Oggi, 25 novembre, è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Onu con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999. Una data che ci riporta al brutale assassinio avvenuto nel 1960 nella Repubblica Domenicana ai tempi del dittatore Trujillo, quando tre sorelle considerate rivoluzionarie furono torturate, massacrate e strangolate. Ancora oggi, purtroppo, la violenza contro le donne continua ad essere un reato attuale e in crescita nel nostro Paese. In Calabria, in base ai dati del primo rapporto sulla violenza di genere del 2019, il 28% delle donne fra i 14 e i 65 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Quasi una donna su 3. Mentre il 13,6% l’ha subita negli ultimi tre anni. In particolare, il 16,5% ha subito violenza fisica, il 16,1% violenza sessuale e il 4,1% uno stupro o un tentato stupro. Sempre in Calabria per le donne minori di 16 anni l’incidenza è particolarmente alta. In Italia ogni 3 giorni muore una donna per violenza e, rispetto alla media nazionale, la Calabria ha un’incidenza maggiore di donne che hanno riportato ferite e danni permanenti a seguito dell’episodio di violenza. Ma il dato più scottante è che il 26,9% delle donne non parla con alcuno della violenza subita. Il 34,6% ritiene di essere vittima di un reato, il 53,7% che si è trattato di qualcosa di sbagliato ma non di un reato, mentre il 10,6% considera la violenza solo qualcosa che è accaduto. Un ruolo fondamentale ce l’ha la famiglia, luogo fertile di sentimenti positivi dove coltivare la propria autostima e in particolare la figura paterna, sottolinea in un’intervista la Magnifica Rettrice dell’Università La Sapienza, Antonella Polimeni: «un ruolo determinante l’ha svolto mio padre Mario, medico anche lui, il quale mi ha sempre sostenuta». Ricorda ancora le rassicurazioni che le rivolgeva durante la sua formazione: «tu sei brava e ce la puoi fare», «è una frase molto semplice ma che per me ha significato sempre molto» sostiene la Polimeni. Spesso, infatti, bisogna avere il coraggio di evitare rapporti scomodi e che potrebbero minare la propria autostima perché «se la violenza viene esercitata nelle fasce di età più giovani e vulnerabili si traduce in un handicap terribile perché lascia nella formazione della personalità delle ragazze un segno fortissimo che si trascineranno per tutta la vita». Le donne sono vittime di violenza anche durante la formazione accademica, sovente è una violenza psicologica che «lascia delle cicatrici terribili perché inocula e innesta continuativamente e in maniera subliminale un senso di inadeguatezza». «Durante la mia formazione - racconta la Polimeni - non posso negare di aver provato questa percezione di discriminazione ma l’ho sempre esorcizzata con grande determinazione puntando all’obiettivo, si soffre molto, ma bisogna avere la forza per evitare che questo interrompa i percorsi di vita (...) all’inizio della mia carriera un professore ha cercato di farmi sentire inferiore - confida la Polimeni - e mi sono promessa che non sarebbe dovuto succedere mai più». Le donne subiscono violenza anche sul posto di lavoro ma, paradossalmente, anche quando perdono il lavoro, queste diventano ancora più vulnerabili e facili bersagli dei loro carnefici. La sicurezza economica è un punto cruciale per combattere la violenza di genere ed è fondamentale circondarsi di persone che non ostacolino le proprie scelte, anche lavorative. «Conciliare la vita personale con la carriera è stata possibile grazie alla famiglia - afferma la Dott.ssa Polimeni e aggiunge che a sostenerla da sempre è anche il marito Francesco - con lui ci siamo cresciuti insieme e in tutte le fasi della mia vita carriera è stato un grande sostegno” e poi aggiunge “ragazze siate autorevoli», perché capire il proprio valore è il punto fondamentale per sradicare il subdolo nemico che si nasconde in rapporti al limite, conflittuali o amori malati che potrebbero sfociare in situazioni di violenza. di Francesca Russo