuto. Nel corso della mattinata c’era il sole e quando, intorno alle 14,30, un’onda alta tre metri, che trascinava fango e detriti, ha investito coloro che si trovavano nelle gole del Raganello, più o meno all’altezza del “ponte del diavolo”, lasciando 10 persone senza scampo, dal cielo non arrivava una goccia d’acqua, c’era qualche nuvola che minacciava l’orizzonte. Ma dove ha piovuto? E, soprattutto, quanto ha piovuto? Si sa che più a nord, a San Lorenzo Bellizzi, pioveva. Ma se sia arrivata tutta da quella zona l’acqua che si è incanalata nelle gole non è un dato scientificamente misurato. Le stazioni pluviometriche più vicine rispetto al bacino del torrente Raganello si trovano a Cerchiara e a Cassano allo Ionio. Troppo lontane, non hanno registrato piogge. Le stazioni per la misura delle piogge in Calabria sono poche rispetto alle esigenze del territorio. Non solo la rete pluviometrica non copre bene la regione ma è anche mantenuta male. Da circa tre anni, infatti, la rete è priva di un contratto con un operatore che monitori lo stato di funzionamento delle varie stazioni. Al momento sta lavorando il vecchio operatore ma, senza contratto, lavora a scartamento ridotto, intervenendo nella manutenzione ordinaria. Ma non vi è certezza che tutte le stazioni funzionino e vengano riparate in tempo reale.
LE DIRETTIVE INATTUATE Le stazioni pluviometriche, circa 150 in tutta la regione, segnano quanti millimetri d’acqua cadono. Il principio sottende al fatto che in ogni metro quadrato, alto un millimetro, cade un litro esatto di pioggia. Quando i pluviometri cominciano a segnare 9-10 millimetri devono scattare delle precise procedure così come previsto dalla nuova direttiva adottata a novembre 2017 (“Sistema di allertamento regionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico in Calabria”). Ma la nuova direttiva non è mai diventata operativa. Così come è rimasto sulla carta il decreto approvato a dicembre 2017, sulla scia della direttiva “Approvazione, organizzazione e funzionamento della sala operativa regionale”, che prevedeva il mettersi in moto di differenti fasi operative in base ai vari livelli di allerta, sia in fase “previsionale” che di “evento in corso”. Tra i compiti della Protezione civile, infatti, il soccorso è solo una parte del lavoro. Vi sono anche compiti di previsione e prevenzione. Mancano stazioni pluviometriche capaci di coprire tutto il territorio, nonostante un finanziamento da 11.409.294 euro per la creazione di un “centro funzionale multirischi 2.0” dell’Arpacal (l’annuncio è stato dato a novembre 2017) e la “Realizzazione del sistema regionale integrato della Protezione Civile: adesione convenzione Consip Spc” (per un importo di 3.365,435 euro) che prevederebbe, tra le altre cose, 80 nuove stazioni pluviometriche di cui tre proprio nell’area del Raganello. Le procedure risultano “in attuazione” anche se non sono per nulla chiari i tempi di questa attuazione. E segnalare un’allerta, gialla o rossa, non basta. In Calabria le zone di allertamento sono costituite da 8 macroaree per cui, per esempio, se viene segnalata un’allerta rossa nella zona del Tirreno cosentino, allarme che prevede la chiusura delle scuole, è possibile che piova a Paola ma non a Scalea. Una volta individuate le aree di allertamento la macchina presenta delle mancanze anche a causa di una grave carenza di personale.
L’ALLARME INASCOLTATO Il 14 aprile scorso, il geologo Paolo Cappadona ha lasciato il suo ruolo di responsabile dell’Unità operativa “Coordinamento delle emergenze, dei sistemi informativi territoriali e Ced” della Protezione Civile con una dura e allarmante lettera alla quale però è seguito il silenzio da parte degli organi regionali e della stessa Protezione civile. «Lascio per la riduzione di personale in sala operativa e l’utilizzo improprio dei dipendenti», scriveva Cappadona che, in particolare, lamentava l’organico insufficiente durante le emergenze. La lettera di dimissioni, inviata al dirigente generale del dipartimento Presidenza, Domenico Pallaria, al dirigente della Protezione civile Carlo Tansi e al capo di gabinetto del presidente della giunta regionale, Gaetano Pignanelli, metteva in luce le gravi carenze in seno alla Prociv calabrese. In primo luogo l’impossibilità di attuare quelle famose direttive e il conseguente decreto di cui sopra che prevedeva che in fase di pre-allarme, e nelle fasi successive il coordinatore tecnico si recasse fisicamente in sala operativa per assumere il coordinamento dei lavori. Era necessario, dunque, che venisse individuato un congruo numero di funzionari per «garantire la continuità del servizio con turni in reperibilità h24». Ma il numero dei funzionari non era mai sufficiente tanto da far ricadere sul geologo, come lo stesso scrive nella lettera di dimissioni, ogni incombenza. Lo stesso Cappadona racconta com’è stato gestire un’emergenza a marzo scorso, quella delle mareggiate che hanno interessato la costa tirrenica. Quando il Comune di Cetraro ha inviato una richiesta di supporto a causa degli estesi allagamenti causati dalla mareggiata, il geologo si è recato nella sede della sala operativa dove gli veniva comunicato che servivano due pompe idrovore e una torre faro. Cappadona si prodiga a chiamare il referente del centro mezzi e scopre che lo stesso centro non era presidiato da nessuno perché sia il referente che la squadra di turno erano occupati, su ordine del dirigente Tansi, in attività in un Comune dell’alto Ionio cosentino. Senza che il responsabile del coordinamento delle emergenze ne sapesse nulla. A quattro mesi dalle denunce di Cappadona, nessuno si è degnato di rispondere e cercare delle soluzioni. Ma Paolo Cappadona non è il solo da avere lasciato la Prociv rinunciando anche alla indennità relativa all’incarico ricoperto. Tra il febbraio 2016 e luglio 2018 sono 10 i responsabili che hanno lasciato: il responsabile del rischio sismico (febbraio 2016), il responsabile della sede di Crotone (novembre 2016), il responsabile del rischio idrogeologico (aprile 2017), il coordinatore dei sopralluoghi tecnici, il responsabile della sala operativa regionale (ottobre 2017); il responsabile della sala operativa regionale (novembre 2017); il responsabile della sede di Vibo (febbraio 2018); il responsabile del coordinamento delle emergenze (aprile 2018); il responsabile dell’attuazione progetti con fondi comunitari (aprile 2018); il responsabile degli affari generali (luglio 2018); il responsabile dell’area rischi naturali (luglio 2018). Questo ha causato problemi in diverse unità operative che si sono trovate prive di un responsabile: coordinamento emergenze e sala operativa; affari generali; rischi naturali; attuazione progetti finanziati con fondi comunitari.(
fonte corrieredellacalabria.it)