di MARTINA FORCINITI È ancora lei,
la strada della morte, ad aprire lo scenario mentale di chi ha capito quanto superficialità e politica ballino insieme. Ora e sempre, soprattutto
in quel Mezzogiorno in cui si continua a pulire l’asfalto dal sangue. Laddove esista un punto di non ritorno, sulla statale 106 è già stato oltrepassato, nella misura in cui
la priorità della sicurezza sembra quasi non rappresentare quel riferimento dominante che rende una società civile e civilizzata. E che dovrebbe essere un valore non contrattabile, soprattutto per una classe dirigente responsabile.
Ma fra gli scranni di Camera e Senato, gli echi d’incapacità politica dei nostri parlamentari calabresi – che ne fanno di tutti i colori – si sentono assordanti. Quasi dolorosi. Scene ordinarie da un contesto di noncuranza e trasandatezza, come l’
assenza di tutti i rappresentanti calabresi al Parlamento – nessuno escluso – all’assemblea convocata dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. «Ciò offende senza alcun dubbio – si legge in una nota dell’
Associazione “Basta vittime sulla strada statale 106” – la memoria di tutte le vittime della S.S. 106 prima ancora che la dignità dei cittadini calabresi che li hanno eletti per rappresentare i loro interessi in seno alle istituzioni». Detto in altro modo, sembra quasi di aver messo in mano le redini della nostra Regione ai personaggi-macchietta su cui piace ironizzare in terra d’oltralpe: quegli italiani un po’ grotteschi, tipicamente inaffidabili, buontemponi irrispettosi e disonesti. Ed è proprio lì dove i nostri politici dovrebbero affermarsi in tutta la loro portata istituzionale e risolutiva, che invece
«si continua a prendere in giro e a mortificare i calabresi», nella misura in cui in seno all’assemblea succitata vengono presentate «
72 pagine piene del nulla più assoluto; per questo progetto “inserito nel I Programma delle Infrastrutture strategiche con una delibera CIPE del 2001” ancora oggi, dopo quindici anni e un iter procedurale degno di una repubblica delle banane, non è stata ancora definita una data certa prevista per l’avvio dei lavori. Le ragioni? I costi non perfettamente definiti […], e le scelte progettuali non conformi alle prescrizioni del CIPE pervenute sul progetto nel 2007». Bestialità logiche, ancor prima che amministrative, in quella che sembra una vera e propria strategia di approssimazione. E a farne le spese, manco a dirlo, sono i
cittadini,
traditi nei bisogni e nelle prospettive anche dai propri sindaci, teoricamente una delle espressioni più evidenti della sovranità popolare. Che, invece, sui pasticciacci del Governo fanno scena muta. Quasi come se sulla fronte gli avessero impresso il marchio della timidezza. E ‒ ecco il paradosso! ‒ l’eccezione che conferma la regola è un primo cittadino (
Gianni Papasso, sindaco di Cassano all’Ionio) che, con buona pace del motto “più fatti e meno interessi, è l’unico a prender parola ma per puntare il dito contro la circostanza per cui «sia nel progetto preliminare che in quello definitivo era previsto uno svincolo che collegava il centro urbano di Sibari alla S.S. 106, che, nel corso di una recente conferenza di servizio per una prescrizione del Ministero dell’Ambiente, è stato cancellato».
La verità è che la viabilità calabra, fra orticelli di casa in cui si pensa di poter fare tutto e diffuse crisi istituzionali, non è altro che il manifesto stropicciato di un’epoca. Nella quale una politica sprovveduta, rimasta ormai senza identità ed equilibri, rischia sempre più di assumere le sembianze di una truppa di dilettanti che, grazie alla democrazia delle opportunità, possono cooperare all’impoverimento della nostra società. Come mai sarebbe loro riuscito prima.